EDITORIALE – Siamo a Ljungby, un’innevata cittadina della Svezia. E’ la sera del 27 Settembre 1986 e due vecchi amici in viaggio con la loro band nel pulmino del tour si stanno giocano con una partita a carte il letto vicino al finestrino. La partita viene vinta dal ventiquatrenne Cliff Burton, che nella notte perderà molto più di quanto vinto. E’ notte fonda quando il pullmino si ribalta. Burton viene sbalzato fuori dal finestrino e rimane schiacciato sotto il bus. In una frazione di secondo la vita della mente principale della più grande band metal del momento viene spazzata via.
James Hetfield e Lars Ulrich sono disperati. Dopo aver sfornato in cinque anni le tre pietre miliari del thrash metal hanno perso il loro migliore amico e mente del gruppo. Ma Kirk Hammett, sconfitto in quella maledetta partita di carte, è più che disperato, non riesce a farsi una ragione di quanto accaduto. Per mesi, molti mesi, i tre pensano di ritirarsi dalle scene, incapaci di continuare dopo l’incolmabile vuoto creato dal lutto, ma sostenuti anche dai familiari del defunto bassista, decidono di continuare a fare ciò che più era piaciuto al loro migliore amico.
Furono aperte le audizioni per un nuovo bassista e dopo aver puntato sull’amico di Hammett, Les Claypool, i quattro scelsero l’ex Flotsam And Jetsam, Jason Newsted, il cui apporto in termini di composizione del nuovo album fu minimo. Basti pensare che non partecipò nemmeno al mixaggio. Ciononostante, il nuovo arrivato si inserì perfettamente nel contesto del gruppo, mettendoci la necessaria aggressività e partecipazione e dimostrandosi anche in sede live all’altezza del compito.
“…And Justice For All”, pubblicato il 7 settembre del 1988, è un album che però abbandona le orme dei tre precedenti lavori dei Four Horsemen. Dedicato all’amico scomparso, non presenta il suono grezzo di “Kill ‘Em All” e si distacca dal tipico accostamento di melodia e violenza presente in “Ride The Lightning” e “Master Of Puppets”.
La durata media delle canzoni aumenta, le tracce diventano più articolate, studiate in ogni minima parte, sono presenti molti più fraseggi tecnici che non negli album precedenti. Il contributo da parte di tutti i musicisti è elevatissimo. Newsted, come abbiamo già detto, si adatta perfettamente al ruolo, dando spazio alla grande abilità tecnica. Sarà impossibile raggiungere il predecessore, ma il ragazzo non se la cava per niente male. Anche Lars Ulrich fa la sua parte, dietro alla veloce batteria tipica della band californiana. Kirk “Whammett” si dimostra (come se ce ne fosse bisogno) il “solito” chitarrista tecnicamente perfetto, che riesce anche a trasmettere forti emozioni all’ascoltatore, incidendo assoli suonati alla velocità della luce, eppure carichi di affetto e rabbia per la grave perdita. Chiude il lavoro James Hetfield, ottimo alla voce, come alla chitarra, in perfetta sintonia con quella di Hammett.
L’album si apre in crescendo con un accostamento di chitarra e basso, che culmina nella violenta “Blackened”, una delle tracce più veloci dell’album. Le chitarre cariche di odio e rancore tritano l’orecchio dell’ascoltatore e non fanno di certo rimpiangere i vecchi tempi.
La title track “…And Justice For All” si rivela fin da subito una delle tracce migliori dell’album. Intro delicata e dolce, che sfocia nella martellante batteria di Ulrich. Il pezzo, della durata di oltre nove minuti, è la prima sorpresa della svolta intrapresa dai quattro e varia da tratti veloci a tratti lenti e cadenzati.
Passando per la successiva “Eye Of The Beholder” con velocità leggermente abbassata e riff sempre più articolati ed intricati si arriva al grande classico, la canzone che molti giudicano come il capolavoro dei Metallica. Strutturata similmente alle prime ballate “Fade To Black” e “Welcome Home (Sanitarium)”, “One” è ispirata al film pacifista E Johnny Prese Il Fucile, in cui un soldato colpito da un mortaio perde udito, lingua, occhi, gambe e braccia. Ad una prima parte più melodica e angosciante, segue una seconda in cui le chitarre, sostenute dal doppio pedale di Ulrich, prendono il posto delle mitragliatrici e Hammett ci regala un assolo stratosferico, votato come settimo tra cento dai lettori di World Guitar.
