EDITORIALE – Che strano anno il 1965. Le due canzoni di maggior successo si rivelarono nel sonno, mentre i due autori dormivano.
Così nacque Yesterday nella testa di Paul McCartney; e così nacque uno dei riff di chitarra più famosi del rock, quello di (I’Cant’Get No) Satisfaction.
Ecco la storia: i Rolling Stones sono al Jack Tar Harrison Hotel Clearwater, in Forida, e Keith Richards si sveglia nel cuore della notte. Ha sognato un riff e poche parole: i can’t get no satisfaction…
Si alza, prende un registratore a cassette, incide il riff e quelle poche parole e si rimette a dormire, senza nemmeno spegnere il registratore. Più tardi dichiarerà che quel nastro conteneva 2 minuti di I Can’t Get No) Satisfaction e 40 di russate.
Il giorno dopo racconta tutto a Mick Jagger. Richards è preoccupato perchè il riff gli piace molto, ma è convinto che sia molto simile a quello di Dancing In The Street di Martha and the Vandellas. Jagger dice “chissenefrega, mica saremo i primi a rubacchiare qualcosa”, poi però fa notare a Keef che il titolo ricorda da vicino anche un verso di una canzone di Chuck Berry dal titolo 30 Days, che diceva: “If I Don’t get no satisfaction…”

Richards, dal canto suo, risponde con la stessa affermazione di Mick: “chissenefrega, mica saremo i primi a rubacchiare qualcosa”. Abbandonano i loro timori ,anche perchè sono convinti che il brano non diventerà mai un singolo, ma solo un discreto brano da album, al massimo un lato B.
Satisfaction viene registrata il 6 maggio del 1965 negli studi della Chess Records di Chicago, con il grande Brian Jones all’armonica. Richards avrebbe preferito che il riff fosse stato eseguito dai fiati, ma per fortuna gli altri Stones non gli diedero ascolto.
Il successo è clamoroso. La Decca Records dichiara l’esaurito tecnico, i magazzini non hanno più scorte e non si riesce a ristampare un numero tale da soddisfare in tempo tutte le richieste.
E’ il primo singolo degli Stones a diventare numero Uno negli Usa, il quarto in Inghilterra. In Europa, i primi giorni, il pezzo verrà trasmesso solo dalle radio pirata per il contenuto troppo sessualmente esplicito ma, dopo una settimana, tutti se ne fregano…in perfetto stile Jagger/Richards.
Il successo ha divorato anche la censura.
Il brano più celebre dei Rolling Stones è contenuto nel disco Out Of Our Heads, uscito il 30 luglio del 1965.
L’album costituisce un decisivo giro di boa nel modus operandi degli Stones; basta dischi composti da dieci cover di classici RN’R e R&B e due o tre pezzi personali, come nei precedenti LP, ma un alternarsi al 50% di cover e pezzi realizzati in proprio: la differenza sta nel fatto che adesso i pezzi forti sono quelli di nuova composizione. Sul versante delle cover, a proposito, degne di citazione sono Mercy Mercy, forte di un suono di chitarra con saturazione da manuale, e la Hitch Hike di Marvin Gaye, il cui incipit verrà trasfuso pari pari da Lou Reed in There She Goes Again (Velvet Underground & Nico, 1967): tra parentesi, non sarà neppure l’unico suo plagio dagli Stones.
Dulcis in fundo, ci sono i sette pezzi scritti dagli Stones. The Under Assistant West Coast Promotion Man è un sostenuto blues estremamente gradevole che, come suggerisce il titolo stesso, funge da ringraziamento ai “backroom boys” del music business da parte dei Nostri; mentre I’m All Right consiste in un pezzo beat dall’incerta identità, seppure decisamente proteso verso le nuove sonorità Stones. Da notare che tanto The Under Assistant… quanto I’m All Right sono edite con lo pseudonimo di Nanker Phelge.
Di Satisfaction si è già detto: segue a ruota The Last Time, altro classico Stones coronato da un riff davvero notevole, in tutta la sua scivolosa semplicità. Non meno succulente sono Play With Fire e The Spider And The Fly; la prima è una splendida ballad per voce, chitarra ed harpsichord, divenuta anch’essa con gli anni un classico del gruppo. La seconda consiste in un arrancante blues dall’appeal irresistibile, reso ancor più accattivante dai ricami di armonica di Mick Jagger. Fanalino di coda è One More Try, episodio posto dagli Stones a epitaffio delle loro digressioni beat. La strada giusta è stata comunque imboccata: la svolta definitiva è alle porte, anche se occorrerà aspettare il ’68, col “diabolico” Beggars Banquet.