#TellMeRock, 23 Luglio 1975: Kashmir, il non luogo dei Led Zeppelin

EDITORIALE – Il mondo del rock è davvero strano. Il festival più famoso di tutti i tempi, Woodsotck, non si è tenuto a Woodstock ma a Bethel, e una delle canzoni più famose di tutti i tempi, Kashmir del Led Zeppelin, perla dell’album Physical Graffiti, non parla di India ma di Marocco.

Nel 1973 Robert Plant stava attraversando la parte meridionale del Marocco, quella che conduce da Guelmin (detta la porta del deserto), a Tan –Tan. Niente a che vedere con il Kashmir, regione settentrionale del subcontinente indiano che si trova tra il Pakistan e l’India, entrambi i quali rivendicano la sovranità sull’intero territorio, mentre la Cina ne controlla una piccola porzione.

Plant, come del resto gli altri Zeppelin, nel Kashmir non era mai stato ma, forse per via della strada in continua salita, pensò al Kashmir, che si trova in una zona montagnosa, e intitolò così il brano.

A dispetto dello scarto geografico il pezzo, anche per la sua straordinaria capacità di raccontare un non luogo quale il deserto effettivamente è, rimane una delle pagine più belle nella storia non solo dei Led Zeppelin, ma di tutta la parabola rock, sospesa tra Oriente e Occidente, tra il rock e le sue pareti dilatate (dura otto minuti e mezzo), tra la realtà del viaggio e le visioni del miraggio.

Kashmir, pubblicato come singolo dagli Zeppelin il 23 luglio del 1975, è un pezzo dotato di grande originalità espressa con grande semplicità, otto minuti e mezzo suddivisi in soli quattro settori, polarizzati da un irresistibile riff con cui parte. Questo bellissimo brano modale è fondato sulla crudezza nel creare una continua tensione tra i pochi elementi musicali messi in campo: il riff con una nota ferma, mentre un’altra più acuta sale, genera dissonanze armoniche insieme col fatto che lo spazio temporale di 12/4, nel quale avviene ciò, è suddiviso in 3/4 dal riff ma in 4/4 dalla batteria (pattern di 2/4): disallineamento che mescola le carte ancor di più, producendo un’azione maggiore.

Tutto questo mentre il semplicissimo canto di Plant si muove in un ambito del tutto normale (RE pentatonico), creando ulteriore particolarità. La seconda sezione (a 53”) è basata su una frase armonizzata (di 2 misure di 4/4) del tutto discendente molto cromatica (parte da Sol) e un po’ distensiva. 
Poi (a 2’12”) modula in LA, e più avanti a 3’22” un’ultima sezione arabeggiante che alterna SOLm e LA con innestata un’esotica scala octotonica (settimo grado della “Flamenco”).​

Il buon Jimmy Page si sforzava sempre di ammassare suoni e parti, e tutti gliene rendiamo merito, ma hai voglia a mettere fiati, archi, Mellotron, tastiere, basso, batteria mastodontica, effetti phasing, riverberi, varie chitarre e suoni che spaziano nel panorama stereofonico ecc., Kashmir ha un’essenza musicale vincente: sempre forte e sempre sofisticato allo stesso tempo, anche con chitarra acustica, bonghi e voce.

Ecco la magia del Rock dei Led Zeppelin.

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