EDITORIALE – Innuendo, l’ultimo vero album dei Queen è una sorta di “testamento” ideale del gruppo.
Il quartetto inglese nel 1991 si era già ritirato dalle scene, evitando i soliti, sfarzosi tour all’epoca di The Miracle, e il crepuscolo terreno di Freddie Mercury si avvicinava inesorabilmente. In un’atmosfera certamente difficile, acuita dai contrasti tra Roger Taylor e Brian May, i quattro trovarono tuttavia l’ispirazione per generare un album di vaglia, probabilmente il loro migliore dagli anni ‘70 a quel momento.
Le registrazioni del disco ebbero inizio nel mese di marzo del 1989: appena terminate le sessioni per l’album precedente, Freddie Mercury tornò subito in sala di registrazione, per incidere qualche demo (tra cui anche una al momento inedita di Delilah). Nei mesi tra aprile e novembre, il gruppo non ebbe molto tempo da dedicare al lavoro in studio, in quanto ancora impegnato a promuovere The Miracle, e così il lavoro proseguì a rilento. Proprio in quell’anno, la sieropositività di Mercury al virus HIV (scoperta nella primavera del 1987) si trasformò in AIDS conclamato e il cantante fu costretto a rivelare le sue condizioni di salute almeno agli altri tre membri della band nel tardo novembre, quando le sessioni di registrazione per Innuendo ricominciarono.
L’album inizia non a caso con un pezzo dal sapore epico, che si propone come l’ideale successore di Bohemian Rhapsody. In sei abbondanti minuti, Innuendo rispolvera le potenzialità della band, in bilico tra impeti zeppeliniani ed estatica visionarietà, con il celebre break di chitarra flamenco in mezzo, e un testo ermetico ed enfatico al punto giusto. Il tema principale di Innuendo (dall’andamento simile a un bolero) è scaturito da una jam session tra Brian May, John Deacon e Roger Taylor. Freddie Mercury ha poi aggiunto la melodia e parte del testo, che è stato poi completato da Taylor.
Meno memorabili, ma ruspanti e godibili, sono invece i più prevedibili anthems Headlong e Hitman. Tuttavia, il cuore dell’album risiede probabilmente in quegli episodi in cui è conferito un sapore obliquo al consueto canovaccio pop del gruppo: I’m Going Slightly Mad ad esempio, sinistra e volutamente grottesca confessione di Mercury, Ride The Wild Wind, spiritata corsa nell’ultimo treno della notte, ancorata al sempre efficace drumming di Taylor, All God’s People, ubriaco e istrionico gospel a tinte forti.
L’aspetto più elegiaco ed evocativo dell’album emerge invece nei momenti in cui lo spettro della malattia di Mercury stende la propria ombra. These Are The Days Of Our Lives, morbida e circolare, ripropone la felice alchimia che ha fatto la fortuna dei Queen in venti anni di carriera. Principalmente composta dal batterista Roger Taylor, è una delle più semplici canzoni del catalogo del gruppo armonicamente e strutturalmente parlando. Conga e percussioni furono registrati da David Richards (anche se nel videoclip del brano vengono suonati da Roger Taylor).
These Are the Days of Our Lives si rifà analogamente al tema di Love of My Life del 1975, utilizzando due volte la frase «I still love you». In quest’ultima, in molti hanno notato una sorta di testamento proprio alla traccia di Innuendo, dal momento che Mercury dice: «someday I’ll be there to remind you that I still love you, I still love you» («un giorno ci sarò per ricordarti che ti amo ancora, ti amo ancora»). Fu l’ultima canzone registrata normalmente dai Queen (le ultime tre furono registrate solo dopo la morte di Mercury, che registrò solo la parte vocale nelle sessioni successive a quelle di Innuendo, e verranno infatti inserite in Made in Heaven).
Bijou è l’omaggio di May all’amico Freddie, ed è una summa del suo stile chitarristico tagliente e melodico, da molti criticato ma indiscutibilmente peculiarissimo.
E, infine, come ogni testamento, arriva la parte forte, sentimentale e allo stesso tempo dolorosa: The Show Must Go On, forse il brano quintessenziale del gruppo inglese: retorico e kitsch come da copione, con l’impianto glam che si evolve in parti strumentali e vocali complesse. Attribuita generalmente all’intera band, il brano è stato scritto principalmente da Brian May e racconta lo sforzo di Freddie Mercury che continua a esibirsi nonostante si avvicini alla fine della sua vita, sebbene la sua diagnosi di HIV non sia stata ancora resa pubblica nonostante le continue speculazioni dei media che affermavano in quel periodo che fosse gravemente malato.
Infatti nel 1990, quando Mercury dovette registrare il brano, May era dubbioso sul fatto che fosse fisicamente in grado di cantarlo. Ricordando la performance di Freddie, Brian affermòː «Dissi, “Fred, non so se sarà possibile cantare“. E lui disse: “Lo farò, cazzo, tesoro” – bevve vodka – ed entrò e fece una performance perfetta, facendo alla grande la sua parte vocale“.
The Show Must Go On è stato eseguito per la prima volta dal vivo il 20 aprile 1992, durante il Freddie Mercury Tribute Concert, dai tre componenti rimanenti dei Queen insieme a Elton John alla voce e Tony Iommi dei Black Sabbath alla chitarra ritmica. Esecuzioni successive del brano avvennero durante i concerti dei Queen + Paul Rodgers e dei Queen + Adam Lambert.
Innuendo, la cui copertina è ispirata alle illustrazioni di J.J. Grandville (illustrazione da L’Autre Monde del 1844), uscì il 4 febbraio del 1991 e già quattro giorni dopo era in testa alla classifica inglese.
È l’ultimo grandioso acuto di Farrokh Bulsara, inimitabile, inarrivabile, con cui questo grandioso personaggio ci lascia, privandoci della sua presenza, ma non della sua magia, che vive nella sua musica, nel ricordo della sua voce, nel cuore di milioni di persone che ogni giorno si emozionano ascoltandolo.