EDITORIALE – Nel 1967, prima che Paul Anka ne comprasse i diritti per trasformarla in My Way, Comme d’habitude era un’intrigante canzone francese che aveva provocato in Bowie la voglia di scriverci sopra un testo inglese.
Il risultato, Even a Fool Learns to love, non gli doveva essere sembrato granchè se aveva deciso di non pubblicarlo da nessuna parte. Però però… dopo il successo planetario di My Way nella versione di Sinatra, Bowie si era deciso a tornarci sopra, questa volta prendendo come spunto l’interpretazione di “The Voice” e non l’originale.

Era nel parco a Londra, con quel ritornello che gli rimbalzava nella testa e che diceva Sailor’s fighting in the dance hall. Non era sicuro di cosa volesse dire, ma era assolutamente certo che stato difficile toglierselo di torno, perchè, nonostante i tentativi di distrarsi, non gli riusciva di pensare ad altro.
Fece due passi per Beckenham High Street, poi prese un autobus per Lewisham. Conosceva dei posti perfetti dove avrebbe potuto comprare magliette e scarpe adatte a lui quindi distrarsi. Niente, quel ritornello sul marinaio gli riempiva i pensieri. Niente scarpe pensò. Bowie scese dall’autobus e tornò a casa, InSouthern Road. La stanza dove in genere lavorava era deserta, a parte una chaise longue, un gigantesco posacenere e un pianoforte.
Scelse l’ultimo oggetto e in poche ore nacque Life On Mars?, la storia di una ragazza che si rifugia al cinema dopo aver litigato con la madre. Il film è sufficientemente noioso e termina con una domanda: “C’è vita su Marte?”
Ah, il marinaio di inizio racconto nella testa di Bowie, diventa uno dei protagonisti del film.
Due settimane dopo, Rick Wackerman aggiunse magie al panoforte e Mick Ronson alla chitarra.
Curiosità: i Bush hanno rubato un verso della canzone, quello che dice Mickey Mouse has grown up a cow, “Topolino è diventato una mucca”, per un tributo a Bowie nel loro brano Everything Zen.
Life On Mars? è il pezzo portante di Hunky Dory, quarto album di David Bowie pubblicato il 17 dicembre del 1971. (In Italia arriverà solo nel 1973)
Il critico di Allmusic Stephen Erlewine lo ha definito “un caleidoscopico ammasso di stili pop, tenuti insieme solo dalla visione e dallo stile di Bowie. Un cinematografico mèlange di arte alta e bassa, sessualità ambigua, kitsch e classe”.
Con Hunky Dory, David Bowie cominciò a manifestare il gusto della fusione tra musica e messa in scena e del prodotto sonoro come veicolo per elementi visivi teatrali, ciò che avrebbe rappresentato il suo marchio di fabbrica almeno fino a Low del 1977.
Nel corso del 1971 iniziò a personalizzare il look e a capire l’importanza dei media, sfruttandoli per creare di sé l’immagine di una star. «Questo album è pieno dei miei cambiamenti e di quelli di alcuni dei miei amici», annunciò in una conferenza stampa, «è un album che mi ha aiutato a tirare fuori molti aspetti del mio modo di sentire, un sacco di schizofrenia.
In brani come Queen Bitch, The Bewlay Brothers e Oh! You Pretty Things comincia anche ad emergere l’ambiguità sessuale di Bowie, anche se è probabile che questo atteggiamento facesse parte di un più ampio concetto di teatralità che lo stava rapidamente spingendo verso la creazione di Ziggy Stardust.
La primavera del 1971, durante la quale vennero scritti molti dei brani di Hunky Dory, fu un periodo che lo vide abbracciare la sottocultura gay di Londra con regolari visite al Sombrero di Kensington High Street e frequentazioni dell’entourage del dress designer Freddi Burretti.
Secondo la ex moglie Angela, «la gente del Sombrero cominciò quasi subito a fornirci il carburante. Il materiale su Hunky Dory veniva direttamente dalle loro vite e dai loro atteggiamenti».
Traccia di apertura di Hunky Dory e primo singolo estratto dall’album, Changes è diventato col tempo uno dei brani chiave nel repertorio di Bowie ed è considerato da molti il suo manifesto musicale.
È l’ultima canzone che il cantante ha eseguito dal vivo prima del suo ritiro dalle scene, il 9 novembre 2006 a New York nel concerto benefico per l’organizzazione Keep a Child Alive.
Changes si trova al 127º posto nella lista dei 500 migliori brani musicali della rivista Rolling Stone, al 162º in quella di New Musical Express, al 30º nella classifica “100 Singles You Must Own” del magazine inglese Mojo, ed è stata inclusa tra le “500 canzoni che hanno plasmato il rock and roll” della Rock and Roll Hall of Fame.
Il 24 aprile, spinto dalla circolazione di The Man Who Sold the World con il travestimento in copertina, David raccontò al Daily Mirror di essere «ambiguo e tutto il resto», aggiungendo di non riuscire «a respirare in un’atmosfera convenzionale… trovo la libertà solo nell’ambito della mia stessa eccentricità», il tutto con nove mesi di anticipo sulla famosa intervista pubblicata da Melody Maker in cui avrebbe dichiarato la sua presunta omosessualità.