#TellMeRock: 10 Luglio 2000, i ventitré anni di Parachutes e il rock ‘interiore’ dei Coldplay

EDITORIALE – Candidato a un Mercury Prize, che però non vincerà, e potendosi consolare con l’accoppiata Brit Awards/Grammy, settuplo platino nel Regno Unito  (dove risulta il dodicesimo album più venduto del nuovo millennio) e doppio negli Stati Uniti con vendite complessive nel mondo che viaggiano verso quota dieci milioni di copie, Parachutes dei Coldplay è citato routinariamente in qualsiasi lista di dischi che tenti di tirare le somme degli anni 2000 del rock.

Numeri impressionanti di un debutto avvenuto esattamente ventitré anni fa, il 10 luglio del 2000, e dopo una manciata di singoli ed EP. Il quartetto londinese di cui Chris Martin è inconfondibile voce, però non sempre hanno espresso grande considerazione o apprezzamento per il loro lavoro di esordio, ma si sa, raramente l’artista è buon giudice di sé stesso.

I Coldplay sbagliano nel non prendere in considerazione Parachutes poiché essi una simile ispirazione così “da zero” non la ritroveranno mai. Parachutes sono i  Radiohead che ancora non si sono dati al post rock, però meglio. Sono dei James meno estenuanti e degli U2 che hanno mandato a memoria Nick Drake (Spies) e Randy Newman (Everything’s Not Lost).

L’album è caratterizzato da una profonda continuità sonora tra i vari brani, che si distaccano dal panorama britpop dell’epoca per l’immediatezza delle passioni e dei sentimenti che riescono a trasmettere, grazie a sonorità principalmente acustiche (pianoforte e chitarre), semplici ma allo stesso tempo intrise di carattere, e a testi decisamente personali e molto intensi.

Canzone simbolo di questo piccolo capolavoro è certamente Yellow, la quale può essere interpretata in vari modi: quella più comune vede il frontman Chris Martin cantare le grazie della donna amata attraverso paragoni con le stelle; un’altra interpretazione è relativa al fatto che il brano venga dedicato a una ragazza anoressica e di conseguenza Yellow diventa il colore della pelle della ragazza malata e la canzone globalmente diventa una spinta a combattere la malattia.

Durante il programma MTV Storytellers, Martin ha dichiarato che il titolo del brano gli è venuto in mente guardando le Pagine gialle. Nello stesso programma ha dichiarato inoltre che la prima versione del brano era fortemente ispirata dalla musica di Neil Young.

Ma Parachutes è anche l’album della celebre Trouble, ballata basata su un riff di pianoforte. Dopo la sua ideazione, il brano ha subito radicali cambiamenti durante il suo sviluppo. Nel settembre 1999 esso era caratterizzato da un ritmo veloce, riff di chitarra distorta e attacchi vocali aggressivi che ricordano i Supergrass. Questa prima versione punk rock di Trouble è stata inserita nel Tour Diary Documentary del DVD Live 2003, dove i Coldplay, durante un soundcheck, eseguono la prima versione del brano.

Dal novembre 1999 le esecuzioni dal vivo di Trouble iniziarono a includere il famoso riff di piano. Al momento di incidere la versione definitiva da includere in Parachutes, il brano fu rallentato e furono introdotte nuove partiture per chitarra e batteria.

Ma nessuno dei due brani, seppur i più celebri di Parachutes, venne scelto come singolo di lancio del disco. Ad anticipare l’album fu il singolo Shiver. Si tratta di uno dei primi brani composti dai Coldplay e rientra nella scaletta dei concerti già dal 1999. Arrangiata la base in Galles, il brano fu poi completato in un secondo momento a Liverpool ed immediatamente inviato alla Parlophone, con la speranza di pubblicarla come singolo il prima possibile. Molto energica e potente, Shiver, canzone profondamente intimistica, narra di un amore non ricambiato tra due persone e delle conseguenze che questo causa. Un brivido, una sensazione di spaesamento, apparentemente senza uscita.

La classe strabiliante del quartetto è ancor più rafforzata e confermata quando scopriamo gemme preziose negli episodi più brevi e apparentemente meno rilevanti come la dichiarazione d’amore disperata e mai rassegnata di Parachutes dolce intermezzo da quaranta secondi e la “timida” ghost track Life Is For Leaving nascosta e non dichiarata. Un inno alla vita e all’amore, perché si sa, è facile commettere degli errori, è facile perdere la fiducia delle persone a noi più care, l’importante è però accorgersi degli sbagli e cercare di porre rimedio magari chiedendo scusa, magari dicendolo tra i versi di una canzone, si perché “ la vita è fatta per essere vissuta, tutti lo sappiamo e non voglio viverla da solo”…

Arrivati fino in fondo, non ci resta che lasciarci trasportare nuovamente da questo generatore di emozioni, schiacciare il tasto play, chiudere gli occhi e riaprirli solamente quando saremo in alta quota, cullati da una musica sincera ed emozionante, solamente allora potremmo aprire il paracadute, prepararci per una dolce discesa e tornare con i piedi per terra alla vita di tutti i giorni.

Una vita che in Parachutes è ancora attuale e meritevole di essere ascoltata e vissuta.