#TellMeRock, 31 dicembre 1969. Jimi Hendrix al Fillmore East e quei concerti che scrissero la storia

EDITORIALE – Dopo l’esibizione a Woodstock, a metà agosto del 1969, Jimi Hendrix tornò a concentrarsi sul trio come formato per le sue esibizioni. Gli Experience si erano sciolti qualche mese prima e Jimi decise di chiamare il noto batterista Buddy Miles, affiancandolo al bassista Billy Cox che già faceva parte del gruppo più allargato che si era esibito a Woodstock e che comunque Jimi conosceva sin dal periodo passato assieme nell’esercito americano.

I tre provarono freneticamente per tutto l’autunno del 1969 e, finalmente, i quattro concerti previsti al Fillmore East di New York per l’ultimo giorno dell’anno e per il primo giorno del 1970, fornirono la giusta occasione per un debutto che era molto atteso. I quattro concerti furono registrati e in qualche modo anche filmati e già all’epoca fornirono il materiale per l’album Band of Gypsys che ebbe, giustamente, grandissimo successo. In particolare, quel famoso album, pubblicato poi a fine marzo del 1970, pochi mesi dopo la registrazione, venne realizzato prendendo 6 brani dal terzo e dal quarto concerto. Poi successivamente, molti anni dopo, a febbraio del 1999, venne pubblicato un doppio album, intitolato Live at Fillmore East. In questo caso vennero usati 16 brani, tratti da tutti e quattro i concerti.

Per questo ottimo Machine Gun viene usato un criterio più filologico: gli undici brani qui presentati sono tutti tratti dal primo concerto e sono in ordine cronologico. Il repertorio è praticamente tutto nuovo, con l’inclusione di due blues già ben noti come “Hear My Train a Comin‘” e “Bleeding Heart” e di un brano di Jerry Ragovoy (“Stop”) proveniente dalla tradizione soul alla quale era particolarmente legato Buddy Miles.

Di particolare rilievo è l’esplosiva “Machine Gun” che fa qui il suo debutto assoluto in concerto e in forma completa, anche se era emersa già qualche mese prima in qualche occasione minore. Epica!!

I due blues sopra citati sono brillantemente eseguiti, molto vissuti e dilatati. Il pubblico sembrò un po’ soffrire per l’assenza nel repertorio di brani noti di Hendrix e il chitarrista fece una correzione in corsa aggiungendo, per i tre concerti successivi al Fillmore East, brani ben noti come “Fire,” “Purple Haze,” “Foxy Lady,” “Voodoo Child (Slight Return),” “Stone Free,” “Hey Joe” e “Wild Thing.”

Il concerto è sicuramente caratterizzato da quelle piccole distonie che succedono quando un gruppo debutta ed è alle prese con un nuovo repertorio, mai collaudato prima di fronte al pubblico. Ma è comunque un concerto molto onesto, pieno di passione, pieno di voglia di riprendersi la centralità della scena che sembrava essere sfuggita di mano dopo la fine del tour estivo con gli Experience.

Le reazioni della critica furono inizialmente abbastanza fredde, anche se in realtà, riascoltando oggi questi brani ci accorgiamo che siamo di fronte ad un picco importante nella carriera di Hendrix e siamo costretti a rivalutare moltissimo questo gruppo che durò pochissimi mesi.

Dopo una brevissima esibizione con questo trio, al Madison Square Garden di New York, verso fine gennaio del 1970, Hendrix decise di richiamare Mitch Mitchell alla batteria, mantenendo Billy Cox al basso. I tre furono impegnati per un lungo tour primaverile-estivo negli States, poi si spostarono in Europa a fine agosto per il Festival di Wight e un breve tour fra Scandinavia e Germania. Billy Cox ebbe dei problemi di salute e tornò negli USA. Jimi si fermò a Londra, incerto sul da farsi e il 18 settembre ebbe il fatale incontro col suo destino, al Samarkand Hotel di Portobello.

Il mondo non sarebbe stato più lo stesso.

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