EDITORIALE – Bene gentilissimi signori e signore, è arrivato il momento di presentarvi uno degli album che di solito riesce a ben distogliermi dall’egemonia Floydiana, Zeppeliniana ed Hendirixiana delle mie playlist. E bisogna tornare al 1969: raschi di vinile, mode che cambiano e un nuovo decennio che si apre e che cambierà la storia non solo del rock, ma della musica in generale.
Let It bleed, pubblicato il 5 dicembre del 1969, è per me il piu’ bel disco dei Rolling Stones.
Segue il filone del precedente Beggar’s Banquet, ma cambia il loro modo di suonare rispetto ai primi anni ’60, poiché le tecniche di registrazione si sono evolute, e in Let it bleed abbiamo un suono nuovo e canzoni diverse.
Diverse nel senso della composizione. Magari meno immediate al primo ascolto, meno melodie , per quanto bellissime, così d’impatto, ma canzoni stupende che con gli anni sono assunte al ruolo di veri e propri capolavori.
Si dice che il titolo dell’album (lascialo sanguinare) possa essere stata una risposta all’ottimismo dei Beatles di Let it be.
Questo album e’ certamente il disco di Keith Richards. Sia Brian Jones, presente soltanto in 2 brani , che Mick Taylor che da poco l’aveva sostituito, hanno avuto una scarsissima partecipazione. Molti sono stati i musicisti che hanno collaborato alla creazione di questo ‘’masterpiece’’.
La prima canzone ad essere incisa fu You Can’t Always Get What you Want, il 17 Novembre 1968,
tant’e’ che fu proposta per la prima volta ‘’live’’ al Rock’n roll Circus nel dicembre 1968 addirittura circa un anno prima della pubblicazione dell’album.
Sono infinite le storie che circondano e avvolgono questo pezzo e non basterebbe un’ora per raccontarvele tutte, perciò mi limito ad alcune.
Jagger la scrisse alla chitarra acustica, ma fu pubblicata solo come lato B di Honky Tonk Women, leggermente accorciata.
Il London Bach Choir, che funge da coro nel brano ed è formato da 60 bambini, tentò di togliere il proprio nome dai crediti quando seppe che l’album si sarebbe intitolato Let It Bleed, e che conteneva, inoltre, un brano sullo strangolatore di Boston Midnight Rambler.
E’la canzone che viene suonata al funerale di Alex, l’indimenticabile scena iniziale del Grande Freddo.
Nelle versione iniziale non c’è Charlie Watts, perché incapace di seguire quel ritmo atipico e irregolare. Alle registrazioni stava assistendo il produttore Jimmy Miller che a un certo punto disse a Watts: “Guarda, ti faccio vedere io”, Watts replicò: “Suonala tu, allora”, e lasciò la sala.
Gli Stones non fecero una piega, invitarono Miller alla batteria e sostituirono Watts.
Ma la storia più bella che riguarda questo brano ha a che fare con il Mr.Jimmy citato in una strofa. Non è il sopracitato Jimmy Miller, ma Jimmy Hutmaker, un ragazzo leggermente disabile di Excelsior, un paese del Minnesota dove gli Stones fecero tappa nel 1964 per un concerto.
Jagger entrò in un drug store a comprare una Cherry Coke che, prima di essere testata dalla Coca Cola nel 1982 e poi commercializzata nel 1985, era una semplice Coca Cola con ciliegie vere dentro. Quando il commesso disse al cantante degli Stones che non avevano Cherry Coke, Jagger non voleva crederci ed esclamò: “Non avete Cherry Coke?” e Jimmy, che era in fila proprio dietro di lui disse: “You Can’t Always Get What you Want…” (Non puoi sempre avere ciò che vuoi).
Per ricompensarlo di quello spunto, Jagger mandò una limousine a prendere il ragazzo per portarlo al concerto e così avrebbe continuato a fare negli anni, ogni volta che gli Stones tornavano a suonare da quelle parti, fino alla morte di Jimmy, purtroppo avvenuta il 3 ottobre 2007.
