EDITORIALE – Per infinite ragioni, per la musica che invoglia alla partecipazione corale e che sa di celebrazione e di epica, per il testo che serve ad unire in un solo abbraccio i vincitori di una partita o di una manifestazione sportiva e i loro supporter, per quel senso di rivalsa esplicitato nei primi versi dove si fa riferimento agli errori commessi e alla tenacia per averli superati e, soprattutto, per il ritornello dove si dice “We are the champions of the world”, è inevitabile che We Are The Champions sia stata adottata da quasi tutti gli sport.
Nel 2005 la intonò Fernando Alonso dopo aver vinto il mondiale con la Renault, e l’11 luglio dell’anno successivo, venne intonata dalla nostra nazionale di calcio al Circo Massimo dopo aver vinto i mondiali di Germania.
Del resto Freddie Mercury aveva proprio in mente la vittoria in una partita di calcio quando la scrisse nel 1975, e si limitò a creare un contorno di forte teatralità. Proprio per la sua atipicità, Mercury non volle includerla in A Night at The Opera del 1975, e fu pubblicata nel 1977 prima come singolo e poi come parte di News Of The World, pubblicato il 28 ottobre di quell’anno.
L’unico sport che non adotterà mai questa canzone come inno è il rugby: nel brano c’è un verso che dice no time for losers, ed è per questa ragione che nel suddetto sport non viene mai utilizzata: nella palla ovale, infatti, il rispetto per lo sconfitto deve essere pari alla gioia del vincitore.
Alternando pop operistico a brani più dichiaratamente heavy rock, News Of the World, sesto album dei Queen, è uno dei lavori più fortunati della storia della band inglese.
Il disco, oltre alla celebre traccia We Are The Champions, contiene anche il tormentone simbolo dei Queen We Will Rock You, brano scritto dal chitarrista Brian May.
In un’intervista con Rolling Stone, May ha affermato che la canzone è nata tenendo in considerazione il pubblico che il gruppo avrebbe incontrato durante l’esecuzione di concerti dal vivo. Ha detto: “Quando è nata quella canzone, i concerti non erano “interattivi” in quel senso. Ma abbiamo scoperto che la gente stava già cantando nei nostri spettacoli a un certo punto. Poi c’è stata una nuova consapevolezza in noi e questo è qualcosa di straordinario. Le persone partecipano a ciò che stiamo facendo e lo spettacolo unisce noi e il pubblico”.
Pensate che il video della canzone è stato girato nel cortile di Roger Taylor, il batterista dei Queen. Il video musicale dei Queen per We Will Rock You non è spettacolare come la canzone stessa. Ma con l’innegabile presenza scenica di Freddie Mercury, riesce ancora a dire la sua. A quanto pare, il video è stato realizzato al momento giusto, nel cortile del batterista Roger Taylor. Taylor disse: “Lo abbiamo girato sul giardino di una casa di campagna che avevo appena acquistato nel Surrey e non avevamo ancora completato la vendita, quindi non ci era permesso entrare in casa. “Abbiamo pensato “potremmo anche girarlo qui.” Faceva molto freddo e abbiamo fatto tre riprese generali.”
All’inizio la band non aveva in programma di realizzare un video per We Will Rock You quel giorno. Ma dopo aver girato il video di Spread Your Wings nel fienile di Taylor, decisero di farlo anche per questo pezzo. Brian May ha ricordato: “Ricordo tutto bene perché la traccia non era prevista per essere un singolo, quindi il video è stato un ripensamento generale. Era un video improvvisato che non dice nulla sulla canzone.. A volte va bene perché le persone possono ascoltarlo e girare le proprie storie in testa.”
Poi arriva la terza traccia Sheer heart attack, scritta e cantata da Taylor che vi suona anche basso e chitarra ritmica; il pezzo è durissimo e lo si può quasi considerara un precursore del genere Trash. Sarà uno dei pilastri nei concerti live della band britannica, una canzone che giaceva negli archivi della band fin dal 1974, anno dell’uscita dell’omonimo album.
Ci sono però anche lenti d’autore come la splendida e struggente All dead all dead scritta ed interpretata da Brian May che dà la voce, sopra un drammatico pianoforte, ad una storia d’amora tristissima.
Più allegra e ritmata, con una certa atmosfera pop, è la riuscitissima e sopra citata Spread your wings di Deacon (senza dubbio una delle sue migliori composizioni); essa risulta uno di quei trascinanti inni “alla Queen” che danno un importante crescendo emotivo, e qui la chitarra di may favorisce lo sviluppo di belle emozioni e scariche adrenaliniche. Ti viene voglia di cantare a squarciagola insieme a Freddie Mercury un brano che ti entra in testa e poi non esce più.
Fight from the inside è uno dei primi tentativi della band ad avvicinarsi ai territori funky, anche se l’arrangiamento pone ancora in primo piano le chitarre selvagge e l’altrettanta selvaggia interpretazione del solito “cattivissimo” Taylor.
