#TellMeRock, 18 settembre 1970: Quel capolavoro di Paranoid, il manifesto hard rock dei Black Sabbath

EDITORIALE – Verso la fine degli anni 60, il rock comincia a incamminarsi su nuove e innovative strade. Si sperimenta, si cerca ispirazione ma, soprattutto, si cerca di dare un tocco intimo, personale e introspettivo a ogni nota o parola.

Nel triennio tra il 1969 e il 1971, prende il via quella stagione che diede vita all’hard rock in tutte le sue forme più varie e potenzialmente duttili. Da Led Zeppelin II (22 ottobre 1969), a Deep Purple In Rock (3 giugno 1970), arrivando poi a chiudere la sacra triade con Paranoid, secondo album in studio dei Black Sabbath, pubblicato il 18 settembre 1970 in Inghilterra e il 7 gennaio del 1971 negli Usa.

Cinque giorni di lavorazione. Tanto hanno impiegato Ozzy Osbourne e compagni per pubblicate questa opera che fa ancora oggi da “Musa Ispiratrice” per molti gruppi rock ed Heavy Metal: dagli Iron Maiden ai Faith No More, passando per i Pantera e i Megadeth.

«Neanche noi Black Sabbath all’epoca sapevamo di star componendo dei futuri classici, quando avevamo fatto War Pigs o Paranoid.», ha dichiarato Ozzy Osbourne, leader estroso, geniale e carismatico della band.

Black Sabbath, 1970

Inizialmente l’album doveva chiamarsi War Pigs, come il celebre pezzo di apertura dell’album, ma la storia degli eventi e la casa discografica, fecero cambiare il nome il Paranoid.

War Pigs è una canzone contro la guerra e l’idea fu suggerita dai racconti dei soldati e dai loro commenti dopo uno spettacolo dei Sabbath in una base americana.

Il gruppo, come suddetto, voleva intitolare l’album come questa canzone, ma la casa discografica, temendo ritorsioni da parte dei sostenitori della guerra in Vietnam, suggerì Paranoid.

In prima battuta il brano si intitolava Warpurgis e parlava di un sabba di streghe. La versione originale sarà poi pubblicata da Ozzy Osbourne in “The Ozzman Cometh”, nel 1997. Interessante il confronto tra i due testi: I primi versi della versione iniziale dicevano: “Witches gather at balck masses /Bodies burning in red ashes” (Raduno di streghe alle messe nere, corpi che bruciano in ceneri rosse);  i Sabbath li cambiarono poi in “Generals gathed in their masses/ Just like witches at black masses” ( I generali radunano le loro masse, proprio come le streghe alle messe nere).

Come i Led Zeppelin, o i Doors, i Black Sabbath godono dell’attributo di amanti dell’occulto e della magia nera (riferimenti a Lucifero già presenti nel primo album si ripeteranno spesso nella loro carriera), caratteristiche che non mancano in questo Paranoid ma che vengono messe inaspettatamente in secondo piano dalla carica di protesta in quegli anni presente in America e in generale in tutto l’Occidente. L’esempio di War Pigs è lampante: un testo pacifista con un sound tra il cupo e l’ironico, che toglie ai Black Sabbath l’immagine “oscura” del loro primo album. Paranoid infatti si incentra anche sull’attualità, va su un tema caldo come il Vietnam e ne provoca riflessione e visione.

Ma c’è anche la “pazzia” innata di Ozzy, e la dimostrazione lampante arriva nella tite track Paranoid, probabilmente il brano più celebre dei Sabbath.  Il pezzo gode di un riff immortale (al pari quasi della Smoke on the Water dei Deep Purple) e di fatto risulta il pezzo più atipico dell’album, con il suo ritmo accelerato ed il suo testo che parla di pazzia e crisi esistenziale (“People think I’m insane because I am frowning all the time All day long I think of things but nothing seems to satisfy”).

C’è la psichedelia cosmico-spaziale di Planet Caravan, la quale offre un’avventura quasi mitologica e visionaria (alla maniera dei primi Pink Floyd e degli Ash Ra Temple) trascinando l’ascoltatore con una voce profonda e filtrata che sembra provenire da epoche e luoghi remoti.

Iron Man è un altro capolavoro di Paranoid. Inizio alienante da antologia: voluminosi singoli battiti a creare l’effetto dei pesanti passi di questo “uomo d’acciaio” che si presenta con una voce robotica accompagnata da una chitarra immersa in una distorsione lancinante, a far trionfare un feedback malato e misterioso: ennesima grande prova di Iommi con un altro riff impetuoso ma imponente i il batterista Bill Ward che tenta di rubargli la scena con una prestazione titanica.

E’l’album che celebra la nascita dell’Heavy Metal, la bandiera issata su una nuova era musicale e su un nuovo stile interpretativo, magari folle e cupo allo stesso tempo, ma sicuramente originale e sorprendente.

I Black Sabbath si ergono nell’Olimpo dell’hard rock, variando tra blues, suoni duri, e acuti che si confondono tra l’ironia e il carisma di Ozzy Osbourne. Fondamentale comunque resta l’attitudine al macabro e alle tenebre che si rispecchia in ogni canzone, suono, nota, rendendo i Sabbath un gruppo del tutto innovativo in questo “nero” genere.