Poi arriva una traccia che oserei definire “cervellotica”; è il preludio ad uno dei grandi classici della band: One: la song in questione, immancabile in ogni concerto, segna anche il debutto dei Metallica nel mondo dei video musicali: guardare per credere, semplicemente agghiacciante. La struttura della canzone è quella di capolavori passati quali Fade to Black e Sanitarium, con una prima parte melodica ed angosciante ed una seconda in cui si scatena l’inferno; l’assolo di Hammett è da brividi, ci si ritrova impotenti sotto la pioggia di note sparate a raffica dal talentuoso chitarrista. Che pezzo…Composto nel novembre 1987 da James Hetfield e da Lars Ulrich, l’introduzione del brano è caratterizzato da campionamenti di una battaglia della durata di poco meno di 20 secondi, terminando con il rumore di un elicottero da guerra. La canzone vera e propria comincia con Hetfield che suona un arpeggio pulito, alternato con due assoli di Kirk Hammett. Il ritmo cresce poco dopo i primi stacchi di batteria di Ulrich. Durante il ritornello, il suono della chitarra ritmica diventa più abrasivo e distorto finché non riprendono le strofe. A metà brano si sente un secondo assolo di Hammett, prima che i testi scompaiano e lascino il posto ad un finale veloce ed aggressivo, sottolineato da una mutualità chitarra-batteria che imita il suono di una mitragliatrice e da un altro assolo di Hammett.
L’introduzione del brano, basato su un fraseggio di arpeggi in Si-Sol, fu scritto da Hetfield, e si basava su un’idea derivata dal brano Buried Alive, dei Venom. In un’intervista al Guitar World del 1991, Hetfield dichiarò: «Per molto tempo ho giocherellato con la modulazione B-G. L’idea per l’apertura mi giunse da una canzone dei Venom chiamata Buried Alive. Il ritmo di batteria a mo’ di mitragliatrice quasi alla fine non fu scritto pensando al testo di guerra, venne solo fuori in quel modo. Iniziammo quell’album con Mike Clink come produttore. Non andò molto bene, così chiamammo Flemming per venire ad aiutarci e salvarci i culi.»
Il video è stato girato quasi tutto in bianco e nero, e mostra la band mentre esegue la canzone in un magazzino. Nel videoclip è possibile vedere Ulrich indossare la maglietta di …And Justice for All dove sono raffigurate le facce dei membri del gruppo. In esso compaiono dialoghi e parecchie scene dal film E Johnny prese il fucile, scritto e diretto da Dalton Trumbo, autore dell’omonimo romanzo. L’attore Timothy Bottoms interpreta Joe Bonham, protagonista del racconto. Bonham è confinato in un ospedale e sopravvive mediante un tubo, dopo che è stato colpito da un mortaio (anche se il testo dice che una mina avrebbe provocato le sue ferite) durante la prima guerra mondiale. Malgrado sia sopravvissuto, l’esplosione gli ha fatto perdere braccia e gambe, lo ha paralizzato e gli ha fatto perdere alcuni dei cinque sensi. Dopo aver comprato parte dei diritti di E Johnny prese il fucile, poterono usarne alcune scene per il video di One.
Del video uscirono tre versioni: la prima (la più lunga) riprendeva il gruppo e parte del film, la seconda era una versione più corta della precedente mentre la terza inquadrava solo i Metallica. Le prime versioni apparvero inoltre nella videocassetta 2 of One, pubblicata il 20 giugno 1989.
La quinta traccia “The Shortest Strow” è ben ritmata, ma forse di un livello leggermente più basso di quanto sentito finora. Con “Harvester Of Sorrow”, per chi vi scrive, si risale a livelli maggiori. La lunga introduzione, la voce di Hetfield e i riff cattivi riescono a sprigionare potenza anche in un pezzo non necessariamente veloce.
Dopo l’ascolto di “The Frayed Ends Of Sanity”, forse la canzone meno interessante dell’album, si arriva al secondo capolavoro, la strumentale “To Live Is To Die”. Dedicata a Cliff Burton, contiene gli ultimi riff e le ultime frasi scritte dal bassista prima di morire. Dopo un intro acustica, riff potenti e assoli veloci e toccanti trasmettono tutta la rabbia e la disperazione per la perdita del caro amico.
Il pezzo si conclude con lo stesso arpeggio acustico che l’aveva introdotto e dà il via all’ultimo micidiale massacro sonoro, “Dyers Eve”, il pezzo più veloce e violento dell’intero album.
La tracklist è strutturata come le precedenti, abbiamo in prima e ultima posizione i pezzi più thrash e violenti, in seconda la title track e in quarta la ballata. Ma nonostante questo molto è cambiato dai primi tre album. “…And Justice For All” è un album molto più complesso da digerire, necessita di numerosi ascolti per essere apprezzato come davvero merita. Un ottima risposta della band al trauma, che dimostra la forte volontà di continuare. La media delle canzoni si mantiene su livelli davvero alti, anche se i pezzi sono meno immediati e più studiati.
I testi sviluppano diversi temi sociali, su cui predomina la giustizia, ormai dimenticata dal mondo, raffigurata nella copertina mentre sta per essere abbattuta, con diverse banconote posate sui piatti della bilancia.
“…And Justice For All” verrà seguito dal Damaged Justice Tour che terrà impegnati i quattro per oltre due anni e che viene tuttora ricordato come il migliore tour del quartetto. Sarà però l’ultimo momento d’oro dei Metallica, che con il successivo “Black Album” si sposteranno su “lidi più calmi”