La traccia successiva è Get down make love, un inno alla sessualità, scritto da Mercury. Risulta un pop-rock caratterizzato da una parte centrale imperniata su una ritmica ossessiva con vari effetti sonori ed eco. Originale, ma non eccezionale. Preferisco decisamente il brano successivo: Sleeping on the sidewalk, un bel blues che ricorda Eric Clapton e registrato addirittura in presa diretta durante una jam session. Molto belle ed immediate le sonorità chitarritiche del sempre efficace Brian May.
Who needs You è un gradevole filler scritto dal bassista Deacon, con delle divertenti e comunque efficaci sonorità latine, molto vicine al calypso. Qui May e Mercury suonano le percussionie lo stesso buon John Deacon si propone come ottimo chitarrista ritmico ad accompagnare May all’acustica.
Poi si arriva a uno dei brani migliori del disco, nonchè uno dei migliori di tutta la carriera discografica dei Queen: It’s late. E’ questo un hard rock suonato alla grande da tutti (un plauso anche ai sempre poco citati Deacon e Taylor) e bellissimo nella sua immediatezza e capacità di trascinare l’ascoltatore; apprezzabilissimi i suoi virtuosi cambi di tempo, il durissimo coro che accompagna il ritornello e soprattutto fantastico l’assolo chitarristico di May dopo la metà della canzone. Non mi stancherei mai di ascoltarlo e riascoltarlo 1000 volte!
Tutto si chiude con una raffinata ballata blues My melancholy blues, splendido esempio di genuinità sonora e dell’abilità interpretativa e compositiva del grande genio Mercury.
Un lavoro e un disco di granfe livello, uscito in un momento poco adatto a certe atmosfere, che ha saputo cogliere almeno parte del cambiamento in atto, di fatto salvando i Queen dalla tabula rasa che il punk stava producendo.
CURIOSITÀ
La notizia di un’imminente gara in cui ci si abbuffa di hot dog eccita gli animi di Peter Griffin e suo figlio Chris, che decidono così di guadagnare cinquanta dollari per iscrivere l’impacciato figliolo alla gara sebbene Lois sia contraria.
Così, rovistando in soffitta alla ricerca di oggetti da rivendere, il cane Brian, noto per la sua passione letteraria e musicale, acquista News of the World, celeberrimo album dei Queen che Peter aveva dimenticato per chissà quanto tempo in soffitta.
Il motivo è presto detto. “News of the World! – esclama Brian volgendo la storica copertina dell’album al piccolo Stewie – Dà un’occhiata”. Il malefico piccolo di casa Griffin indietreggia, cadendo spaventato, cambiando celermente espressione: “Ahaaaaa! – geme di paura – Che diavolo è quello? Un mostro robot assassino?”. Stupefatta la risposta di Brian: “Ma no, è News of the World, un mitico album dei Queen. Non vedi?” domanda ingenuamente, avvicinando ancor più la copertina agli occhi di Stewie che indietreggia di nuovo, terrorizzato. “Stewie, rilassati!”
“No Brian! – indica col ditino il robot – Tieni quella cosa lontana da me! Mi… mi sta guardando? Mi sta puntando? Sta guardando verso di me? Riesce a vedermi?”
Brian sghignazza: “Certo che ti fa proprio paura!”
“Mangia i bambini piccoli?” persevera Stewie, che copre gli occhi col le mani.
“Beh, non lo so. Se ha fame…” Stewie scappa a gambe levate dalla soffitta.
I dispetti tra i due amici sono noti, e stavolta è Brian ad avere il coltello dalla parte del manico, usando più e più volte la gigantografia dell’album per spaventare Stewie. Primo pomeriggio, una di quelle scatole meglio conosciute come Jack in the box è al centro della stanzetta del piccolo che, sospettoso, decide comunque di soddisfare la sua curiosità. Inizia a girare la levetta. Primo giro, niente. Secondo giro, niente. Terzo giro… ancora niente. Al quarto, la scatoletta si apre facendo uscire un piccolo clown: “Ah, uno spavento per niente!”. Presto detto. Si volta alla sua destra, e si ritrova faccia a faccia con un murales del temibile robot dei Queen fatto dipingere da Brian.
“Oddio! Oddio! – esclama – Quell’uomo sta sanguinando, sta sanguinando! E non c’è nessuno che muove un dito! Te lo dico io cos’è News of The World: siamo nella merda fino al collo!”.
(liberamente tratto da Killer Queen, season 10, episode 16)
Chissà se Freddie e compagni hanno mai ipotizzato di finire in qualche serie televisiva. Una cosa è certa: se non ci fosse stato quell’articolo del Washigton Post del settembre 1978 in cui si critiva la band britannica per eccesso di noia, non avremmo mai avuto questo capolavoro di album