Sud, la ricetta di Gianni Pittella per il rilancio

Ennesima doccia fredda per il Mezzogiorno d’Italia dal rapporto Svimez che – puntualmente – certifica tutta la sofferenza di una parte del Paese in eterna agonia.

Solito fiume di commenti e scambi d’accusa da coloro i quali hanno avuto responsabilità programmatiche, di governo e di racconto, di quella che è ormai un’ Italia di serie b.

In una riflessione sul portale Formiche.net Gianni Pittella fa sentire la sua voce sulla dirimente questione Ilva e più in generale sullo stato di salute (o meglio malessere) del mezzogiorno d’Italia, ponendo sette questioni immediate da mettere sul tavolo.

Il senatore dem – ex vicepresidente del parlamento europeo e capogruppo S&D (Socialisti e Democratici) nella scorsa legislatura europea – si dice “Convinto che non esista crescita e sviluppo in Italia, e non esista crescita e sviluppo in Europa, se il sud non recupera il gap economico, sociale e infrastrutturale rispetto alle aree più prospere del continente”.

La sua riflessione parte da Taranto, questione ex Ilva, una bomba sociale: “È scellerata ogni idea di dismissione del più importante stabilimento siderurgico d’Europa e del più importante stabilimento italiano per numero di addetti”. Bisogna “completare gli interventi previsti per l’Aia e garantire agli attuali gestori le esimenti penali per tutta la fase di completamento del piano ambientale è un imperativo senza se e senza ma”. Ammonendo, dunque, qualsiasi tentazione di dismissione dello stabilimento:  “Ogni azione contro l’Ilva di Taranto è un’azione contro il Mezzogiorno e i cantori della decrescita felice finiranno per cantare la miseria, il degrado e il sottosviluppo se ne fosse decretata la chiusura”.

“Sul Sud vi sono – afferma il politico lucano –  tre premesse di fondo, filosofiche oserei dire: non vi è un destino ineluttabile, perché la questione meridionale è una scelta politica; non sono sufficienti gli incentivi ai privati né i fondi europei senza un serio piano Paese che necessiti di risorse dello Stato e delle sue partecipate; la scelta di un piano di investimento di una qualche portata richiede un alleggerimento in Europa del Patto di Stabilità che garantisca risorse altrimenti difficili”.

Ma ecco le sette cose immediate da mettere in campo per Pittella, riportate per titoli:

1. Dare piena ed effettiva attuazione alla clausola del 34% per gli investimenti ordinari per il Mezzogiorno, con vincoli e verifiche da estendere al complesso del settore pubblico, a partire da Anas, Enel, Ferrovie, Poste, Eni.

2. Il credito di imposta automatico deve essere confermato e ampliato.

3. Una no tax area totale per le imprese in accordo con l’Europa. Estendere i vantaggi delle Zes sia dal punto di vista territoriale sia dal punto di vista dell’offerta di sgravi. Solo una misura d’urto che sburocratizzi e incentivi fortemente può rendere appetibile un’area economicamente e socialmente depressa.

4. Far diventare il Mezzogiorno il volano del New Green Deal che ci chiede il nuovo corso in Europa e la nuova sensibilità ambientale e rivoluzione verde.

5. Un grande piano di assunzioni nella Pubblica amministrazione. Diciamola tutta: a lungo l’idea sovente fondata che le amministrazioni pubbliche avessero rappresentato un ammortizzatore sociale di clientele politiche ha fatto da freno a ogni ipotesi di ammodernamento della macchina burocratica dello Stato e delle sue articolazioni territoriali. Il modello Campania dei corsi concorsi affidati al Formez può essere rafforzato ed esportato in tutte le altre regioni con il sostegno e l’indirizzo del ministero della Funzione pubblica. Le conseguenze non saranno solo un sollievo per tanti giovani capaci e formati e già con la valigia pronta ma anche un innalzamento sensibile della qualità dei servizi delle amministrazioni statuali e locali.

6. Accelerare gli investimenti programmati dalle grandi aziende di Stato nel Mezzogiorno e favorire le catene di fornitura dei comparti trainanti dell’industria del sud, automotive, aerospazio, energia e petrolchimico.

7. Un grande piano di recupero e valorizzazione del capitale umano, della rete sociale, ove scuola e università sono i primi terreni di sfida.

Questa la “ricetta Pittella”. E queste – aggiungiamo noi – le grandi questione da mettere in campo se si vuole invertire una tendenza che sembra ormai ineludibile ed inarrestabile ma che, dati alla mano, può invece rappresentare un impegno ed una sfida affascinante, seppur complessa, per tirare la volata alla ripresa che avvantaggi così non solo una parte del paese, ma l’Italia tutta.

Unitamente ad una collaborazione permanente, una sorta di macroregione, non istituzionale – poiché richiederebbe tempi lunghi (è materia costituzionale) e porterebbe in dote il rischio di tramutarsi in terreno di scontri politici e di potere, con naturale scollegamento dal suo fine – ma intesa come un asse orizzontale tra tutti gli enti, che ponga ed indichi con forza quali sono le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno.

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