EDITORIALE – Ci sono anniversari che meritano di essere celebrati, e ricorrenze che portano con sé ricordi particolari come un motivetto, una città o una storia particolare. Questa storia musicale nasce trentadue anni fa a Milano, e più precisamente in via Quintiliano 40, zona Mecenate, dove una band synth pop inglese decise di dare vita il suo settimo album in studio dal titolo Violator

Il gruppo era quello dei Depeche Mode e Carmelo La Bionda, storico produttore che insieme a suo fratello Michelangelo gestiva e deteneva i Logic Studios all’epoca a Milano, aveva già intuito che in quei suoi locali si stava creando qualcosa di particolare.
Infatti proprio il 28 agosto del 1989 la celebre band inglese pubblica uno dei suoi singoli più famosi e celebri dal titolo “Personal Jesus”.
Martin Lee Gore, tastierista e fondatore dei Depeche Mode, racconta che di essersi ispirato al libro di Priscilla Presley “Elvis and Me”, affermando che Personal Jesus è una canzone riguardo all’essere un Gesù per qualcun altro, qualcuno che ti dia speranza e importanza. Riguarda il fatto che Elvis era il suo uomo e mentore e quanto spesso ciò accade in una relazione amorosa; come il cuore di tutti sia come un Dio in qualche modo, e questa non è una visione molto bilanciata di qualcuno, non è così?”.
E’ un pezzo blues rock se si analizzano accordi e sonorità, ma l’immancabile sound elettronico del Depeche Mode lo rende del tutto originale, anche nell’insieme tra testo e “motivazione di riferimento”, nel quale fede, religione e credenza popolare o soggettiva, si fondono in un tutt’uno, creando così un pezzo unico nel suo genere.
Carmelo La Bionda racconta in un’intervista a Rolling Stone che Dave Gahan e soci “hanno registrato cinque o sei pezzi da noi, fra cui Personal Jesus, mentre le altre in Danimarca. C’erano sia questo fonico inglese, Alan Moulder, che il nostro, Pino Pischetola. Quanto ai Depeche Mode, era un album, credo fosse il settimo, in cui hanno usato molti campioni. La particolarità però è che i campioni erano tutti creati da loro.

Usavano campioni di loro stessi. Hanno passato sei settimane intense negli studi. Erano molto concentrati, inoltre noi gli avevamo allestito un grande spazio dove potevano guardare la TV, vivere, svagarsi. Erano quasi tutti vegetariani e ammetto che non è stato facile trovare cibo vegetariano in quegli anni, anche a Milano”.
Ma La Bionda racconta anche alcune particolarità, sulla creatività dei Depeche e sulle “particolari” percussioni utilizzate nel pezzo: “le percussioni di Personal Jesus non sono altro che dei passi pesanti con gli scarponi registrati su una tromba delle scale dello studio. Una di quelle piccole che portava al quarto piano.
Quei “TUM TUM” non sono di una batteria, è proprio qualcuno che batte per terra. Loro hanno campionato il suono e l’hanno ripetuto come fosse una drum machine. Hanno sperimentato tanto, è stato un grande disco di ricerca. Sono stati da noi per sei settimane, ma ancora me li ricordo bene.
Il pezzo poi è stato mixato direttamente lì da noi da Francois Kevorkian. Del brano ne sono state fatte innumerevoli cover e remix, la più famosa e particolare è sicuramente quella di Marilyn Manson del 2005 o il remix dello stesso Kevorkian presente in “Remixes 81-04”. La storia della musica non smette mai di sorprendere e affascinare, e nel “Gesù personale” del Depeche Mode, c’è anche un po’ di Italia.