#TellMeRock, 8 Novembre 1971: Led Zeppelin IV, il Dirigibile in volo sull’Olimpo del Rock

EDITORIALE – E’ uno dei pochi album capace di distogliermi dall’egemonia floydiana ed hendrixiana che domina i miei archivi.

Oggi vi parlerò di Led Zeppelin volume IV, l’album che consegnò la band britannica all’Olimpo del rock ed uscito proprio l’8 novembre del 1971.

UNITED KINGDOM – DECEMBER 01: Photo of LED ZEPPELIN posed on a Jaguar car in London in December 1968. Left to right: John Paul Jones, Jimmy Page, Robert Plant and John Bonham.(Photo by Dick Barnatt/Redferns)

E’ l’album ‘chiave’ della storia dei Led Zeppelin, il volume III vende un botto ma meno di quanto aveva venduto il volume II e di quello che venderà appunto il quarto capitolo della saga discografica, progettato e nato durante un soggiorno gallese.

In successione troviamo tre dei migliori rock n’roll del dirigibile, su tutti quello che osa per l’appunto chiamarsi Rock & Roll e che condensa in 3’40 vent’anni di storia del genere ma in particolare i suoi primordi, Elvis, Jerry Lee e più di loro Little Richard.

Il bello arriva poi in sequenza ordinata ed energica allo stesso tempo, con la dimostrazione che non tutti i testi devono per forza passare alla storia ed essere analizzati e studiati sui banchi di scuola.

Robert Plant voleva prendersi una vacanza dalla serietà assoluta e dal fervore religioso con cui venivano accolte le sue parole al tempo dei Led Zeppelin.

Voleva, sono parole sue, “un testo di quelli che si scrivono nel bagno dello studio”, mettendo insieme rime e assonanze solo per il gusto di farlo.

John Paul Jones era arrivato in sala d’incisione con un’idea di canzone, nata dall’aver ascoltato Electric Mud di Muddy Waters. Voleva un blues elettrico con un basso dominante insomma.

Insieme agli altri Zeppelin, mise a punto il brano in un pomeriggio, Plant si ritirò davvero in bagno per scrivere il testo o almeno per cercare ispirazione. Dalla finestra vide un labrador nero che gironzolava per gli studi di Headley Grange.

Pensò che Black Dog fosse un ottimo titolo, ma poi scrisse un testo che non c’entrava niente con un cane (a parte qualche immagine), perchè raccontava essenzialmente il desiderio per una donna.

Il titolo lo tenne ugualmente, il brano uscì come singolo il 16 gennaio del 1971 ed è inserito nel capolavoro Led Zeppelin IV.

Robert Plant fu comunque punito per aver scritto un testo senza troppe pretese. Black Dog fu infatti accusata di satanismo, partendo da quel verso che dice: Eyes that shine burning red (Occhi che brillano di rosso infuocato). Lui si riferiva al cane, chi ascoltò pensò che invece parlasse del demonio (molto di moda in quegli anni, infatti vennero accusati di satanismo anche i Beatles e i Black Sabbath).

Persino il titolo fu fu considerato un’allusione satanica. Essendo dog il rovesciamento della parola god, molti si convinsero definitivamente che Black Dog fosse un inno al dio nero, cioè Satana.

Se solo avessero saputo che Robert Plant l’aveva partorita in bagno…

Dopo lo slancio di Black Dog, farina più che altro del sacco di John Paul Jones come non accadeva da Your Time Is Gonna Come, arriva When The Leeve Breaks, pezzo che viene da molto lontano, essendo datato 1929 come da registrazione primordiale di Memphis Minnie. Il brano ha un passato ma avrà anche un futuro, visto che la sua batteria, suonata dal leggendario Bonham detto “Bonzo”,  sarà una delle più campionate dell’hip hop, a cominciare dai Beastie Boys di Rhymin & Stealin’ o usata come colonna sonora anche nel film ‘Argo’.

Al lato opposto si posizionano The Battle Of Evermore e Going To California, sublimi ballate che in modo differente si inchinano, la prima, dinnanzi a Sandy Denny, che vi è ospite, la seconda a Joni Mitchell.

In mezzo Misty Mountain Hop e Four Sticks, ma soprattutto Stairway to Heaven , che merita un capitolo a sé.

Difficilissimo riassumere l’importanza di questo brano. Per dare un’idea di quanto amore abbia seminato, basti dire che è la più famosa rock song di tutti i tempi pur senza essere mai stata pubblicata come singolo. Punto. Altro paradosso: è il brano più rappresentativo dei Led Zeppelin pur costituendone un’anomalia, perché è l’unica ballata pura della band, al punto che l’accoglienza ai primi tempi era stata molto fredda, (la prima volta in assoluto fu il 5 marzo del 1971 a Belfast). Il primo riferimento conosciuto di una “scalinata verso il paradiso” si trova nella Bibbia nel libro della Genesi, versetto 28:12, quando in sogno a Giacobbe vengono ribadite le promesse fatte ad Abramo. Ma la ricerca spirituale di Robert Plant, autore del testo, aveva poco a fare con il cristianesimo. Aveva da poco terminato di leggere Magic Arts in Celtic Britain di Lewis Spence, esperto di occulto scozzese. Proprio l’interesse di Plant verso la magia e l’amore di Jimmy Page per Aleister Crowley, padre del satanismo, svilupparono l’assurda teoria che una strofa di Stairway to Heaven ascoltata al contrario contenga un inno al demonio, tesi sempre smentita dagli Zeppelin.

La prima volta che Plant ascoltò queste teorie fu alla radio, una domenica mattina. Non riusciva a credere a quello che aveva sentito.

Il brano è così fortemente  legato alla voce del frontman degli Zeppelin che, quando la band si sciolse, Jimmy Page non permise mai a nessun altro cantante di un suo gruppo di eseguirla; in alcune occasioni si limitava a una versione strumentale.

Stairway to heaven fu scritta davanti al camino di una villa chiamata Headley Grange, senza elettricità, ma con una grande acustica. Plant ha più volte dichiarato di avere l’impressione che qualcuno stesse muovendo la matita al posto suo. Forse è questa la ragione per cui alcuni passaggi non sono chiari nemmeno a lui.

La Corte d’appello di San Francisco, proprio lo scorso 10 marzo, ha stabilito che il brano non è un plagio,  chiudendo una battaglia legale durata anni e confermando che il leggendario gruppo rock britannico non ha “copiato” il brano “Taurus” degli Spirit, un gruppo californiano in attività negli anni ’60, per comporre il suo successo planetario, pubblicato nel 1971.

La corte, composta da undici magistrati, ha confermato il giudizio reso in prima istanza a Los Angeles nel 2016.

Tornando a Led Zeppelin IV, non è certo se sia davvero il loro “disco perfetto”, ma “Zoso” esaudirà ampiamente il desiderio degli Zeppelin di battere ogni record, vincendo tutte le diffidenze dei discografici, che vedevano come fumo negli occhi la provocazione della copertina “anonima”. Supererà i dieci milioni di copie solo negli States e diverrà il loro album più venduto di sempre. Ma sarà anche l’ultimo trionfo di Page e compagni. Dopo l’autunno caldo del 1971, infatti, il Dirigibile inizierà la sua parabola discendente.