EDITORIALE – In un immaginario album di fotografie degli uomini del risorgimento lucano, sicuramente alle prime pagine, troveremmo Pietro Lacava. Tra il 1857 e il 1860 non esistevano i social network, ma immaginiamo che il 18 agosto 1860 un bel selfie di Lacava, Albini, Racioppi e altri con Potenza sullo sfondo (e Garibaldi ancora lontano), poteva scapparci. Mentre, appare difficile che negli anni precedenti le foto di questi uomini potessero essere postate, perché le loro riunioni erano segrete, le loro attività seguite e represse dalla polizia borbonica. Probabilmente, avrebbero postato poco, presi così tanto da una concreta lotta politica che ebbe enorme successo.
Dunque, di foto ne abbiamo poche, anche perché la fotografia aveva fatto capolino nel 1857 in Basilicata soprattutto per documentare i disastri del terremoto, il primo sisma a essere documentato con la fotografia dal francese Bernoud. Abbiamo qualche ritratto, per altro pomposo e poco capace di raccontarci l’impeto e la passione di questi giovani lucani che dedicarono la vita all’ideale dell’Italia unita.
Abbiamo raccontato su queste pagine virtuali del viaggio al contrario di Giacinto Albini, che da Napoli capitale, per inseguire un’idea, torna nella sua Montemurro. Così Pietro Lacava che con Albini si ritroverà fianco a fianco, dopo aver studiato giurisprudenza a Napoli, si ritroverà ad essere uomo di riferimento della sua terra. Prima di giungere nuovamente nella sua Corleto nel 1860 è segretario del Comitato dell’Ordine a Napoli da dove inviava le disposizioni al comitato di Corleto. Lacava sarà tra coloro che lavorerà assiduamente e tra i primi a partecipare alla dichiarazione dell’Unità d’Italia avviando la marcia verso Potenza.
Pietro Lacava era nato a Corleto in provincia di Potenza il 21 ottobre 1835, da Giuseppe Domenico e da Brigida Francolino. Negli anni degli studi a Napoli rinsalda il suo legame con Albini e conosce altri giovani lucani con i quali è tra i promotori di manifestazioni a favore dell’Unità d’Italia. Il 6 aprile 1860 è con gli studenti napoletani in piazza, al grido di Italia Unita, insieme ad altri giovani lucani, tra cui due medici molto importanti: Michele, suo fratello che sarà cronista eccellente delle gesta del comitato lucano che guidò l’insurrezione per l’Unità e Michele Del Monte di Moliterno, che nell’Italia unita sarà medico di fama europea. Non sappiamo cosa ribollisse nell’animo e nel sangue di questi giovani lucani, convinti sostenitori delle idee liberali e del progetto di unificazione. Possiamo solo immaginarlo, come l’album di fotografie di quei giorni che non abbiamo. Uno degli scatti che Pietro Lacava avrebbe scelto come immagine del profilo probabilmente sarebbe stato quello del 7 settembre 1860, quando a pochi mesi dalle dimostrazioni studentesche entrò a Napoli a fianco di Garibaldi. Si proprio lui, il lucano che da Corleto aveva sognato e lottato per l’Italia unita, entrava nella Napoli che lo aveva accolto ma anche perseguitato, al fianco del generale che univa il Regno delle Due Sicilie all’Italia passata sotto la corona dei Savoia.
Per Lacava, il nuovo stato unitario è uno spazio nuovo dove poter spendere le sue doti politiche, inizia così la sua carriera nelle istituzioni. I primi incarichi lo vedono sottogovernatore a Lagonegro e Melfi e poi consigliere di prefettura a Pavia, e ancora sottoprefetto a Palmi e a Rossano in Calabria. Nel frattempo si era dedicato agli studi di Economia, divenendo sostenitore di interventi a favore della Basilicata dove fu anche Presidente del Consiglio Provinciale e tra coloro che parteciparono alla discussione parlamentare sulla Legge Speciale per la Basilicata. Nel 1868 fu eletto deputato parlamentare per il collegio di Corleto Perticara (dove, precedentemente, era stato eletto Garibaldi), che rappresentò per 14 legislature.
