EDITORIALE – Si ok, And Justice For All è un grande album, ma il nostro stile non muta e soprattutto ci sono pezzi troppo lunghi. Questo l’argomento cardine dei dialoghi tra James Hetfield e Lars Ullrich nel 1989, chiusi in casa o in studio nel tentativo di dare una svolta “epocale” ai loro Metallica.
La band ormai si è affermata in modo netto e incontrovertibile nel panorama metal e garage, Ride The Lightning e Master Of Puppets sono ormai diventati delle pietre miliari del panorama musicale mondiale ma non sono bastati alla band per fargli intraprendere quella direzione più a largo pubblico che si aspettavano.
Ed è così che i Metallica si trovano a un bivio: snaturarsi per rendersi commerciali o unire le due cose pur non perdendo il loro stile?
Hetfield chiamò Bob Rock, bassista e produttore canadese, al quale venne assegnato l’arduo ma affascinante compito di rendere i Metallica un po’ più “accessibili” a tutti. In primis, Bob Rock spinse il gruppo ad allargare i propri orizzonti musicali, inserendo strumenti solitamente atipici per la musica heavy metal, come le sezioni orchestrali, e fece scoprire ai Metallica anche le potenzialità del basso, alzandone il volume: visto che questo strumento era stato quasi impercettibile nell’album precedente .
Il lavoro poi si spinse sui testi, Hetfield doveva e voleva apparire meno arrabbiato e più introspettivo, quasi a voler trasformare quella rabbia in una condizione più riflessiva e volta al reagire umano, al riscatto che ognuno di noi merita di avere quando si cade in errore. Bob Rock sottolineò il processo di maturazione di Hetfield, dicendo che era stato ispirato da artisti quali Bob Dylan, Bob Marley e John Lennon. Dal canto suo, Hetfield stesso cercò il più possibile di tirare fuori l’anima di tutti i quattro componenti della band.
Lavoro d’introspezione riuscito, se si pensa che uno dei pezzi “portanti” dell’album è una ballata ormai famosa in tutta il mondo per il suo testo e la sua melodia.
Una ballata dunque, una situazione atipica nella produzione dei Metallica. Nothing Else Matters fu pubblicata nel Black Album, uscito il 12 agosto 1991 e fieramente arrivato a 33 anni. La scrisse James Hetfield per una sua vecchia fidanzata ma, giudicandola troppo personale e melodica, non voleva nemmeno farla ascoltare agli altri Metallica. Fu il batterista Lars Ullrich, dopo averla sentita, a convocare la band e a dire: “ragazzi, abbiamo una grande canzone”. In fondo, a pensarci, quale testo o canzone migliore di questa può esserci per aprire la nuova “fase melodica” dei Metallica?
Il testo racconta di un rapporto a due, e di come, il trovarsi costantemente in tour e vivere tra un hotel, un aereo e una sala da concerto, possa rischiare di deteriorare una storia. Presto il brano ha assunto un altro significato: non più un canto a due, ma una dichiarazione d’amore ai fan, perché “nient’altro importa”.
Come ha spiegato lo stesso Hetfield alla rivista Mojo nel dicembre del 2008, è stata la reazione della gente in tutti questi anni a far capire il vero valore del brano. Il chitarrista ha ricordato di quella volta in cui era andato al Clubhouse degli Hell’s Angels a New York: gli mostrarono un video che avevano realizzato con le immagini dei loro compagni scomparsi e sotto c’era Nothing Else Matters. Ecco perché, oggi, è considerata una canzone sulla fratellanza e non più sulla lontananza di un amore.
Altra canzone a modo di ballata epica è The Unforgiven. Il batterista Lars Ulrich ha spiegato che il gruppo voleva creare una ballata vera e propria – invece del consueto brano con partenza lenta e finale aggressivo, come ad esempio in Fade to Black, Welcome Home (Sanitarium) o One. Poi i Metallica decisero di invertire la struttura della canzone, arrangiando strofe forti e ritornelli più leggeri suonati con chitarra classica.
L’introduzione scandita con la batteria è tratta dal film western Gli inesorabili e, come spiegato da Hetfield nel documentario Classic Albums: Metallica, è riprodotta al contrario in modo tale da non far capire da quale colonna sonora provenga. Il brano racconta la storia di un giovane integrato in una società molto conformista, fin dalla sua nascita. Incapace di esprimersi o di mostrare appieno la propria personalità, trascorre una vita anonima come tanti altri. In fin di vita guarda al suo passato con amarezza e rammarico.