Le sessions vere e proprie di Let It Bleed sono cominciate agli Olympic Studios di Londra il 9 febbraio 1968, con una riedizione proprio di You Can’t Always Get What you Want, le prime takes di Love In vain e Midnight Rambler e una Sister Morphine che poi sara’ dirottata su Sticky Fingers due anni dopo.
Non e’ chiarissimo se tutta You Can’t fosse stata registrata nel novembre 1968 , ma quello che e’ certo che in quella data e’ stato registrato il coro introduttivo alla canzone dal London Bach Choir arrangiato da Jack Nitzsche.
Abbiamo in questa session Brian alle percussioni in Midnight Rambler, Ry Cooder al mandolino e Mick taylor alla chitarra in Love In vain e sempre Cooder alla chitarra e Jack Nitzsche al piano in Sister Morphine.
Le sessions si interrompono per tutta la primavera 1969, per riprendere in maniera seria a maggio con delle takes di You got the Silver, Midnight Rambler e Love In Vain . Il primo giugno 1969. e’ la volta di Honky Tonk Women , canzone che ha fatto la storia del rock, ma lasciata fuori dall’album per lasciare il posto ad una sua versione country….’’Country Honk’’.
In Honky Tonk Women abbiamo al piano Ian Stewart, loro amico, road manager, tutto fare, escluso da Oldham dalla band per una sua personale immagine che non aveva nulla a che vedere con gli altri Stones. Da giugno a luglio nascono altri brani , ma non tutti saranno inclusi nell’album.
Ecco il risultato di quelle sessions : Monkey Man, Let It Bleed, Gimme Shelter, Jiving Sister Fanny, I’m Going Down, e I Don’t Know Why. Questi ultimi 3 pezzi verranno inclusi nel 1975 in Metamorphosis in quella che e’ stata una discutibile operazione discografica della Decca Records, contro il parere degli Stones.
Sono comunque delle chicche impedibili che sarebbero state bene in qualsiasi album della band, in particolar modo I Don’t Know Why e Jiving Sister Fanny.
Monkey Man è unrock costruito sulla base di un arrangiamento in uptempo possiede un bizzarro e surreale testo nel quale Jagger dichiara: «tutti i miei amici sono dei drogati», facendo allusioni al crescente consumo di stupefacenti da parte del gruppo, ed ironizza sulle accuse di satanismo fatte alla band a causa di Sympathy for the Devil («Spero non ci consideriate troppo messianici, o magari un po’ troppo satanici… »).
Grande protagonista del brano è il pianoforte suonato da Nicky Hopkins, le cui progressioni melodiche si mescolano ai riff di chitarra di Richards. Composta da Mick Jagger e Keith Richards ed incisa nell’aprile 1969, Monkey Man inizia con una caratteristica introduzione che contiene vibrafono, basso, chitarra, e piano. Richards suona il riff principale e l’assolo centrale alla slide guitar, Jagger offre una delle sue performance canore più estreme urlando a squarciagola: «I’m a Monkey!» (“Sono una scimmia!”), il produttore Jimmy Miller suona il tamburello, Nicky Hopkins il piano, il compianto Charlie Watts la batteria, mentre Bill Wyman suona vibrafono e basso.
Nel 1990, il brano è stato fatto oggetto di riscoperta da parte di critica e pubblico conquistandosi il rango di classico degli Stones, grazie all’inclusione nella colonna sonora del film Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese.
Da settembre in poi parte l’organizzazione per il prossimo tour americano, il cosiddetto Satanic Tour.
Altra pietra miliare di questo favoloso ed epico album è la splendida Gimme Shelter, marchio a fuoco di Let It Bleed, canzone meravigliosa e “Song of the year 1969’’.
