EDITORIALE – Vuoi perchè nato da esigenze particolarmente poco ispirate, vuoi perchè messo insieme in una fase sicuramente poco serena, Nick Mason reputa A Momentary Lapse Of Reason un “album figlio di una volontà meno artistica e più personale”. E se molti non sembrano condividere il suo punto di vista (specie quando giudica The Division Bell migliore), gli dò atto che sulla lunga distanza questo lavoro ha una volontà più sentimentale e di immagine più che di sostanza, quasi a voler dimostrare che i Pink Floyd possono sopravvivere anche senza il mentore Roger Waters
A Momentary Lapse of Reason,, pubblicato il 7 settembre 1987, doveva essere l’album del grande ritorno, la scommessa commerciale più ardita, la dimostrazione che, come suddetto, il gruppo anche senza Waters poteva arrivare in alto mantenendo inalterata la qualità. Di fatto una creatura gilmouriana votata a voltare pagina senza tradire o deludere il pubblico e i fans, armata di quanti più orpelli potessero tenere fede alla tradizione floydiana: copertina concettuale mirabolante, suoni di nuova generazione, testi di spessore e ovviamente un tour galattico capace di far rivivere i fasti multimediali degli anni ’70 anche alle nuove generazioni nel mondo intero. E sul piano pratico la cosa ha indubbiamente funzionato: vendite eccellenti, concerti da tutto esaurito, un ritorno all’attenzione generale degno dei tempi di The Wall, (si pensi anche alla data di Venezia entrata nella leggenda del 15 luglio 1989).
Questo disco è un momento di pausa per ordinare nuovamente le idee, un disco in cui le redini del gruppo vengono prese da un Gilmour finalmente libero di potersi esprimere, sia nel ruolo di cantante che di chitarrista, libero dalla presenza pressante ed egocentrica del Waters di fine anni ’70. Tutti i brani di questo album vengono da lui composti insieme ad alcuni arrangiatori esterni. Anche la produzione è nelle mani del chitarrista, con l’aiuto di Bob Ezrin, nome noto per aver prodotto nelle medesime condizioni anche The Wall con i Pink Floyd.
Il disco si apre con una strumentale Signs Of Life che subito ci introduce in un ambiente ricco di suoni naturali, che ci fanno percepire nello sviluppo del pezzo una sorta di incertezza e di inquietudine interiore, che poi viene spazzata via da una chitarra pulita ed eterea.
Il tema del volo, inteso come liberazione di se stessi e ricerca del senso della propria vita, è al centro di Learning to Fly, una delle canzoni più riuscite dell’intero album, in cui la voce di Gilmour accompagnata da un uso magnifico dei cori e dei controcanti, trova spazio nel ritmo trascinante costruito da Mason.
Con The Dogs of War l’aria leggera e introspettiva del disco diventa pesante e tempestosa fin dai primi secondi. Il tema della guerra si affaccia nuovamente nei testi dei Pink Floyd: la canzone è una critica a tutti gli uomini che non capiscono che il mondo che stanno distruggendo è lo stesso per tutti e quindi alla fine non ci sarà nessun vincitore, ma soltanto vinti.
Puoi bussare a qualunque porta
ma ovunque vai sai già che sono stati lì prima di te.
E così i vincitori possono anche perdere e le cose venire distrutte
ma qualunque cosa cambi, sai già che i cani resteranno.
Un mondo, è un campo di battaglia.
Un mondo, lo faremo a pezzi?
One Slip si discosta da tutto quello che abbiamo sentito finora, con dei ritmi molto più veloci e influenzati dall’uso dei sintetizzatori tipici degli anni ’80, un po’ troppo semplificati per quello che ci si aspetta dai Pink Floyd. Fortunatamente ci pensa On the Turning Away a rimettere tutto in ordine, creando qualcosa che ci scava nell’anima in una riflessione profonda: è così facile voltare le spalle e allontanarsi da chi soffre? Il sentimento che viene trasmesso durante tutta la ballad è di trovarsi di fronte a qualcosa di enorme e che ci ammutolisce, un continuo crescendo di emozioni, che culmina in quello che probabilmente è l’assolo di Gilmour più bello di tutto il disco.
