#TellMeRock, a 36 anni dall’esordio degli Stone Roses: la scena di “Madchester” e la nascita del brit rock

EDITORIALE – La prima cosa che viene in mente una volta finito di ascoltarlo, è che, pur essendo comunemente considerato il simbolo di Madchester, questo disco di “madchesteriano ” abbia veramente poco; certo, l’elemento psichedelico, la ripresa del pop anni ’60 ed il mood solare e spensierato sono ben presenti ed ancorati a quasi ogni traccia dell’opera, ma l’elemento dance, figlio diretto della neonata house music che impazzava nei locali più “in ” della città inglese, è decisamente più presente nei lavori di punta di gruppi come Happy MondaysA Guy Called GeraldParis Angels e soprattutto 808 State .

Ma dove pecca in rappresentatività, l’omonimo degli Stone Roses, 36 anni compiuti ieri, acquista senz’altro in qualità: non si tratta solo del miglior disco che abbia sfornato la scena di Madchester, ma in definitiva di uno dei migliori esempi di pop indipendente che la terra d’Albione abbia mai prodotto.

Il particolare cantato di Ian Brown, le melodie byrdsiane di John Squire e la straordinaria sezione ritmica formata da Reni  Mani  (senza dubbio i musicisti più tecnicamente dotati della band), assemblano un cocktail micidiale, fatto di ritmi freschi e di spirito adolescenziale.

L’atipica opening track “I Wanna Be Adored ”, vagamente oscura e psichedelica, introduce perfettamente una cascata di canzoni allegre e fortemente sixties: “She Bangs The Drums”, “Waterfall ”, “Elizabeth My Dear ” e “Bye Bye Badman ” , le quali sono solo alcuni esempi di un guitar pop estremamente influenzato da gruppi quali BeatlesByrdsBeach Boys e ben forgiato dall’estro creativo di uno Squire ricco di inventiva.

Assolutamente più “madchesteriani ” la psichedelica “Don’t Stop”, nata da una manipolazione dei nastri di “Waterfall ”, e la conclusiva “ I Am The Resurrection ”, con il suo groove funky e la sua danzereccia coda strumentale.

Tradiscono timide influenze smithsiane “This Is The One” e la sublime “Made Of Stone”, dalle velate tinte malinconiche e condite da delicatissimi arpeggi di chitarra.

La versione americana dell’album contiene inoltre altri due autentici capolavori come “Elephant Stone ” e “Fools Gold ”, il loro pezzo più famoso e dance-oriented .

Degna di menzione la coloratissima copertina realizzata da Squire, tanto lisergica e frizzante da rappresentare perfettamente le trame di un disco che ebbe un impatto devastante sulla scena inglese e non: difficile immaginare l’intero movimento brit pop degli anni ’90 senza questo debutto degli Stone Roses, che sembra aver lasciato segni indelebili su OasisVerve, Blur e co.

Peccato che la magia si perse quasi subito, in mezzo a questioni contrattuali e vizi da rockstar. Un altalenante seguito e le mediocri carriere soliste di Squire e Brown non rendono giustizia ad un ensemble che con questo primo, omonimo lavoro, ha scolpito una pietra miliare del pop anglosassone .

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