EDITORIALE – Pochi giorni e avrei compiuto sette anni, di musica non ne ascoltavo molta all’epoca, ma quella sera di trentadue anni fa me la ricordo bene.
Mio padre mi piazzò davanti a Raiuno, dicendomi che stavo per assistere a qualcosa di epocale… Il gruppo più grande della storia del rock e non solo, che stava per esibirsi nella laguna di Venezia, dopo una giornata controversa e piena di polemiche e aspettative.
Il gioco di luci sul campanile di San Marco, 200.000 persone accorse da tutta Europa e novanta minuti di magia, musica e psichedelia, con i Pink Floyd che quel 15 luglio 1989 scrissero un pezzo di storia nell’epopea dei concerti mondiali, cambiando un bel po’ anche la mia vita, musicalmente parlando.
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Per tutti quelli che amano i Pink Floyd, ma pure per quelli che magari non li apprezzano fino in fondo, il 15 luglio del 1989 è una data cerchiata di rosso sul calendario. Quel giorno il gruppo, orfano di Roger Waters che nel 1985 aveva ufficializzato il suo addio, avrebbe tenuto uno dei concerti più discussi, visti, amati e forse pure odiati (non per la musica) della storia della musica.
Sul Canale di San Marco, di fronte alla celebre piazza, su un palco galleggiante, catalizzarono l’attenzione mondiale con un concerto incredibile. Un concerto con numeri anormali. Soprattutto in un’era che non aveva ancora il web a farla da padrone, non c’erano social a divulgare notizie o cellulari a riprendere.
Il concerto faceva parte del tour promozionale di ‘A Momentary Lapse Of Reason’, il primo album dei Pink Floyd dell’era post Waters. Il tour cominciò nel settembre del 1987, si concluse nel 1990. Il concerto a Venezia fu trasmesso in diretta tv da più di venti paesi. Servì un complesso sistema di chiatte multiple, stabilizzato con pesi e cavi, per accogliere la messa in scena, il banco per il mixaggio, l’attrezzatura tecnica e le aree riservate agli addetti ai lavori. Compresi gli spettatori davanti alla tv, si stima che avessero assistito all’evento circa 100 milioni di persone.

Il 15 luglio 1989, trentaquattro anni fa, la band inglese tenne a Venezia quello che probabilmente è il più famoso e controverso concerto rock della storia italiana. I Pink Floyd suonarono su una gigantesca chiatta galleggiante nella laguna davanti a 200mila persone stipate senza le minime condizioni di igiene e sicurezza in piazza San Marco, in un evento che ancora oggi, a seconda di chi ne parla, viene ricordato come un concerto straordinariamente suggestivo o terribilmente disorganizzato, come un momento di prestigio internazionale o come una tragedia cittadina paragonabile all’alluvione del 1966.
Tutto ebbe origine con l’dea/proposta dell’organizzatore Fran Tomasi, veneziano d’adozione: un concerto gratuito in mondovisione dei Pink Floyd, per celebrare al meglio la Festa del Redentore di Venezia. La verità di Fran Tomasi poggia su tre gambe: «Il grande sponsor politico di quell’operazione fu Gianni De Michelis», all’epoca vicepremier del governo De Mita in procinto di diventare ministro degli Esteri del sesto governo Andreotti. Figura di primo piano del Psi craxiano, veneziano doc, «volle i Pink Floyd – ricorda Tomasi – perché l’evento doveva rappresentare la prova generale in vista di quella che doveva essere la candidatura di Venezia a Expo 2000»
Le polemiche accompagnarono l’evento, prima, durante e dopo: alla base una totale disorganizzazione, la mancanza di assistenza per le duecentomila persone (forse anche di più) accorse in piazza San Marco e dintorni. E anche rifiuti a tonnellate rimasti lì per giorni.
Il concerto fu dunque molto complicato: durò soltanto 90 minuti, per esigenze televisive, e dalla piazza si sentì malissimo per via dell’eccessivo limite ai volumi. Non fu montato nessun maxi schermo, e il distintivo maiale gonfiabile che caratterizzava i concerti dei Pink Floyd alla fine non fu fatto volare. Ma si capì anche da subito che una delle band rock più importanti e influenti di sempre che suonava su una chiatta galleggiante in piazza San Marco era un evento unico, e chi c’era racconta di un’atmosfera suggestiva ed emozionante come capita raramente per un concerto di 200mila persone. La band cominciò con Shine on you crazy diamond, e finì 14 pezzi dopo con Run like hell. Il concerto fu seguito da uno spettacolo di fuochi artificiali, come da tradizione nella festa del Redentore, che accompagnò il rocambolesco deflusso delle persone verso la terraferma, a diversi chilometri di distanza, dove la maggior parte aveva lasciato l’auto.
Basti pensare che i Pink Floyd pagarono di tasca loro persino il trasporto di due chiatte spinte da due vaporetti le quali, non riuscendo a passare sotto il Ponte dei Pugni, dovettero rifare tutto il giro della laguna all’inverso.
Quel tour è immortalato nel live “Delicate Sound Of a Thunder Live”, dove oltre ai pezzi storici della band britannica, sono presenti soprattutto brani estratti da A Momentary Lapse Of Reason, dove resta e rimane memorabile la leggendaria Yet Another Movie, scritta sui dialoghi del film Casablanca, o la epica Learning To Fly, insieme alla canzone simbolo (come da sempre afferma David Gilmour), Sorrow.
Ma il live vide anche l’esecuzione di brani quali On The Turning Away e Dogs of War, senza dimenticare, come suddetto, i miti di pezzi quali Time, Money o Wish You Were Here.
Aldilà di logistica, disorganizzazioni e conseguenze incontrollate, quella sera di trentacinque anni fa la Musica incontrò la Storia, e diventarono una cosa sola.