EDITORIALE – La prima notizia è che pochi giorni fa un medico, radicale e torinese, ha dato la propria disponibilità a dare il proprio supporto ai pazienti che richiedono il suicidio assistito affermando che l’ospedale in cui presta servizio deve garantire questo diritto a chi lo chiede.
La seconda notizia è che, il giorno dopo, i militanti di Gioventù Nazionale Torino, movimento giovanile di Fratelli d’Italia, davanti a quell’ospedale in cui lavora il medico, hanno affisso uno striscione con su scritto «Sì alla Vita, fuori il dr. Morte», in buona sostanza chiedendo il licenziamento del medico.
Questi i fatti.
La questione, al di là di cartelli e striscioni, è complicata perché se da un lato ci sono i medici cattolici che chiedono a gran voce di volersi avvalere dell’obiezione di coscienza, dall’altro ci sono anche centinaia di dottori che vogliono garantire al paziente un diritto vero e proprio.
E qui si apre l’eterno dibattito tra etica, deontologia professionale e diritto.
Però, nel frattempo è intervenuta la sentenza n. 242/2019 della Consulta con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. «nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente».
E allora il tema del suicidio assistito diventa un tema sulla libertà dell’individuo e sui diritti della società nel suo complesso. E se le rozze reazioni dei soliti sovranisti servono solo a rimarcare una visione della realtà che tende a sopprimere e a negare dei diritti, ormai costituzionalmente garantiti, il dibattito, quello serio è ancora di là da venire.
Quello che conta, però, a mio parere, è che nell’attesa della conclusione dello scontro ideologico, il diritto e la libertà non vengano oltremodo compressi o, addirittura, negati.