EDITORIALE – A The Edge non era mai piaciuto. Non capiva cosa ci trovasse di bello la gente. Capiva la sua importanza, certo, il ruolo che aveva giocato nelle esistenze dei neri, ma musicalmente il rythm and blues non gli diceva proprio niente. Poi era iniziato il tour americano di The Joshua Tree. E lì, viaggiando per le strade, leggendo On The Road di Kerouac e gli altri scrittori della beat generation, ascoltando le radio nere aveva capito: il rythm and blues è il sesso della musica. E’ fuoco vivo, è carne che si accende. E’ desiderio.
Ci ripensava ora, mentre componeva in solitudine in una casa del Connemara, dove si era rifugiato con Bono per trovare ispirazione e grandi brani. Mise mano alla chitarra e cercò di riprodurre quel desiderio e quella fisicità del blues. Pensò a 1969 degli Stooges, ma quello che venne fuori assomigliava più a un ritmo alla Bo Diddley. Era un revolver pronto a sparare. Bono si tuffò in quelle acque come da un trampolino in un giorno d’agosto: “Amante, sono in strada, andrò là dove le luci accese e la metropoli si incontrano con una chitarra rossa in fuoco. Lei è una candela che brucia nella mia stanza, e la febbre quando sono dentro di lei diventa sempre più alta”.
Poi a Bono venne in mente la religiosità dei concerti rock e la disonestà dei predicatori, così aggiunse la strofa: “Lei è il mio denaro, la mia protezione, la promessa in un anno di elezioni, sorella, non ti posso lasciar andare come un predicatore ruba i cuori in uno spettacolo ambulante”.
Desire fu il primo singolo estratto da Rattle and Hum, perla degli U2 pubblicato il 10 ottobre del 1988.
Il percorso creativo degli U2 negli anni ‘80 fu impregnato da una teatralità magniloquente tipica di quel decennio, benché – curiosamente – il quartetto dublinese fosse stato l’unica ancora di salvezza per legioni di rockettari in una decade di sensazioni overground plastificate. Dalla new wave naif degli esordi, dalle epopee di crociati celtici intenti a dipingere tramonti rosso sangue nei cieli d’Irlanda, il gruppo approdò ad un’iridescente dimensione americana, culminata nel best seller planetario di The Joshua Tree, che combaciò perfettamente con la sempre più crescente retorica e ansia di verità dell’ ecumenico messaggio di Bono e soci.
Il passo successivo fu un ulteriore tuffo nelle radici del rock, dal sapore però decisamente autocelebrativo e in alcuni frangenti fastidioso, e il cui esito fu qualitativamente zoppicante e incerto. Prodotto con fin troppo mestiere dallo springsteeniano Jimmy Iovine, “Rattle And Hum”, 35 anni oggi, ancora oggi non convince, e non è un caso che il gruppo si ritirò per un po’ dalle scene, per poi riverniciare completamente il proprio sound con la svolta avant-garde di Achtung Baby (cooptando come sempre i migliori produttori in circolazione: da Steve Lillywhite a Flood passando per Eno, una costante immutabile per gli U2).
Alternando brani inediti, classici del loro repertorio dal vivo e celebri cover, il monumentale progetto Rattle And Hum, troppo spesso, scade in frammentarietà. Proprio i miti evocati, per dare una sponda istituzionale a questa immersione nella sorgente dell’ispirazione musicale, si risolvono in versioni live di scintillanti anthems come “Helter Skelter” e “All Along The Watchtower”, e le suggestioni via via proposte (“Blonde on Blonde” in “Hawkmoon 269”, Hendrix incarnato con rito sciamanico all’inizio di “Bullet The Blue Sky”, i Led Zeppelin qua e là nei momenti di maggiore impeto, et cetera) alla fine si risolvono in un professionale juke-box, ma niente più.
All’inizio sembra quasi un diario di bordo: “Era un freddo e piovoso giorno di dicembre quando toccammo terra al JFK, la neve si scioglieva nelle strade e alla BLS ascoltai la voce di un angelo”. La BLS è la WBLS, una radio di New York specializzata in blues e soul. L’angelo è Billie Holiday, Lady Day, la più grande di tutte, la più vera, una delle poche che ha inserito senza mediazioni la propria vita nelle canzoni, una delle poche insieme a Bessie Smith, Edith Piaf e Janis Joplin, dalla cui voce si percepisce il dolore e non solo il talento, l’arte o la rappresentazione.
Gli U2 scrissero Angel Of Harlem durante il Joshua Tree Tour in America. La registrarono a Memphis insieme ai Memphis Horns, ovvero Andrew Love e Wayne Jackson, la sezione fiati di Otis Redding e di centinaia di hit della Stax, l’etichetta che ha diffuso il rhythm and blues anche presso i bianchi.
Nel brano c’è una licenza poetica: Bono cita il Birdland, storico locale jazz newyorkese e tempio delle esibizioni di Miles Davis, John Coltrane e ovviamente Billie Holiday. Il Birdland era sulla 52esima, mentre Bono lo sistema un isolato più in là, sulle 53esima.
