EDITORIALE – Communiqué, secondo album dei Dire Straits, fu pubblicato il 18 giugno del 1979. Registrato presso i Compass Point Studios di Nassau e prodotto da Jerry Wexler e Barry Beckett, è forse uno dei lavori più completi del gruppo e vanta spessore compositivo e songwriting più maturi del predecessore e omonimo album d’esordo, (Dire Straits, 1978).
Il disco è pieno di brani affascinanti e segna un punto fondamentale nel percorso formativo della musica dei Dire Straits. Questo non è bastato però, a contrastare la “sfortuna” di essere stato concepito in un momento storico particolare per il mondo del (loro) rock, alle cui porte bussava la new wave e picchiava il punk.
È un disco che si trova “nel mezzo”: non include hit dello spessore di Sultans Of Swing come il predecessore, e passa in secondo piano se confrontato con il successivo romanticissimo lavoro, Making Movies.
È stato dunque percepito spesso come il disco che ha del potenziale, ma non si applica. Il che ha poca importanza, quando sotto il carisma di Mark Knopfler vengono alla luce sonorità e storie mai banali. Pur non distaccandosi particolarmente dalle sonorità proposte l’anno precedente, in Communiqué le contaminazioni blues, folk e country riconducibili ad Eric Clapton, Bob Dylan o JJ Cale ci sono già tutte. Da perfetto disco “nel mezzo” quale è, Communiqué è una tappa che guarda all’evoluzione stilistica, confermata dalla maturità dei successivi lavori, ma rimane un album sognante e trascinante.
Once Upon A Time In The West è una canzone oggettivamente molto bella che verrà utilizzata in apertura dei concerti durante le tournée On Location World Tour e Dire Straits (1982-83). Atmosfera country accattivante, su cui viaggiano chitarre blues e jazz, è senz’altro una delle pietre miliari del disco.
News appare offusa e melodica e viene introdotta da un delicato arpeggio in pieno stile Knopfler. Il protagonista è un uomo libero di sfidare il destino che «gioca d’azzardo con la sua vita».
Where Do You Think You’re Going è probabilmente uno dei brani più rappresentativi dell’album, ci parla di un amore in fase di lacerazione e ci fa percepire tutto lo strappo del caso. Una bolla di incanto acustico-elettrico che si espande verso un assolo che luccica, semplice ed incisivo.
Communiqué è la title track che non a caso è una canzone che sta “nel mezzo” tra una classica canzone rock e un ritmo che avanza a fatica, ma non importa, perché ci parla di comunicazione, e questo la rende già abbastanza interessante.
Lady Writer è uno dei miei brani preferiti dei Dire Straits. È costruita su una ritmica seducente che ricorda Sultans Of Swing e ospita uno dei giri di note più travolgente dell’album. Un’affascinante scrittrice intervistata in televisione attira l’attenzione dell’autore, che nota una forte somiglianza fisica con una donna del suo passato (la quale, stando al racconto, non ha mai letto un libro e a malapena scriveva il proprio nome). Scatta il paragone tra le due, che si risolve irrimediabilmente a favore di colei che buca lo schermo.
Angel of Mercy, tra ritmi rilassati e tratti folk, parla di un cavaliere che esprime il suo desiderio d’amore in una notte di passione.
Belladonna’s on the high Street… Così comincia una delle ballate più romantiche del disco. Portobello Belle, nell’incanto acustico di questo brano, narra di un ritratto femminile a passeggio lungo Portobello Road, strada londinese del quartiere di Notting Hill.
Single Handed Sailor si può definire il fraseggio di chitarra dell’album. La linea melodica è morbida e avvolgente, più che efficace nello spianare la strada ad un assolo che accontenta anche i fan più intransigenti.
La conclusiva Follow Me Home è un mieloso invito che fa pensare di trovarsi davanti ad un brano molto personale. Chiude l’album tra arpeggi blues piuttosto nostalgici e ripetitivi.
Nel complesso Communiqué può essere valutato sostanzialmente alla stregua di Dire Straits reiterandone, di fatto, le medesime caratteristiche, seppur con qualche lieve calo di tensione. Il platter vendette bene, in Germania raggiunse il primo posto in classifica, ed il mirabile artwork vinse il premio NME del 1979 come miglior cover dell’anno. Un’opera incantevolmente crepuscolare, malinconica e pacata da gustare seduti rilassati sul divano di casa.
Per concludere, ritengo meritevole di elogio incondizionato il coraggio dei Dire Straits nell’aver voluto perseverare nell’ambito del rock melodico in un’epoca così decadente e confusa per l’arte della musica. Per tale motivazione va tributato a loro un riconoscente ringraziamento.