#TellMeRock, 11 Febbraio 1985: Meat Is Murder e quegli Smiths divisi tra morte, violenza e problematiche sociali

EDITORIALE – Giugno 1984. Sono stati tre giorni davvero fecondi. Johnny Marr ha già scritto William, It Was Really Nothing e Please Please Let Me Get What I Want. Le ha già anche registrate con Andy Rourke e Mike Joyce, con Morrissey lontano. Ora sono al pub,ma hanno voglia di tornare ai Jam Studios di Londra. Sentono che la scintilla è ancora accesa.

Con loro c’è anche John Porter, il produttore. Hanno bevuto il giusto. Prima di prendere gli strumenti, la discussione si sposta su Elvis Presley e i suoi arrangiamenti, a volte discutibili ma spesso efficaci e capaci di durare nel tempo. Mentre Porter spiega, Marr prende la chitarra e si lancia con i compagni in una torrida That’s All Right, primo singolo di Elvis datato 1954, riadattato da That’s All Right, Mama di Arthur Crudup. Adesso gli Smiths non smettono di suonare, è una vera e propria jam e a un certo punto, come spesso accade nelle improvvisazioni, viene fuori una sequenza di accordi davvero interessante. Marr la insegue, la coccola e chiede a Porter di registrarla.

Sta nascendo How Soon Is Now, che Porter definirà “la Stairway To Heaven degli anni ’80”. C’è bisogno di riposo e di riordinare le idee. Mentre fumano un pò di marijuana, Marr aggiunge una chitarra slide e ripensa ad altri dischi che l’avevano affascinato da ragazzo: Disco Stomp di Hamilton Bohanone e New York Groove degli Hello. Vuole ricreare quel ritmo e vuole anche un riff immediatamente riconoscibile, stile Layla di Eric Clapton.

A mezzanotte una prima versione è pronta per essere spedita a Morrissey, che si mette subito a lavorare al testo, i cui primi versi sono liberatamente ispirati a Middlemarch di George Eliot. La prima copertina sarà assurdamente censurata. Era un fermo immagine da Dunkirk un film del 1958 sulla seconda Guerra Mondiale, con John Mills e Richard Attenborough, che raffigurava l’attore Sean Barrett mentre pregava, ma la posizione delle mani fece ritenere che stesse toccandosi i genitali.

How Soon Is Now fu inserita, dopo essere pubblicata come singolo, nell’album Meat is Murder, secondo album degli Smiths uscito l’11 Febbraio del 1985.

Album che raggiunse la prima posizione nella classifica inglese scalzando il Bruce Springsteen di Born in the USAMeat is Murder è un lavoro in cui violenza e problematiche sociali la fanno da padrona, in un’epoca dai toni soft e superficiali. L’alone piovoso di Manchester grava sulle melodie che vanno dal rockabilly più sregolato alle ballate più atmosferiche, il suono compatto del precedente The Smiths viene abbandonato e le scelte produttive sono più efficienti rispetto al passato. Le chitarre stratificate di Marr e le costruzioni musicali sono atipiche ma fresche e immediate. Su tutto impera il narcisistico vittimismo di Morrissey, che nell’album forse più cupo della band pervade ogni canzone di un’ironia amara che non lascia scampo. Il tema portante del disco è quello dell’ingiustizia a cui spesso segue un’immorale violenza, è un’opera combattiva e inquietante che si scontra con l’ordine costituito della società, delle sue leggi, delle sue istituzioni (famiglia compresa). La risposta di Morrissey a tutto questo è la rivolta, alla Cyrano de Bergerac, una rivolta a colpi di stilografica e velenoso sarcasmo albionico.

La title track è la canzone più amata dagli animalisti: “Chi sente quando gli animali gridano? Queste meravigliose creature devono morire, una morte senza motivo, e una morte senza motivo è un assassinio”. Come suddetto, Meat Is Murder è il disco più apertamente politico, diretto e duro degli Smiths. A partire dalle seghe elettriche che accompagnano la title track verso il macello. Morrissey e Johnny Marr, vegetariani e animalisti convinti, impedirono agli altri Smiths di farsi fotografare mentre mangiavano carne. “In privato fate quel che volete, ma non in pubblico”.

