#TellMeRock, 29 Maggio 1995: La magia di Pulse e quel rapporto emozionale tra Pink Floyd e pubblico

EDITORIALE – Il live di Venezia del 15 luglio 1989, tappa d tour di promozione dell’album A Momentary Lapse Of Reason, segnò una nuova fase nei concerti dei Pink Floyd, orfani ormai di Roger Waters e indirizzati verso un rock più introspettivo e sentimentale, che però non tralascia la sua indole di denuncia sociale.

Il grande tour mondiale seguito all’uscita di The Division Bell, nel 1994, culmina con il grande album dal vivo, uscito anche in edizione DVD, P. U. L. S. E., conosciuto anche per la sua confezione originaria dove una luce rossa emetteva la pulsazione del titolo, alimentata da una batteria nascosta nel retro della scatola in cartone che ospitava libretto e due cd, e che da quasi vent’anni ci obbliga a cambarla per mantenere viva la pulsazione sugli scaffali di dischi. 

P. U. L. S. E.  (il CD), pubblicato il 29 maggio 1995, è la riproposizione fedele del tour mondiale, una scelta tra venti concerti diversi ma non alterati nella loro riproposizione su disco, una produzione musicale hollywoodiana, se vogliamo, ma enorme ed emotiva come solo gli spettatori del tour definitivo del gruppo possono testimoniare. E d’altronde anche questa emozione traspare guardando il concerto del 20 ottobre 1994 nell’edizione DVD.

All’epoca della tournée mondiale, il quotidiano americano USA Today intercettò il gruppo prima dello show a Pasadena, California, e nel reportage si chiedeva perché questo gruppo di gentiluomini inglesi ormai maturi  –  all’epoca i tre Pink Floyd erano tra i 48 ed i 50 anni – attirasse in tutto il mondo una folla di teen-agers come quelli che il giornalista vedeva passare davanti a sè diretti al concerto. Due giovani americani di 17 anni dicono al giornalista che i Pink Floyd sono unici, meglio dei Pearl Jam, che nessun gruppo è come loro e che sono solo spaventati dall’idea che è lo stesso gruppo che piace ai loro genitori.

I milioni e milioni che hanno visto quel tour in tutto il mondo, Italia compresa, sanno che una volta iniziato il concerto il tempo sembrava arrestarsi, o meglio, si piegava, sembrava prendere un’altra direzione, si concentrava e si espandeva seguendo delle coordinate non più legate alle quattro dimensioni della fisica quantica. Le nuove coordinate erano due, verso l’esterno e verso l’interno, una comunicazione intrapsichica e interpersonale. La folla diventava una e la musica era generata al suo interno, quasi un processo di autogenerazione inconscia tra inconsci collettivi e personali messi in comunicazione. Da qualche parte, Syd Barrett sorrideva ed approvava.

Il tour, come suddetto, era quello di The Division Bell, il primo album in studio dopo A Momentary Lapse of Reason del 1987. L’album era al numero 1 in tutto il mondo ed i Pink Floyd varcavano in quel momento la soglia dei 140 milioni di album venduti in tutto il mondo, 25 dei quali erano quelli di The Dark Side of The Moon, che, sempre in quegli anni, continuava a vendere 1 milione di copie ogni anno nel mondo, seguito da The Wall, 20 milioni a lui solo e qualche centinaia di migliaia ogni anno.

Il 24 agosto su Rolling Stone, Rob O’Connor approccia l’uscita del doppio live P. U. L. S. E.  con uno sguardo piuttosto critico, domandandosi perché questa enormità che sono i concerti dei Pink Floyd, senza limiti logistici, senza limiti di durata, di spesa, di tempo, continui ad essere non solo una grandiosa tradizione dei Pink Floyd, ma che incontri un tale incredibile successo. Secondo il critico, le sottili atmosfere del gruppo soffrirebbero della dispersione che si opera nelle esecuzioni dal vivo. Il controsenso di una tale lettura è che i Pink Floyd sono sempre stati, e sono soprattutto stati, un gruppo che ha sempre suonato dal vivo.

