EDITORIALE – La canzone che da il titolo al leggendario album dei Clash, pubblicato il 14 dicembre del 1979, rappresenta la piena eterogeneità di tutta l’opera. Celebre la copertina di Pennie Smith, dove Paul Simonon spacca il basso sul palco del Palladium di New York (il 21 settembre del 1979), in quello che fu, probabilmente, l’unico episodio di “rottura volontaria” di uno strumento da parte della band al termine di White Riot.
La grafica cita in modo esplicito il primo album di Elvis Presley, per ammettere l’importanza del passato (i Clash erano l’unico gruppo punk a riconoscere la validità di chi era venuto prima di loro), ma anche per catturare l’iconografia del punk, dove si faceva a pezzi tutto quello che non serviva o non era necessario.
La copertina del singolo, pubblicato il 7 dicembre del 1979, mostra due ragazzi che ascoltano Nevermind the Bollocks dei Sex Pistols e Highway 61 Revisited di Bob Dylan, Please Please Me dei Beatles e il primo album di Elvis e degli Stones.
London Calling è un brano epico e deliziosamente sarcastico (Londra affonda e io vivo lungo il fiume, canta Strummer), che si riferisce in parte all’incidente avvenuto nella centrale nucleare di Three Mile Island, in Pennsylvania, e in parte ai problemi che stava affrontando Londra e l’Inghilterra tutta in quegli anni: disoccupazione, violenza, conflitti razziali e abuso di droghe.
Come ha giustamente fatto notare Marcus Gray della BBC, London Calling è il classico esempio di canzone diventata ormai così familiare che il suo significato originario è andato ormai perduto: “È immediatamente riconoscibile – ha detto – e, a un livello superficiale, può sembrare un perfetto invito a visitare la capitale inglese e ad assistere all’evento sportivo più importante del mondo. In realtà, però, parla della fine del mondo, almeno per come lo conosciamo”.
Gray si riferisce alle Olimpiadi di Londra del 2012 per la cui pubblicità è stata usata proprio la canzone dei Clash in modo del tutto inappropriato, per l’appunto, dato che la canzone parla di un argomento che non ha nulla a che vedere con lo sport. È per questo che a tanti è apparso inopportuno utilizzarla come inno della capitale inglese.
L’espressione “London Calling”, infatti, veniva usata durante la Seconda Guerra Mondiale come frase iniziale di ciascuna trasmissione radiofonica della BBC: “Qui è Londra che trasmette – dicevano i radiocronisti dell’epoca – ecco le notizie dalla Gran Bretagna aggiornate fino a questo momento e riportate fedelmente”. In sostanza, quando i Clash hanno composto questo pezzo pensavano al terribile periodo della guerra, ma non solo.
Anche Mick Jones, ha più volte condannato l’utilizzo della canzone come inno della città. In una vecchia intervista, il chitarrista della band ha fatto chiarezza su uno dei versi più discussi del brano, ossia la frase “Phony Beatlemania has bitten the dust”, che significa “la falsa Beatlemania ha fatto mangiare tanta polvere”. “Queste parole si riferivano a tutte le band che si consideravano rock e che popolavano Londra verso la fine degli anni ’70 – ha spiegato – noi eravamo fan dei Beatles, degli Who e dei The Kinks, ma volevamo sottolineare tutte queste cose… il nostro messaggio era più importante e voleva dire che le cose stavano andando in pezzi”.
Il singolo London Calling uscì come detto il 7 dicembre del 1979 e in quell’anno erano accadute davvero tante cose: il reattore della centrale nucleare di Three Mile Island, in Pennsylvania, si fuse provocando il rilascio di piccole quantità di gas radioattivi nell’area, a Londra il Tamigi rischiò di straripare e ci fu una seria minaccia di alluvione, i giornali, insomma, non facevano altro che parlare di catastrofi imminenti. Nella canzone, non a caso, Joe Strummer canta: “Un errore nucleare, ma non ho alcuna paura, Londra sta annegando e io vivo vicino al fiume”. Il musicista canta di non avere paura perché, vivendo vicino al fiume, sarebbe stato tra i primi a morire, dunque è come se avesse accettato il suo ineluttabile destino.
La canzone, però, è diretta ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze che dovrebbero svegliarsi, prendere coscienza di tutto ciò che sta accadendo intorno a loro e reagire, lasciandosi alle spalle il passato e ciò che significava. In un suo articolo, il giornalista britannico Alan Connor spiega: “Questo brano celebra Londra ma allo stesso tempo ripudia l’idea che si aveva di Londra nel decennio precedente – ha scritto – quando Strummer canta ‘we ain’t got no swing’ penso che volesse invitare a gettare nella spazzatura gli autobus rossi, i taxi neri e quel tipo di città”. Tutto ciò che resta, secondo il cantautore, è “the ring of the truncheon thing”, ossia l’anello del manganello, altro simbolo della capitale britannica.
In sostanza, i Clash con questo brano invitavano tutti ad abbandonare l’idea di Londra diffusa negli anni ’60, ossia quella di una città turistica e in un certo senso frivola, per concentrarsi sui problemi reali e attuali. London Calling è un’icona del punk entrata ormai nella storia di questo genere e, per il suo significato complesso e profondo, non dovrebbe essere utilizzata per pubblicizzare quell’idea di Londra che, al contrario, i Clash volevano cancellare.