Questioni di rima, per far andare d’accordo fiftythree e symphony.
Billie Holiday, a cui è dedicata Angel Of Harlem, nasce a Baltimora il 7 aprile 1915 e muore a New York nel 1959. Segnata da un’infanzia difficile, e dopo un periodo trascorso in un bordello, seppe riscattarsi attraverso la musica, diventando una delle più grandi interpreti blues e jazz di tutti i tempi, grazie a una voce capace di evocare ed esorcizzare il dolore che aveva costellato la sua vita.
La vena romantica di Rattle and Hum raggiunge il culmine nella sua traccia finale.
Cleopatra è una bella trapezista, una donna fin troppo avvenente per il povero Hans, il nano perdutamente innamorato di lei. La donna poi, con la complicità del compagno Ercole, decide di usare l’ignaro Hans e di illuderlo per ottenere la sua eredità.
Se la storia vi sembra familiare è perché è la trama di uno dei più celebri cult del cinema: Freaks di Tod Browning. Correva l’anno 1932 quando il regista di Dracula con Bela Lugosi decise di dare vita a quella che fu poi ribattezzata come pellicola maledetta e che scandalizzò e fece inorridire il pubblico. La riscossa dei freaks ha segnato tutto il cinema a venire ed è entrata a far parte della cultura popolare, tanto che anche in Italia, proprio quest’anno, anche il regista Gabriele Mainetti ne ha preso ispirazione per il suo Freaks Out.
La storia di Cleopatra ed Hans, tra le altre cose, ha ispirato la trama del videoclip di All I want is you degli U2, splendido pezzo compreso in Rattle and Hum.
Il brano, uno tra i più romantici della band irlandese, è contenuto nell’album Rattle and hum, il sesto, uscito nel 1988. Quell’album contiene alcuni tra i più grandi successi degli U2, da I Still Haven’t Found What I’m Looking For a Pride e Angel of Harlem.
All I want is you è una dedica di Bono Vox alla moglie, Ali, nata come estensione di un altro celebre (e romanticissimo) pezzo, With or without you. Il pezzo fu rilasciato come singolo proprio il 14 giugno di 33 anni fa, nel b-side si potevano sentire la cover di Unchained Melody e di Everlasting Love. La canzone andò piuttosto bene in classifica e la sua fama aumentò dopo che venne utilizzata nella colonna sonora del film Giovani, carini e disoccupati (Reality bites), uscito nel 1994 e che segnò il debutto alla regia di Ben Stiller.
Il brano è anche il tema di chiusura del film Rattle and Hum. Bono ha dichiarato in una intervista che la canzone parla di amore, della volontà di stare insieme che non contano i regali e le promesse impossibili ma che è la volontà dei due a tenerli uniti.
Anche nel The Best of 1980-1990 è situata all’ultimo posto nelle tracce e dura quasi 10 minuti perché contiene come bonus track October, canzone tratta dall’omonimo album.
Del brano ne è stata eseguita una cover dalla Royal Philharmonic Orchestra nel loro album del 1999 Pride: The Royal Philharmonic Orchestra Plays U2. Inoltre anche i Goo Goo Dolls, i Jars of Clay, Mark Sholtez, i The Mission e le Bellefire hanno registrato una loro versione del brano.
I legami tra All I want is you e il cinema sono diversi e, come dicevamo, il suo videoclip è un vero e proprio omaggio a Freaks ma non solo. È stato diretto da Meiert Avis e le riprese si sono svolte in Italia, nel periodo in cui Federico Fellini stava girando La voce della luna, uscito nel 1990. La filmografia di Fellini è stata molto influenzata dall’opera di Browning – era successo, per esempio, in precedenza per La strada.
Nel caso del brano degli U2, il mondo dei freaks è rappresentato da Paolo Risi, che interpreta il nano innamorato della trapezista Cleopatra. Le riprese sono state fatte tra la spiaggia di Capocotta e il borgo di Ostia Antica, il videoclip è rigorosamente in bianco e nero. Brevissime sono le apparizioni della band, che si è fatta supportare da Van Dyke Parks per la parte relativa agli archi, in modo da raccontare nella maniera più delicata possibile una bellissima e impossibile storia d’amore.
Questa perla di album racchiude in sé piccole gemme come la versione gospel di I Still Haven’t Found What I’m Looking For”
Poi arriva il polveroso e coinvolgente viaggio nei chiaroscuri di Heartland, uno dei miei pezzi preferiti degli U2, tra, fascino, mistero e sensualità.
Chiudo con il romanticismo ben calibrato della suadente Love Rescue Me, che nella sua sintetica sobrietà – è coautore Dylan – riesce a comunicare la predisposizione sociale e rock della band irlandese.
Rattle and Hum, per dirla tutta, è il suono di quattro uomini che ancora non hanno trovato ciò di cui sono alla ricerca – e la cui irrequietezza assicura che cercheranno ancora per molti anni.