EDITORIALE – D’accordo che erano gli Stones e che Mick Jagger, con quella bocca, poteva dire quel che voleva.
Ma un invito così esplicito era davvero troppo, in un 1967 ricco sì di istanze psichedeliche e libertine, ma pur sempre figlio di un’epoca dove il sesso si poteva fare solo in silenzio, in camera da letto e a casa propria.
Poi c’era il Governo inglese inflessibile sulla moralità, per questo molte radio pirata trasmettevano gli Stones solamente da emittenti dislocate su navi a largo del Mare del Nord (come ci insegna e si vede nel capolavoro cinematografico I Love Radio Rock, dove Let’s Spend The Night Together compare).
Quindi figuriamoci se le radio o le tv di stato potevano dare spazio al suddetto brano intitolato Let’s Spend The Night Together, che in maniera esplicita vuol dire “passiamo la notte insieme” dove, ovviamente, era chiaro a tutti a fare cosa…
Agli Stones non interessava. La canzone a loro piaceva, era un rock blues con un gran tiro, per di più guidata stranamente dal piano e non dalla chitarra di Keith Richards, perfetta per essere eseguita dal vivo e scatenare, prevedibilmente, l’entusiasmo della gente.
Quindi la registrarono senza farsi troppi problemi: Jagger disse: “per ora la facciamo, poi decideremo come utilizzarla”. Ma mentre la stavano registrando, negli studi londinesi si presentarono due poliziotti: Panico!
La droga era ovunque, anche sotto i cuscini e per questo, a risolvere i problemi come il Mr.Wolf di Pulp Fiction, ci pensò Andrew Loog Oldham, manager degli Stones.
Per distrarre i poliziotti disse loro: “Ehi, perchè non ci date una mano? I ragazzi stanno incidendo una canzone dove c’è bisogno di ritmo e non ce n’è mai abbastanza. Vi va di usare i vostri manganelli come percussioni?”
I poliziotti accettarono, felici di registrare con gli Stones, e si dimenticarono di perquisire.
Ma la versione “manganellata” non vide mai la luce come, per fortuna, neppure la droga nascosta male dagli Stones.
Il pezzo finì nel leggendario Between the Buttons, pubblicato il 12 febbraio del 1967. Il disco mostra i Rolling Stones in un periodo in cui si stavano allontanando dalle loro radici R&B.
Dopo la pubblicazione degli album Revolver dei Beatles, Pet Sounds dei Beach Boys e Blonde on Blonde di Bob Dylan durante il 1966, i parametri del rock classico si erano estesi notevolmente, e la band fu portata verso quella direzione.
La decisione fu presa anche perché dopo l’album Aftermath, la band doveva progredire. E Between the Buttons portò la nuova ventata di psichedelia/pop, che tradiva soprattutto influenze dei Kinks.
Il disco contiene anche la iconica Ruby Tuesday la quale, come da prassi, è accreditata alla coppia Jagger Richards. Ma in realtà il pezzo fu scritto interamente da Keith Richards e Brian Jones, che nel brano suona il recorder, strumento dal suono simile a quello di un flauto.
Ruby Tuesday era una groupie, il cui vero nome era Linda Keith, molto legata a Keith Richards, che era scomparsa da qualche parte, lasciandolo solo di fronte, sono parole sue, “a una chitarra, un pianoforte e a un paio di mutandine”.
Fu completata nel 1966 in una stanza d’albergo a Los Angeles e registrata poi nel gennaio del ’67.
Uscì come lato B di Let’s Spend The Night Together, ma fu scelta dai programmatori radiofonici come lato A perchè Jagger si rifiutò di cambiare il testo della suddetta canzone, come già prima anticipato.
Quando Ed Sullivan invitò i Rolling Stones nel suo show televisivo il 15 gennaio, suggerì una piccola sostituzione, Let’s Spend Some Time Together invece di Let’s Spend The Night Together.
Jagger fece una controproposta: Let’s Spend The mmmmm Together, Ed Sullivan disse no e Mick Jagger accettò il cambio di testo, ma accompagnò il verso del ritornello con espressioni facciali tali da rendere ancora più pesante il messaggio.
Così le radio nemmeno provarono a fare la stessa richiesta di cambiamento e andarono immediatamente al lato B, e quindi a Ruby Tuesday.