La stessa idea di Dark Side of the Moon esisteva dal vivo molto tempo prima che su disco. I Pink Floyd non potrebbero nemmeno esistere senza i concerti e lo scambio emozionale con il pubblico. Una recensione degli anni di Ummagumma e di Meddle diceva dopo un concerto in Inghilterra che i Pink Floyd sono l’unico gruppo che scompare dietro i suoi strumenti, e che i musicisti sembrano quasi degli operatori di una enorme macchina sonora. Il giornalista credeva di accusarli di non essere dei musicisti veri, come gli altri, ma non si accorgeva che era proprio il contrario.

Syd Barrett ha lasciato ai suoi amici una preziosa eredità: non preoccuparsi del business ma solo della musica e della relazione tra il gruppo ed il pubblico. “E’ vero, i Pink Floyd sono una gigantesca macchina sonora onirica collettiva, una macchina dei sogni e dei desideri” , scrive Ballanti su Repubblica, “una concentrazione sonora macchinica nel senso di Deleuze e Guattari, dei nomadi del sogno in cerca di altri orizzonti, inesorabilmente in movimento” .

Il doppio CD di P. U. L. S. E. vedrà per anni un trend di vendite eccezionale. Ma la multimedialità alla fine degli anni Novanta incalza e sia sui computer che sulle catene hi-fi di casa le immagini cominciano a prendere sempre più spazio. Il mercato dei DVD decolla e i Pink Floyd non potevano restare a guardare. Finalmente, il 5 dicembre 2005, a dieci anni di distanza dal CD, i Floyd pubblicano il DVD P. U. L. S. E. .

Girato all’Earls Court di Londra durante il Division Bell Tour il film restituisce in toto, sia visualmente che sonicamente, la dimensione del concerto restata nella nostra memoria. Come Pink Floyd a Pompei, di cui è idealmente il successore, questo film ci trasmette il punto di arrivo dell’arcobaleno Pink Floyd e della loro storia.

Il doppio Dvd contiene un intero concerto, quello del 20 ottobre 1994, oltre a rare immagini di backstage e inediti extra. Il DVD vede la collaborazione di Storm Thorgerson, collaboratore da sempre dei Pink Floyd, sia con Hipgnosis che in proprio dopo la fine del celebre studio grafico. L’audio è stato remixato secondo il formato 5.1 surround sound e rimasterizzato in digitale da James Guthrie mentre a Thogerson è stata affidata la realizzazione grafica dei nuovi artwork, dei menu animati e della collezione dei materiali extra. 

Il concerto come nel CD, e come durante tutto il tour mondiale,  è suddiviso in due parti: nella prima David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright eseguono i classici più attesi, da  Shine On You Crazy Diamond, a Another Brick In The Wall (Part 2), da One of These Days a Keep Talking, mentre nella seconda parte tutto l’album The Dark Side Of The Moon prende il suo spazio. Tra i filmati inediti vanno segnalati Bootlegging And Bootleggers, cortometraggio che documenta la vita dei Pink Floyd durante il tour mondiale e lo screen film di Speak To Me.

La cosa più straordinaria che traspare nella visione del DVD e nell’ascolto del CD è la grande gioia che si trasmette tra musicisti e pubblico. Il gioioso scambio di emozioni, anche visualmente, è il più grande regalo che la musica possa fare ai suoi adepti.

Perché questo gruppo, dopo un percorso che lo ha portato a lasciare come pochi altri una traccia nella storia della musica del Novecento, riesca a suscitare le stesse emozioni che vengono provocate da Mozart, Hendrix o Miles Davis, beh, lasciamo la domanda in sospeso come una traccia di meditazione per trovare da soli una risposta.

Vi lascio all’ascolto di questo capolavoro, nel video sottostante riproposto interamente.