Uno degli aspetti della sua rapida carriera fu la capacità di assumere ruoli in scenari caldi. A Lagonegro e Melfi è tra coloro che reprimono le rivolte legittimiste tra il 1860 e il 1861, mentre in Parlamento fu tra i firmatari del Manifesto della Sinistra giovane schierandosi su posizioni anche radicali: nel 1867 era Questore di Napoli quando fu accusato di aver fornito armi alle truppe garibaldine per la battaglia di Mentana, l’accusa gli costò il posto, fu destituito e la sua carriera subì una frenata.
Lacava come molti dei liberali lucani degli anni del Risorgimento era massone. Ebbe ruoli di spicco nel Grande Oriente d’Italia. Nel 1876, riapre la sua carriera con un ruolo di primo piano come segretario generale del Ministero dell’interno. Lo stesso ruolo che sarà del suo amico fraterno Francesco Lovito di Moliterno, insieme al quale formò una vera accoppiata formidabile in Parlamento. Nel 1880 è membro della commissione parlamentare per il progetto di riforma elettorale. Egli su questi temi pubblicò alcuni saggi come “Sulla riforma della legge elettorale”, “Sulla rappresentazione delle minoranze”. Dopo essersi espresso a favore delle convenzioni ferroviarie, del 1885, nel marzo 1886 votò la sfiducia a Depretis sulla questione finanziaria. Si schiera con Crispi e nel marzo 1889 è alla guida del nuovo Ministero delle Poste e dei Telegrafi. Fu di nuovo ministro nel primo governo Giolitti dal maggio 1892 al dicembre 1893 nell’importante dicastero dell’Agricoltura, Industria e Commercio. Si trovò coinvolto nello scandalo della Banca Romana, proprio in questo ruolo.
Nel 1896 pubblicò un importante saggio sul tema della finanza locale che apparve nel periodico “La Riforma Sociale”, diretto da F.S. Nitti.
Fu Ministro dei Lavori Pubblici nel Governo Pelloux dal 1898 fino al 1900.
Nel nuovo secolo Lacava cambia le sue posizioni politiche, si schiera anche sulle posizioni degli antigiolittiani, per poi riavvicinarsi a Giolitti e diventarne il principale referente nel meridione. Nel 1905 venne eletto vicepresidente della Camera.
Fu attivo sulla scena pubblica fino a poco prima del 26 dicembre 1912, quando morì a Roma.
La vicenda biografica di Lacava è eccezionalmente ricca di elementi per rappresentare le capacità, la propensione e la forza della classe politica lucana del Risorgimento. Un intreccio di vite, esperienze e uomini ai vertici dello Stato compongono una storia che inspiegabilmente è spesso soffocata da narrazioni antiunitarie e leggende di briganti. L’Italia del Risorgimento ebbe ai suoi vertici la politica lucana, fin dall’inizio, anzi fin da prima del suo compimento. Quando, nel 1909, viene riedita la Storia dei Moti di Basilicata, del moliternese Racioppi il vecchio Pietro Lacava ne cura la prefazione. È simbolicamente un momento in cui la meglio gioventù lucana del Risorgimento chiude in cerchio di esperienze politiche esaltanti, difficili e formidabili per quel che rappresentarono. Lacava in quella prefazione magnifica il suo rapporto di stima con Racioppi e ricorda la figura dell’Abate Antonio Racioppi, raccontando che l’800 lucano non nacque per caso ma aveva solide basi culturali.
Nell’album delle foto del nostro Stato, le prime pagine sono sicuramente ricche di uomini della Basilicata, peccato che non sfogliamo mai quell’album, anche perché in questo caso non serve solo l’immaginazione, ma abbiamo la Storia.