Colonna sonora di molti films dell’epoca ma anche recenti, su tutti memorabile la scena di The Departed, al piano vede il grande Nicky Hopkins e alle percussioni Jimmy Miller. Nelle sessions di ottobre e’ stata aggiunta la voce di Merry Clayton.
Gli Stones l’hanno proposta dal vivo gia’ nel loro imminente tour, ma anche nel corso dei decenni seguenti con delle versioni fantastiche cosi’ diverse fra loro ma sempre di grandissimo impatto. Fra tutte quelle del tour Europeo 1973 con degli assoli di chitarra di Mick Taylor inarrivabili e quella del concerto al Paradise Club ad Amsterdam durante il Voodoo Lounge Tour.
Ma in ogni caso la versione originale a mio parere resta la più bella ed inimitabile…..una canzone che ha fatto la storia del rock.
Gimmie Shelter (successivamente ribattezzata Gimme Shelter), un apocalittico inno antimilitarista che contiene riferimenti alla guerra, all’omicidio, e allo stupro.
Nel corso di una intervista del 1995 concessa alla rivista Rolling Stone, Mick Jagger dichiarò che il clima di paura e violenza che si respirava all’epoca (1969), conseguenza del crollo degli ideali e dell’escalation della Guerra in Vietnam, ebbe una forte influenza sulla composizione dei brani di Let It Bleed. Nello specifico, Gimme Shelter è stata definita dalla critica come “una canzone sulla fine del mondo”, un’anticipazione in musica dell’apocalisse. Il brano vede la partecipazione della cantante soprano Merry Clayton, che svolse un ruolo fondamentale nel coro della canzone duettando con Jagger. Quando venne contattata dagli Stones, la Clayton aveva già una corposa carriera alle spalle che l’aveva vista cantare in diverse incisioni di artisti come Burt Bacharach e Ray Charles.
La traccia si apre con la lugubre ma scintillante introduzione chitarristica suonata da Keith Richards con un effetto tremolante, per poi sfociare in una tempesta sonora che il critico musicale Greil Marcus arrivò a definire “la più grande canzone rock mai registrata“. La prima versione della canzone venne registrata in una grande sala agli Olympic Studios di Londra tra febbraio e marzo 1969; la successiva versione con la Clayton fu incisa e perfezionata a Los Angeles ai Sunset Sound Studios e agli Elektra Studios nell’ottobre e novembre dello stesso anno. Nicky Hopkins suona il piano; il produttore Jimmy Miller le percussioni; Charlie Watts la batteria; Bill Wyman il basso; Jagger suona l’armonica e canta.
Brian Jones non era presente durante le sessioni per la canzone.
Altra meraviglia è Love In Vain, un blues di Robert Johnson composto nel 1929, in un primo tempo erroneamente accreditato a Woody Payne, tradotto e arrangiato da Mick Jagger e Keith Richards.
Un altro grandissimo brano che provoca emozioni forti e suonato con grande perizia. Ry Cooder al mandolino , Mick Taylor alla chitarra. Bellissima la slide guitar dello stesso Taylor che possiamo apprezzare nel film relativo al tour del 1969 ‘’Gimme Shelter’’ tratta dal concerto di Baltimora.
La versione degli Stones, con il contributo speciale di un giovane Ry Cooder al mandolino, possiede qualche accordo aggiuntivo rispetto all’originale e un arrangiamento maggiormente country. È un sentito omaggio da parte della band al Blues come autentica e genuina forma d’arte americana, ma senza nessun intento calligrafico, piuttosto come assimilazione totale e reinvenzione del genere stesso.
Le prime copie dell’edizione statunitense dell’album pubblicate dalla London Records, indicavano come autore del brano tale “Woody Payne”, che era lo pseudonimo talvolta utilizzato da Johnson. La cosa creò qualche problema legale di copyright, e nelle successive stampe la dicitura venne corretta attribuendo la traccia direttamente a Robert Johnson