#TellMeRock, i 33 anni di Even Flow e quel senzatetto che ispirò i Pearl Jam

EDITORIALE – Gli ultimi, i cosiddetti invisibili e le loro storie di emarginazione e solitudine.

I clochard, i senzatetto, quelli abbandonati dalla società ma che dentro di sè portano storie e ricchezze invisibili all’occhio umano ma non a chi ha cuore e sensibilità per coglierne l’essenza.

Il rock è pieno di storie dedicate a loro. Proprio lo scorso 19 marzo ho avuto modo di raccontarvi la storia di Aqualung, capolavoro dei Jethro Tull, la quale racconta proprio la parabola di un homeless, di un senzatetto.

Era un argomento che il leader della band Ian Anderson, non sapeva come trattare, perché nutriva verso i senzatetto un sentimento  ambiguo e contrastato che non di rado generava sensi di colpa: da un lato era attratto dalla loro capacità di vivere senza regole e sovrastrutture, dall’altro non si sentiva mai totalmente a suo agio quando uno di loro gli si avvicinava per strada.

Così provò a renderne romantica al massimo la figura, insistendo sul concetto di spirito libero prima ancora che vagabondo senza casa.

Stessa storia, più o meno, accadde ad Eddie Vedder, leader dei Pearl Jam. Durante le registrazioni del loro primo album Ten a Seattle, Vedder girovagava nei dintorni dello studio in cui la band stava facendo le prove e incontrò un certo Eddie, un veterinario rimasto senza fissa dimora a cui comprò un panino.

Da qui nacque l’idea per il testo di Even Flow, pubblicato come singolo il 7 aprile del 1992.

Il testo racconta infatti in maniera molto dura cosa vuol dire vivere senza una casa, ai margini della strada e della società utilizzando un verso in particolare, “on a pillow made of concrete”, in cui descrive l’esistenza di un senzatetto mentre è costretto a dormire su un “cuscino fatto di cemento”.

Il testo vuole descrivere come una persona rimasta senza nulla sia costretta a sorridere al mondo pur di avere qualcosa per la sua sopravvivenza, a costo di sembrare fuori di testa o malato.

Ma dietro ad ogni uomo si nasconde una storia e quella di Eddie (il nome del veterinario senzatetto vicino alla sala prove) ne è una delle migliori dimostrazioni.

Durante un concerto Eddie Vedder rivelò che dopo uno dei primi tour della band in Europa, tornò a Seattle cercando il senzatetto e senza trovarlo.

Ma alla fine scoprì che aveva lasciato quella zona e si era spostato sotto un viadotto. Non molto tempo dopo il veterinario senzatetto morì, senza voler mai accettare un aiuto da nessuno.

Forse non seppe mai di Even Flow, la canzone scritta sulla sua storia. 

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