I tempi rallentano con Yet Another Movie, riportandoci ai lunghi spazi e a quella lentezza riflessiva a cui il gruppo ci ha abituato Un brano costruito sui disloghi del film Casablanca e in cui l’armonia psichedelica degli anni d’oro sembra essere tornata in maniera forte e sontuosa.
La successiva Round and Around è un brevissimo strumentale che costituisce l’atto finale della canzone precedente. A New Machine Pt.1, Terminal Frost e A New Machine Pt.2 scorrono lisce una dietro l’altra, come fossero un’unica canzone: qui è dato ampio spazio alla musica e sono relativamente poche le parole, fredde e ciniche sul sentimento che si prova quando ci si rassegna nella totale solitudine dei propri pensieri.
Ti senti mai stanco di aspettare?
Ti sei mai sentito stanco di restare qui dentro?
Non preoccuparti, nessuno vive all’infinito.
Questi versi, tratti da A New Machine Pt.1, ci fanno rendere conto quanto sia terribile rimanere sospesi, senza avere la possibilità di trovare una soluzione e di quanto sia amara l’unica consapevolezza che ci rimane: quella che nessuno vive per sempre.
Chiude il disco Sorrow che ci trasmette una sensazione di dolore completa, essendo una traccia elaborata e dominata da una chitarra violenta e distorta. Questo è il momento in cui si percepisce tutto il senso del disco, il dolore che si prova quando si è schiavi delle proprie catene mentali, dei ragionamenti complessi, che al momento di spiccare il volo, ci bloccano lasciandoci definitivamente a terra, immersi nel dolore di aver perso qualcosa che sappiamo non tornerà. Per Gilmour questo pezzo segna il vero senso di svolta nella storia dei Pink Floyd
Questo disco non avrà di certo le atmosfere di The Dark Side of the Moon e neanche le trame complesse di The Wall, ma sicuramente riesce a trasmettere una sensazione di distacco positiva rispetto a ciò che vi è stato prima d’esso. Il cambio di sonorità rispetto ai dischi precedenti si sente e non è affatto sgradevole. Quello che i superstiti della tempesta ci vogliono far sentire è che il gruppo sta cambiando rotta, con un Gilmour al timone del vascello e che in questo breve lasso di tempo hanno bisogno di fare chiarezza, con un disco che trasuda un senso di incredibile spontaneità.
Nonostante la perdita di un compositore eccentrico come Waters, soprattutto dopo aver sentito un disco come The Final Cut, si prova una strana sensazione di libertà ritrovata in A Momentary Lapse of Reason. La cosa più piacevole è che ci si accorge del cambiamento stilistico dei Pink Floyd, senza però avere l’impressione che l’anima sia cambiata. L’anima è solamente evoluta e questo disco ce lo dimostra.
Una nuova edizione di A Momentary Lapse Of Reason, è stata pubblicata lo scorso 29 ottobre 2021.
Remixato e aggiornato dai nastri originali del 1987 per The Later Years da Andy Jackson e David Gilmour, assistiti da Damon Iddins, l’album è disponibile su vinile, CD, DVD, Blu-Ray e in digitale con mix Stereo e 5.1.In aggiunta, per la prima volta, l’album sarà presentato in 360 Reality Audio, una nuova esperienza musicale immersiva che replica in modo molto simile il campo sonoro onnidirezionale delle performance live per l’ascoltatore, utilizzando le tecnologie 360 Spatial Sound.
A Momentary Lapse of Reason sarà inoltre pubblicato in Dolby Audio e UHD in aggiunta al 360 Reality Audio, procedimenti che continueranno con altre uscite dei Pink Floyd.