EDITORIALE – Il muro è caduto da ormai due anni e la Berlino unita era diventata la città ispiratrice di molti gruppi che cercavano idee e temi sociali su cui rilanciare le proprie ambizioni musicali.
Per gli studi Hansa Ton della capitale tedesca era passato in precedenza David Bowie per la registrazione di alcune session dei propri brani, e anche il gruppo irlandese degli U2 sente il bisogno di distaccarsi dal sound che finora aveva contraddistinto l’identità della propria formazione. L’album precedente Rattle and Hum, del 1988 non aveva pienamente soddisfatto i fan, forse ancora troppo inebriati dal capolavoro di The Joshua Tree dell’anno precedente.
Sull’animo del gruppo ha influito anche la pausa seguita al LoveTown Tour, ed è per questo che Bono e soci cercano una scossa evidente soprattutto nelle loro sonorità, mantenendo sempre vivo però il loro impegno politico e sociale.
Nasce così Achtung Baby, registrato fra Dublino e gli studi Hansa Ton di Berlino ed uscito il 18 novembre di trentatré anni fa.
L’aria tedesca, nettamente più europea rispetto al precedente Rattle and Hum, si avverte in numerose canzoni ed è anche visibile in uno dei tre video di One. I suoni sono decisamente diversi rispetto al passato, l’elettronica fa il suo primo ingresso nel sound U2, ma l’elemento che più spicca è la chitarra di The Edge, mai così tagliente e suggestiva. Il primo singolo estratto, “The Fly”, spiazza i fan degli U2 degli anni ottanta.
Da molti è considerato il capolavoro assoluto della band irlandese (al pari solo di The Joshua Tree), ma è soprattutto l’album che cambia il modo di fare musica della band irlandese, portandola all’innovazione e a una dimensione molto più internazionale e a passo coi tempi. Grande fu il lavoro svolto dal produttore Brian Eno, e non solo a livello puramente musicale.
l’influenza di quest’ultimo porta gli U2 ad abbandonare la strada precedente e ne intraprendono una più sperimentale, come a suo tempo avvenne per David Bowie, che, non a caso, nella sua trilogia berlinese fu traghettato proprio da Brian Eno. L’album si apre con la chitarra in distorsione di Zoo Station, la voce di Bono è “sporcata” dagli effetti, e tutto già appare così diverso, quasi non fossero gli U2.
Poi è la volta di Even better than the real thing che mostra un The Edge in notevole forma.
Achtung Baby, nella discografia U2, è un album in cui va detto che mi trovo nettamente di parte, visto che contiene la mia canzone preferita di tutta la storia del gruppo dublinese.
Ultraviolet (Light My Way) è un brano che si apre con una serie di voci in falsetto che si susseguono e da un tappeto sonoro sognante. L’incipit di Bono, molto blues, è il preludio all’entrata in scena degli strumenti. È una canzone d’amore scritta dal cantante per la moglie Alison, che nel luglio del 1991 diede alla luce la secondogenita della coppia, Eve Hewson. Secondo un’altra interpretazione, la canzone parla invece del dolore e del senso di smarrimento del padre di Bono, Bob, per la morte di sua moglie Iris.
Ma il settimo album in studio del gruppo musicale irlandese è anche il contenitore che ha dentro di sé il capolavoro “One” brano decisivo più che mai per la storia del gruppo ma non solo. La canzone nacque nel periodo di maggior tensione all’interno della band. Quando gli U2 iniziarono a lavorare ad Achtung Baby, erano infatti divisi in due: da una parte, Bono e The Edge, che spingevano per suoni più moderni, come il dance rock, l’alternative rock, l’elettronica e il noise rock; dall’altra Larry Mullen Jr, Adam Clayton e il produttore Daniel Lanois, decisi a non spostarsi dal classico suono U2.
La semplicità disarmante della canzone lascia di sasso, immobilizzati; la voce di Bono, calda e graffiante, scandisce uno dei migliori inni di amore universale “Siamo uno, ma non lo stesso”: chiaro il messaggio, accettiamoci senza negare le diversità, ma in virtù del fatto che siamo esseri umani. Bono è elevato all’ennesima potenza espressiva. Il suo straordinario timbro di voce domina il disco, in compartecipazione con la chitarra di The Edge
Acrobat è un piccolo capolavoro, accordi sospesi come su di un sottilissimo filo che sta per cedere. Bono rispolvera il falsetto in The Fly, una sorta di alter ego dello stesso cantante.
Ma dal momento che quest’album doveva essere l’inizio di una nuova era per gli U2, il conservatorismo di tre quinti del gruppo acuì i dissapori e il nervosismo all’interno della band, che fu addirittura sul punto di uno scioglimento.
Fu, come suddetto, l’arrivo a Berlino di Brian Eno a calmare le acque. Il noto produttore e arrangiatore, sentendo i demo realizzati fino a quel momento, era molto soddisfatto di quello che la band, nonostante tutto, stesse producendo. Eno fece capire agli U2 che potevano tranquillamente esplorare nuovi lidi musicali rimanendo sempre gli U2.
Fu così che un giorno, mentre The Edge stava provando dei bridge per Mysterious Ways, venne fuori una linea melodica che in breve tempo diventò One. Il testo della canzone è stato spesso vittima di fraintendimenti. Molti, infatti, la considerano una canzone d’amore.
In realtà, come Bono ed Edge ebbero a dire più volte, è una canzone che parla di diversità e separazione: quella di un paese, la Germania, divisa in Ovest ed Est per quarant’anni; quella tra il chitarrista e la prima moglie; quella tra un sieropositivo e il padre.
Al di là di questa gemma, divenuta una sorta di inno nella storia della musica dell’ultimo trentennio, sono parecchie le tracce di Achtung Baby alle quali sono e rimarrò legato. In chiusura Love is blindness, che si apre con un organo quasi spettrale accompagnato da un canto che tocca tonalità così basse da far salire un brivido di intensa commozione.
L’album è stato inserito dalla rivista Rolling Stone al 62º posto tra i 500 migliori album di tutti i tempi. In occasione dell’anniversario dei vent’anni dall’uscita del disco fu realizzata un’edizione speciale.
Un disco dalle atmosfere molto compatte da ascoltare preferibilmente la notte.