EDITORIALE – Ci sono leggende metropolitane, di fantascienza, o storie realmente accadute che possono tranquillamente atteggiarsi o innalzarsi a leggenda. Una di queste riguarda certamente Eric Clapton, e il suo Slowhand pubblicato il 25 novembre del 1977.
Su questo album so di fare regalo gradito al mio grande amico e mentore Daniele Marcante, chitarrista trecchinese già più volte citato in questa rubrica e grande esperto e ammiratore del chitarrista inglese, con cui spesso ci ritroviamo a parlare di musica e aneddoti vari.
L’album sopra citato è il quinto in studio da solista di Eric Clapton.
Slowhand è anche il disco di maggior successo dell’artista e deve il suo titolo al soprannome di Clapton, “Manolenta”. A scegliere il suo soprannome fu il manager Giorgio Gomelsky, nel 1964. Lo stesso britannico ha raccontato più volte questa storia, anche se in versioni differenti tra di loro. Secondo la versione più accreditata, tutto nacque dalla rottura di una corda durante un concerto. “Mano lenta”, dunque, non sarebbe riferito alla lentezza del suonare da parte del britannico (con tanto di soprannome o citazione di Chuck Berry), ma ai tempi effettivi in cui Clapton sostituisce le corde di una chitarra.

Ma l’album Slowhand contiene la splendida ballata Wonderful Tonight, composizione soft pop introdotta da un magnifico passaggio di chitarra.
Il capolavoro “leggero” di Eric Clapton nasce proprio 45 anni fa, per la stessa donna che aveva ispirato la scrittura di Layla (1970), indiscusso cult “Claptoniano” composto quando Patty Boyd era ancora moglie dell’amico George Harrison. Dopo la separazione e il divorzio, Clapton e la ex “signora Harrison”, cominciarono a uscire insieme, presto si sarebbero fidanzati e poi sposati.
Una sera erano entrambi attesi a un tributo a Buddy Holly organizzato da Paul McCartney, Clapton era seduto sul divano in attesa che Patty fosse pronta per uscire di casa. Era al piano di sopra, terribilmente in ritardo e aveva paura della reazione di Eric.
Quando finalmente si affacciò dalle scale e gli disse che era pronta, era preparata anche a sostenere l’arrabbiatura di mister Slowhand, che invece le disse: “Ascolta, mentre ti preparavi ho scritto questa cosa per te”. Ed era Wonderful Tonight.
Il giorno dopo il loro matrimonio, nel marzo del 1979, Clapton fece salire Patty Boyd sul palco di Tucson in Arizona e la cantò davanti a lei. Lei sarebbe rimasta meravigliosa a lungo, la loro storia un po’ meno, perché si separarono dopo pochi anni, lasciandoci in eredità però questa splendida canzone.
Slowhand è un album composto da 9 tracce (di cui 5 firmate dallo stesso Clapton), che si apre con la cover Cocaine composta da J.J. Cale; la canzone, basata su un riff di chitarra ottimamente impreziosito da sovraincisioni, presenta due assoli: uno centrale dopo la prima sequenza strofa-ritornello, l’altro finale in sfumando.
C’è anche la popolare Lay Down Sally, brano quasi country con cui la band di Tulsa alle spalle di Clapton dimostra di sentirsi a proprio agio. Ma le influenze southern dei colleghi dell’Oklahoma si fanno sentire anche in Next Time You See Her e May You Never.
We’re All the Way è invece quasi folk, quello americano però, e ancora tipicamente americane, ma questa volta blues, sono le canzoni The Core e Mean Old Frisco.
Chiude l’album la bellissima Peaches and Diesel, ballata strumentale in cui lo “stile Clapton” la fa da padrone. La chitarra è la protagonista, ma gli accordi di accompagnamento sono di una dolcezza quasi malinconica che riempie il cuore. La produzione è affidata a Glyn Johns, che aveva in precedenza lavorato con Led Zeppelin, The Who e perfino gli Stones, ed infatti questo è il primo disco solista di Clapton ad esser stato registrato in Inghilterra.
Dopo 47 anni Slowhand resta un’icona nel panoramal blues e rock. Certo, la sola Wonderful Tonight basta ad invogliarne l’acquisto, ma per chi non ha molta familiarità con Eric Clapton questo è un perfetto esempio del ventaglio di ispirazioni che ha da sempre caratterizzato il chitarrista d’Albione. Anche grazie al fatto di essere quasi pop-oriented, questo disco non chiede molto all’ascoltatore, in compenso gli restituisce qualità e gusto. Insomma, qualcosa che chiunque può apprezzare.