Enter Sandman dei Metallica è sicuramente una delle canzoni metal più riconoscibili e amate di tutti i tempi. Dal riff quasi blues al testo così minaccioso e sinistro fino all’iconico video musicale. Un brano che sancisce la perfetta apertura di uno degli album più famosi e iconici della band di San Francisco, il Black Album o semplicemente Metallica.
Fu il chitarrista dei Metallica Kirk Hammett a scrivere il riff principale di Enter Sandman. Come raccontato anni fa durante uno show radiofonico il chitarrista lo scrisse di notte, verso le due o tre del mattino: “Avevo appena finito di ascoltare Louder Than Love, il secondo album dei Soundgarden. Mi sono sentito ispirato da quel disco, ho preso la mia chitarra ed è uscito quel riff”. Ma il riff originale di Hammett era lungo solo due battute. Fu il batterista Lars Ulrich che, ascoltandolo, suggerì di suonare la prima battuta tre volte, un cambio che fece la differenza.
Enter Sandman è stata la prima cosa che ci venne in mente quando ci siamo trovati per scrivere il nuovo album nel luglio del 1990″, ha rilevato Lars Ulrich alla rivista Uncut nel 2007. “Volevamo semplificare le cose dopo “…And Justice For All. Abbiamo scritto la canzone in uno o due giorni. Ma la cosa interessante è che è stata l’ultima canzone per cui James ha scritto i testi”.
Il testo, che parla delle paure che affliggono un bambino, fu così scritto dal solo Hetfield. Nella terza parte del brano, Hetfield e un ragazzino recitano una preghiera per bambini a Sandman, figura tipica dei paesi anglosassoni, Now I Lay Me Down to Sleep.
All’interno dei Metallica i componenti della band non si sono mai criticati a vicenda, è un patto tra i vari membri, ma nel caso del testo di Enter Sandman Lars Ulrich e il produttore Bob Rock dovettero intervenire per chiedere a James Hetfield di cambiare parte del testo. Per una canzone così potenzialmente di successo un testo tanto duro e divisivo non era stato del tutto accettato dal batterista e dal produttore. Ecco come reagì James Hetfiled: “Ricordo bene quando scrissi il testo di “Enter Sandman“, Bob Rock e Lars mi dissero: “Questi non sono i migliori che potessi scrivere” E questa cosa mi fece incazzare così tanto. Era la prima volta che qualcun altro mi diceva di lavorare di più su qualcosa”. Ispirato dal feedback, Hetfield rielaborò la canzone in qualcosa di molto meno letterale e, alla fine, più significativo.
Kirk Hammett ha inoltre raccontato di essersi ispirato per l’assolo al brano Magic Man delle Heart, ma in realtà ha utilizzato parte della versione registrata nell’album Power degli Ice-T: “Non ho resistito, l’ho ascoltato e ho pensato di doverlo in qualche modo fare mio”.
Altra curiosità riportata da Virgin Radio: il brano Holier Than Thou venne scritto e pensato per essere la traccia di apertura del Black Album, con il produttore Bob Rock fortemente determinato a imporre il brano in testa alla tracklist. Ulrich fu l’unico sostenitore di questa scelta e, dopo una discussione accesa, alla fine vinse Enter Sandman.
Con questo brano come traccia d’apertura, il Black Album debuttò al primo posto nelle classifiche di Billboard negli Stati Uniti e in altri nove paesi.
Ma come detto in apertura di brano, Bob Rock insistette sulla necessità di potenziare ed esaltare il basso nella strutture musicale dei Metallica. L’esperimento riesce quando si va ad ascoltare Sad But True, brano composto da James Hetfield e da Lars Ulrich, che si ispira al film Magic – Magia (1978). Una sua caratteristica rilevante è proprio il riff di basso, accompagnato da attacchi melodici ma abrasivi e ribassati di chitarra ritmica, da un drumming tipicamente metal e dal classico stile vocale di Hetfield.
Il giro di basso, inoltre, fu campionato da Kid Rock per il singolo American Bad Ass del 2000.
E’ un album di rottura non solo per gli stessi Metallica, ma anche per i propri fans, che si trovano divisi su questo cambio di rotta della band, tra i nostalgici del Garage e del metallo duro, e quelli a cui, questa svolta melodica, non dispiace affatto.
Il Black Album conferma il mito riguardante il fatto che quando le band metal si impegnano a fare pezzi rock d’impronta melodica, ne escono sempre capolavori. Ed ecco perché, ancora ad oggi, quel 1991, sarà considerato un vero e proprio anno di rottura per più di un genere musicale.