Scelta davvero azzeccata, anche se non immaginabile all’epoca. Ma cosa volete farci, parliamo comunque degli Stones... che vi aspettavate?
Nella seconda metà degli anni 60 le maggiori fonti di ispirazione musicale erano due: i sentimenti libertari dei figli dei fiori e la psichedelia. In America la fusione di queste due tendenze si può riassumere con il termine “acid rock”, ma in Inghilterra le cose erano un po’ diverse. La scena artistica britannica era sempre stata influenzata dalla musica d’oltreoceano. Blues, jazz, folk e skiffle, entrati con facilità nei cuori degli ascoltatori albionici, erano facilmente rintracciabili nelle produzioni dell’epoca.
Con la psichedelia e la voglia di rompere le barriere tra la musica colta e quella popolare, che avrebbe poi trovato la propria ragion d’essere nel progressive rock, i musicisti cominciarono a sperimentare nuovi suoni, nuove successioni armoniche e nuovi arrangiamenti. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Procol Harum e Days of Future Passed sono solo alcuni degli album usciti tra il ’66 ed il ’67 che cominciarono a spezzare i confini, ma tra le varie band che abbracciarono queste sperimentazioni, non si possono non citare i Rolling Stones. Ormai, quando si sente questo nome, si pensa subito ad una band di rock blueseggiante che riempie gli stadi di tutto il mondo, ma nella decade dell’amore libero neppure loro seppero resistere alla tentazione di andare oltre, e Between The Buttons ne è la dimostrazione.
primo dei due dischi della parentesi psichedelica (durata un solo anno) degli Stones si apre con Yesterday’s Papers. Questo pezzo impreziosito da clavicembalo e vibrafono è già una perfetta istantanea del modus operandi di quel periodo, ovvero unire la contemporaneità al passato e gli strumenti da rock band a quelli classici. Le parole suggeriscono di non curarsi del giornale di ieri, mentre la musica sottolinea che il passato non ha motivo di essere ricordato se non in funzione del presente.
My Obsession è la traccia che più si avvicina ai lavori precedenti e anche in questo brano, come nel precedente, ad una strofa bluesy fa eco un ritornello in minore più malinconico.
La seguente Back Street Girl è una dolce ballata acustica in tre quarti, anche se il tema dell’amore, che ben si sposerebbe con questa composizione, viene accantonato in favore di un più libertino sentimento di voglia sessuale, il tutto ricolmo di ironia e sarcasmo nei confronti degli azzimati frequentatori dei salotti londinesi che predicano bene e razzolano male.
Di nuovo tanta ironia in Connection, un allegro e breve blues che fa da tappeto per delle frecciatine alla polizia che in quegli anni si accaniva con la band.
She Smiled Sweetly è un’altra ballata, ma questa volta è l’organo lo strumento che riempie righi e spazi. Il moderato 12/8 e l’incredibilmente rassicurante voce di Jagger ne rendono un pezzo da accendino acceso.
L’honky tonk di Cool, Calm & Collected è un interludio scanzonato che tra kazoo e scimmiottamenti del folk anglosassone è un vero e proprio divertissement musicale.
La successiva All Sold Out è invece meno eccentrica, ma sempre molto goliardica. Scorrendo la tracklist si arriva al folk elettrico di Please Go Home e di Who’s Been Sleeping Here.
Segue Complicated, un brano incalzante con batteria e percussioni a trainare un’acidissima chitarra ed un pianoforte puntato.
Poi ci pensa Keith Richards ad introdurre, con la sua chitarra, un altro brano rock ‘n’ roll e festaiolo, ovvero Miss Amanda Jones.
Chiude il platter Something Happened to Me Yesterday, inno lisergico e psichedelico alla beatlesiana Sgt. Pepper.
Nella versione americana, al posto di Backstreet Girl e Please Go Home figuravano le sopra già celeberrime e raccontate Ruby Tuesday e la censuratissima Let’s Spend the Night Together.
Che dire di più di un album come Between the Buttons, ben cinquanta cinque anni dopo? Beh, che il talento dell’eclettico polistrumentista Brian Jones, deceduto due anni dopo la pubblicazione del disco in questione, la fa da padrone e che, nonostante la psichedelica non abbia attecchito nella discografia degli Stones, questa è la prova che, all’epoca, non c’era nulla che non potessero fare. Bei tempi.