#TellMeRock, 8 Novembre 1972: Lou Reed, il suo ‘giorno perfetto e quel Transformer in coppia con Bowie

EDITORIALE – L’uomo sta guardando la televisione. Il lancio in orbita di un satellite. Gli piace guardare queste cose in televisione. Un satellite verso Marte, il quale, sarà presto “un parcheggio per macchine”. Che bello pensare a un satellite dell’amore, che tristezza pensare invece a quello che lei ha avuto il coraggio di fare con un altro. Con altri, non solo uno, ma tre: Harry, Mark e John. L’altro giorno, non solo un giorno, ma quattro: lunedì, martedì, mercoledì e giovedì… chissà se si è riposata nel weekend.

Questa è la storia di Satellite Of Love, grande brano di Lou Reed contenuto in Transformer, prodotto nel 1972 da David Bowie, presente anche ai cori. In realtà Satellite Of Love era stato scritto da Lou ai tempi dei Velvet Underground e inciso anche in un demo che avrebbe visto la luce solo nel 1995, nel cofanetto Peel Slowly and See.

Il confronto tra le due versioni mette in luce due aspetti:  il primo è musicale, la versione con i Velvet Underground era più lenta, il secondo è onomastico. I tre ragazzi con cui la fidanzata del protagonista ha avuto un rapporto hanno nomi diversi. Si chiamano Winkin, Blinkin e Nod. Nomi improbabili. Lo ammetterà poi lo stesso Lou Reed: “non volevo usare” – ha detto con inconsueto senso dell’umorismo,  -“nomi di persone che davvero potevano essere andati a letto con la mia fidanzata”.

Dopo aver dato la scossa al rock con i suoi Velvet Underground alla fine degli anni sessanta, la carriera solista di Reed è arrivata, nel 1972, a un vicolo cieco.  Il suo primo disco, Lou Reed, non ha avuto il successo sperato e l’artista newyorkese sembra a un tempo spiazzato e affascinato da quel glam rock che pure ha contribuito a far nascere. E’ David Bowie che si offre, per riconoscenza di uno dei propri maestri riconosciuti, di produrre il nuovo disco di Reed. Ed ecco che nasce Transformer, pubblicato l’8 novembre di cinquantuno anni fa.

Traccia di apertura dell’album è la celebre e carismatica Vicious, la quale, Secondo quanto dichiarato nel 1989 sulla rivista Rolling Stone, fu ispirata da Andy Warhol per il testo della canzone: Lou Reed la raccontò così: «Mi disse “Perché non scrivi una canzone intitolata Vizioso?“, e io dissi “Che tipo di vizioso?”, “Oh, sai, vizioso come se ti colpissi con un fiore”, e l’ho scritto letteralmente»

Nell’album è presente un gioiello di rara lucentezza dal titolo Perfect day. Come molte canzoni di Lou Reed del primo periodo Velvet Underground e poi da solista, potrebbe contenere riferimenti nascosti al mondo della droga.

In apparenza è un canto d’amore per una donna, da molti identificata in Bettye Kronstrad, che presto sarebbe diventata la sua prima moglie. Ma tutta la dolcezza e la meraviglia del testo, un giorno perfetto, bere sangria nel parco, dar da mangiare agli animali allo zoo, un cinema e poi a casa, i problemi dimenticati, pura felicità e basta, potrebbero non appartenere a un quadro idilliaco. La destinataria della canzone potrebbe essere l’eroina.

E’ lei che nel gergo dei junkies, regala il giorno perfetto, ti fa dimenticare chi sei e ti fa pensare di essere qualcun altro, una persona migliore. In quest’ottica è certo più facile interpretare il verso You Just keep me hanging on. E’la droga, più che una donna, a tenerti sempre legato a un filo.

A questa interpretazione si è certamente collegato Danny Boyle, che ha utilizzato Perfect Day in Trainspotting nella celebre scena in cui il protagonista va in overdose.

Diciamo che Perfect Day sta al rock come Per Elisa di Battiato sta alla canzone italiana, anch’essa al centro di doppie interpretazioni e rimandi possibili alla droga.

Transformer varia dal glam rock al blues, fino a toccare punte di una nascente new wave di cui Lou Reed e Bowie si rendono pionieri attraverso testi efficaci e musicalità a volte buie e introspettive e malinconiche.

Se in Transformer la malinconia di Lou Reed si sposa così bene con i lustrini del glam rock, il merito è anche di Mike Ronson, troppo spesso dimenticato a favore di David Bowie. Ronson, nel disco, suona la chitarra (usando una particolare tecnica con il wah-wah premuto solo a metà) e si occupa degli arrangiamenti. Ronson aveva prestato la chitarra e lo stile anche in un precedente capolavoro del genere, Ziggy Stardust di Bowie.

Ma c’è anche un lato sentimentale e descrittivo che Lou Reed mette in mostra nel suo Transformer, come la camminata sul lato selvaggio di New York, ispirata dal romanzo del 1956 di Nelson Algren, A Walk On The Wild Side. E dalla canzone omonima, tratta dal film di Edward Dmytryk del 1962, ispirato a sua volta dal libro, che ottenne anche una nomination all’Oscar come miglior canzone originale.

Algren era uno scrittore del Michigan che si era trasferito a tre anni a Chicago, dove era cresciuto nel quartiere povero e difficile del South Side (quello di Shameless, per chi segue le serie tv).  Era quello per lui il lato selvaggio, anche se il romanzo e il film erano ambientati a New Orleans.

Lou Reed, nel 1972, spostò il raggio dell’azione nella New York che conosceva bene, inserendo personaggi reali che aveva incontrato o di cui o di cui aveva sentito parlare, tutti gravitanti attorno alla Factory di Andy Warhol. Little Joe è l’attore e sex symbol Joe Dalessandro, Sugar Plum Fairy è il soprannome che aveva l’attore Joe Campbell, Holly, Candy e Jackie sono Holly Woodlawn, Candy Darling e Jackie Curtis, tre drug queen che guardavano i film di Greta Garbo e Marlene Dietrich all’una di notte e animavano la vita frenetica e notturna della Grande Mela.

In una recente intervista, Holly ha detto di aver scoperto di essere finita in una canzone dopo la telefonata di un’amica. Holly telefonò subito a Lou Reed e gli chiese:  “Come hai fatto a scrivere di me che non ci siamo mai incontrati?”. E Lou rispose: “Ma Holly, hai la bocca più grande della città…”.

La foto in bianco e nero di Lou Reed sulla copertina, divenuta nel tempo una delle sue principali rappresentazioni iconografiche, fu realizzata da Mick Rock e dieci anni dopo venne virata in colore blu e utilizzata per la copertina dell’album The Blue Mask.

E’ il Lou Reed più ispirato e introspettivo della sua carriera, che regala testi eccezionali e suoni che segneranno storia e nuove innovazioni. La produzione di David Bowie si riconosce soprattutto nelle composizioni testuali, forti e cariche di metafore, attualità e sogni da realizzare e, allo stesso tempo, annientare.