Gli Smiths vanno alla guerra e lo fanno a modo loro, in quell’undici febbraio 1985. In copertina di Meat Is Murder, infatti, c’è un soldato con l’elmetto. Si tratta di una rielaborazione della locandina In The Year Of The Pig, film documentario di un semisconosciuto Emile De Antonio del 1968 (per la verità fu insignito di una nomination all’Oscar, che però non aumentò comunque la sua scarsa notorietà), al quale Morrissey fece apportare una piccola modifica: la scritta sull’elmettoera infatti Make War, Not Love, Fate la guerra, non l’amore. Morrissey la sostituì con Meat Is Murder.

Ancora più duro fu il frontman degli Smiths nelle interviste di promozione dell’album, in una sorta di “solo contro tutti”: contro i mangiatori di carne, la Thatcher, la monarchia inglese e persino contro Band Aid, il gruppo guidato da Bob Geldof e Midge Ure. Morrissey fu molto caustico e allo stesso tempo divertente: “Una cosa è preoccuparsi per il popolo etiopico, un’altra è infliggere quotidiane torture al popolo inglese con Do They Know It’s Christmas“.

È The Headmaster Ritual ad aprire il disco spalancando ai nostri occhi la desolata realtà dell’oppressione scolastica. L’attacco chitarristico di Marr entra di soppiatto dalla porta posteriore ad atterrire il corpo docenti, la rabbia del protagonista è tangibile anche se l’aggressione viene subita senza colpi di testa (tipico di Moz): “Mi prende a calci nelle docce e mi afferra e mi divora, voglio andare a casa, non voglio restare”. Il brano presenta accordature e sequenze armoniche molto articolate, composte da mini frasi ritmiche a susseguirsi l’una dietro l’altra e continue modulazioni.

Segue Rusholme Ruffians, in cui il protagonista dopo aver girovagato per una fiera ed essere stato spettatore di delitti e infatuazioni, torna a casa puntualmente solo ma con “la fiducia nell’amore intatta”. I prestiti letterari non mancano, ma vengono resi opportunamente più poetici: “Incidi il mio nome sul tuo braccio con una penna stilografica, questo significa che mi ami veramente”.

What she said, è un pop rock gasato che dà in escandescenze grazie ai riff minimali di Marr che ricamano le composizioni senza concedere virtuosismi. È la storia irrequieta di un amore instabile consumato negli anni ‘40 il cui riferimento letterario a Elizabeth Smart è più che palese. Citazioni della Smart vengono utilizzate anche per “Well I Wonder”, ed è interessante notare che le frasi prese in prestito esprimono sempre un senso di disagio nei confronti della fisicità, il contrasto (perenne in Morrissey) tra passione e razionalità.

Barbarism begins at home è un’altra sferzata al conformismo, su un frizzante manto melodico Moz ci ricorda che “una botta in testa è quello che ottieni per quello che sei, per le cose che fai, per le cose che dici e per quelle che non dici”, conclusione: sii te stesso ma rassegnati alle inevitabili conseguenze.

Morrissey fronteggia se stesso sul piano umano parlando apertamente di introspezione e insicurezza, “voglio quello che non posso avere” dice “e questo, mi sta facendo perdere la testa”, un atteggiamento che alimenta sempre di più il dibattito sul suo essere estremamente avvilente.

La morte è un argomento che si affaccia più volte in questo lavoro, Moz sembra quasi chiedersi quante volte si muoia prima di morire davvero. Le canzoni sono popolate da personaggi che sperano in una morte prematura e hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa (What she said), che si augurano di fermare il tempo in un momento di eccitazione per poter morire con un sorriso (That joke isn’t funny anymore), che vengono inghiottiti dai flutti mentre chiedono di essere ricordati (Well I wonder), ma il vertice di questi disperati desideri di morte è indubbiamente Nowhere Fast, dove il sarcasmo tutto inglese di Morrissey emerge con veemenza da un testo meravigliosamente impudente: “Mi piacerebbe abbassarmi i pantaloni davanti al mondo, sono un uomo provvisto di mezzi (di scarsi mezzi) / penso alla vita e poi penso alla morte, ma nessuna delle due mi attira particolarmente / e se venisse il giorno in cui provassi un’emozione autentica avrei un colpo tale che probabilmente mi stenderei in mezzo alla strada e morirei”.

In definitiva, Meat is Murder è la straordinaria opera di un gruppo che ha avuto (tra gli altri) il merito di intagliare l’essenza del pop, dandogli forma. Antitesi dello squallido pop imperante dei loro anni, hanno rivendicato il diritto ad essere normali, introducendo un nuovo linguaggio in cui si è identificata più di una generazione.