EDITORIALE – C’era una pubblicità degli anni ’90 di cui andavo letteralmente pazzo. C’erano un gruppo di amici, un’auto da spingere, amori, passioni e una birra da stappare. Un inno all’amicizia insomma, con una colonna sonora che mi entrò subito in testa e del quale non mi sarei più (piacevolmente) liberato.
La canzone era Please, Please, Please Let Me Get What I Want degli Smiths e da quel giorno iniziai a scoprire e ad ascoltare il loro capolavoro Hatful Of Hollow, pubblicato il 12 novembre del 1984.
Registrato nel luglio del 1984, Please Please… è una ballads, un piccolo prodigio di 110 secondi dell’abilità compositiva del duo Morrissey/Marr, con una lunga coda strumentale in cui spicca il suono del mandolino, suonato dal produttore John Porter.
Musicalmente, come in seguitò rivelò Marr, la fonte d’ispirazione per la melodia è da ricercarsi in un brano di Burt Bacharach dal titolo The Answer To Everything, inizialmente interpretata da Del Shannon, nel 1962: “Era qualcosa che i miei genitori mettevano in casa e toccò una corda in me perché suonava così familiare. Ho tentato di catturare l’essenza di quel brano, la sua impronta ed il senso di bramosia.”
Il testo è una preghiera per una vita migliore e per uscire dall’isolamento in cui lo stesso protagonista si era cacciato (Good times for a change / See the luck I’ve had / Could make a good man turn bad).
In questo senso l’ispirazione potrebbe ben essere il riferimento autobiografico al desiderio di Morrissey di formare un gruppo pop e il suo sogno di far parte dello showbiz, nel modo in cui lo aveva sognato per anni (So for once in my life / Let me get what I want / Lord knows it would be the first time).
Coppia che più strana non potrebbe, quella composta dal carismatico, linguacciuto cantante Morrissey e dal chitarrista Johnny Marr. Di quelle che tra alti e bassi si integrano e completano a vicenda, e che nella Manchester del 1982 decidono di metter su un gruppo con Andy Rourke (basso) e Mike Joyce (batteria).
Chiamandosi con il più comune dei cognomi britannici per andare controcorrente, assecondando la necessità di riportare il succo della musica a canzoni da comunicare, gli Smiths centrano in pieno l’obiettivo, diventando nel pieno dei vacui anni 80, rispettivamente un ambiguo “dandy” cantore del disagio adolescenziale suburbano e uno dei gruppi più imitati degli ultimi 25 anni.
Più del debutto omonimo, bello e tuttavia gravato da una produzione opaca e una scaletta diseguale, il loro pop chitarristico (grossomodo dei Byrds che, sulla scorta del punk d’oltremanica, si uniscono ai Velvet Underground meno torbidi), conosce la perfezione in una serie di singoli radunati in questo scrigno intitolato Hatful Of Hollow.
Caso raro in cui è una raccolta a fotografare l’identità e l’importanza di una band, dove al suo interno si affiancano le tenere e struggenti melodie della sopra citata Please, Please, Please Let Me Get What I Want, di William e It Was Really Nothing, fino alla nevrotica e psichedelica How Soon Is Now? che in molti attribuiscono alla passione e influenza che Johnny Marr aveva per Bo Diddley
Mettiamoci anche le versioni più ruvide di brani d’esordio tratti da programmi radiofonici della BBC. Così che gioielli di caratura straordinaria quali Hand In Glove, What Difference Does It Make? E This Charming Man, brillano in tutta la loro lucentezza, mentre gli Smith’s conquistano intere generazioni facendo parlare ancora di loro con questo capolavoro di album.
E’ un brillare di atmosfere che variano dal blues fino a una paventata new wave, con note e intro anche country (basta ascoltare l’armonica iniziale di Still Ill) e la ritmata ballata in scala Handsome Devil.
Fu una delle prime canzoni scritte dagli Smiths. Pur essendo il loro esordio, ha delle potenzialità che spesso, come accade ai primi lavori dei gruppi musicali, vengono sottovalutate. La tematica è sicuramente il sesso, descritta con il talento proprio come solo Morrissey e Marr riescono a fare.
Questa “lucentezza” durerà poco purtroppo, poiché l’unione della band andrà sfaldandosi progressivamente tra un Morrissey sempre più schierato e polemico, dischi riusciti a metà (Meat Is Murder, nel 1985 e il commiato Strangeways Here We Come) e un contratto con la EMI che nel 1987 sarà ulteriore motivo di litigi e scioglimento.
Non prima, però, di aver consegnato agli annali un 33 giri splendido quale The Queen Is Dead… ma questa è e sarà un’altra storia da raccontarvi.