#TellMeRock, i 36 anni dall’esordio dei Nirvana e la provincia di Kurt Cobain

EDITORIALE – Molti di voi certamente ricorderanno il film Easy Rider e la celebre scena dove i due protagonisti vengono pestati da quegli ignoranti, grezzi campagnoli. Quelli sono i redneck, spina dorsale dell’America più gretta e conservatrice, eterna riserva elettorale dei vari Nixon, Reagan e Bush. La più retriva e sperduta provincia della sterminata superpotenza.

La magnificenza di Bleach, album d’esordio dei Nirvana pubblicato il 1 luglio del 1989, è da ascrivere al contesto in cui il suo autore lo concepì, e nel modo in cui egli interpretò la sua alienazione e le sue angosce.

Kurt Cobain nacque ad Aberdeen, stato di Washington. A cento chilometri da Seattle, in una patria di boscaioli e camionisti col culto delle armi: ambiente redneck per antonomasia. Titoli come “Floyd the Barber ” o “Mr.Moustache” , o l’opprimente contesto educativo di “School” dicono tutto del resto: uno strepitoso campionario di immagini rubate al sottobosco americano più inquietante. Un posto alla Twin Peaks: telefilm che, proprio agli albori del grunge, mostrava al mondo torbidi squarci del North West. L’onda lunga del punk arrivò tardi in quelle lande desolate, in cui una città, Spokane, fu scelta dai sociologi a stelle strisce per studiare una popolazione completamente schiava della pubblicità televisiva. Un deserto culturale in cui la spinta sotterranea del punk fu il magnifico veicolo per far emergere le migliori istanze di una generazione disperata, persa tra l’egoismo dei baby boomers e il vuoto sociale reaganiano.

Se stilisticamente il grunge fu un amalgama tra punkpsichedelia e metal, il quid che gli avrebbe presto permesso di scardinare gerarchie del rock statunitense e imporsi come ultimo fenomeno in grado di rappresentare un comune denominatore giovanile fu l’espressività punk, grazie a una esplosiva carica comunicativa.

Seicento dollari: tale fu la spesa di registrazione di Bleach. Magistralmente guidati dall’asciutta produzione di Jack EndinoCobain e soci realizzarono tra questi solchi un lavoro paradigmatico del cosiddetto sound di Seattle. Un punk pesante, isterico e lacerante: la perfetta fusione tra ruvide geometrie sabbathiane e anthemiche sferzate di matrice Husker Du. Meno dotato e tecnicamente variegato rispetto ai coevi SoundgardenScreaming Trees o Melvins, ma col talento lirico di Cobain libero di esprimersi ai massimi livelli, con una felice miscela di brillantezza compositiva e incisività.

Abbondano i classici su Bleach, che proprio l’8 luglio del 1989 vide la sua prima comparsa in una classifica europea, quella britannica. Da un lato i momenti più heavy, quali il furioso e plumbeo incedere di Negative Creep, il riff tagliente e reiterato di Sifting, l’incubo croneberghiano di Paper Cuts, le tentazioni hard-psichedeliche infrante nel vortice di Scoff.

Dall’altro, frammenti in cui il peculiare piglio power punk del ragazzo di Aberdeen comincia a mitigare le tipiche asprezze di matrice Sub Pop: Blew, Love Buzz e Floyd the barber, esplosivi proiettili caricati da riff abrasivi, da una sezione ritmica pulsante e da quella voce indefinibile, sofferta e rabbiosa.

E poi SchoolMr.moustache, esplosioni elettriche di prodigiosa sintesi.

Ma Bleach è soprattutto l’album di About a girl, l’archetipo delle ballate midtempo cobainiane, foriera di quella intensissima emotività che, sublimandosi in melodie cristalline, avrebbe coagulato impeto, frustrazioni e sogni di milioni di ragazzi su Nevermind.

Secondo la biografia di Micheal Azerrad, Come as You Are: The Story of NirvanaCobain scrisse la canzone dopo un intero pomeriggio passato ad ascoltare Meet the Beatles!. In quei tempi, Cobain cercava di reprimere il suo istinto a scrivere canzoni pop, ed era riluttante a includere la canzone in Bleach. “Mettere una stridente canzone pop in stile R.E.M. in un album grunge era rischioso” ammise nel 1993 in un’intervista a Rolling Stone.

Stando poi a Chad Channing, batterista dei Nirvana ai tempi di BleachCobain non aveva un titolo da dare alla canzone quando la portò in studio. Quando gli chiese cosa riguardasse, Cobain rispose “It’s about a girl” (“Riguarda una ragazza”). La ragazza in questione era Tracy Marander, l’allora ragazza di Cobain, con cui viveva in quei tempi. Tracy aveva chiesto a Cobain perché non avesse mai scritto una canzone per lei, e Cobain rispose con About a Girl. La canzone era rivolta alla difficile relazione della coppia, causata dal rifiuto di Cobain di trovare un lavoro o di condividere spese per la pulizia al loro appartamento (dove c’erano molti animali domestici). Cobain non aveva mai detto a Marander che aveva scritto About a Girl per lei. Nel documentario del 1998 di Nick BroomfieldKurt And Courtney, Marander rivelò di averlo scoperto solo dopo aver letto Come as You Are: The Story of Nirvana.

Ma Cobain non era soltanto capace di cristallizzare il suo disagio: prova ne è il brano più sottovalutato dell’album: Swap meet. Un uso ipnotico e rallentato del feedback come da lezione Melvins sfocia in tipico refrain infiammabile, con il buon Kurt intento a dipingere la sua “Eleanor rigby”: la storia di una coppia di perdenti al mercatino della domenica, alienati e ormai desensitizzati, ma in cui il disperato grido dell’autore di “Smells like teen spirit” forgia uno scenario salvifico grazie alla musica.

Questo è in fondo il lascito principale dei Nirvana: la musica come insostituibile mezzo di consapevolezza ed espulsione del dolore, lenitrice di un malessere esorcizzato da una parola: Nevermind.

Pubblicità