EDITORIALE – Oltre Cento milioni di copie vendute. Che altro dire?
Potrei chiuderlo qui il mio primo #TellMeRock odierno, perché Thriller, pubblicato il 30 Novembre del 1982, è uno di quei dischi che si spiegano da soli.
L’album con cui Michael Jackson, scomparso a cinquant’anni il 25 giugno di quindici anni fa, verrà identificato in eterno, anche se il precedente Off The Wall era per qualità musicale persino superiore.
Impossibile prescinderne per l’impatto che ha avuto sul mondo pop e non solo. Basti pensare ai video che ne vennero estratti, che tra le altre cose travolsero le implicite barriere razziali di Mtv. Come se non bastasse, per il celebre video della title track, si scomodò persino il grande John Landis, regista tra l’altro del capolavoro The Blues Brothers.
Lo stesso Landis, ospite a Maratea quattro anni fa per le Giornate del cinema lucano, dichiarò al sottoscritto che era sua ferma intenzione di “non volere un videoclip, ma un cortometraggio vero e proprio, con tanto di trama, scenografie e attori pensanti e dinamici”.
Venendo proprio al brano Thriller, Vincent Price era famoso per i suoi film dell’orrore e per la risata demoniaca che caratterizza il finale del pezzo, risata che poi sarebbe stata campionata da molti, tra cui i Public Enemy. Ma, ora, mentre si trovava negli studi di Johnny Carson, ospite del suo Tonight Show, quella risata aveva molto poco di diabolico. Anzi, era la risata di un uomo che stava ammettendo un errore e cercava di non avere rimpianti o, almeno, di pensarci il meno possibile.
Davanti alle telecamere, Price raccontò la storia per intero: raccontò di quando Michael Jackson, suo grande fan, lo aveva chiamato per chiedergli di partecipare a questo suo nuovo progetto, un singolo che poi sarebbe diventato un video ma, come suddetto, non un video come gli altri. Doveva durare quattordici minuti, aveva a che fare con gli zombie e, proprio per questo, sarebbe stato diretto da John Landis, quello di Un lupo mannaro americano a Londra. Insomma, a lui, Michael, sarebbe piaciuto proprio tanto tanto se lui, Vincent Price, uno dei suoi attori preferiti, avesse voluto prestare la propria voce.
Price diceva a Johnny Carson che non aveva capito molto, ma che l’idea di lavorare con un cantante, anche se Michael Jackson non era ancora diventata una star planetaria, lo interessava e alla fine accettò con piacere. Andò in studio, fece il suo intervento parlato, con tanto di risata incorporata e poi passò alla cassa. Lì gli dissero, 20.000 dollari subito oppure una percentuale sulle vendite del disco. Price ci riflettè appena, non aveva bisogno di soldi e poi magari il disco non avrebbe venduto nulla. Così prese i 20.000 dollari e tanti saluti.
Se ne andò convinto di aver fatto, come Spike Lee, la cosa giusta…peccato che a tutt’oggi Thriller sia il disco più venduto della storia con 110 milioni di copie nel mondo, cifra destinata a salire sensibilmente dopo la scomparsa di Michael Jackson.
Curiosità: prima di diventare Thriller, il brano si intitolava Starlight Love e prima ancora Starlight Sun. Altra curiosità, a un certo punto si sparse la voce che le prime sette cifre del codice UPC stampato sulla copertina dell’album, corrispondessero al numero di telefono di Michael Jackson senza prefisso. Migliaia di fan credettero a questa leggenda metropolitana e bombardarono di telefonate i poveri utenti delle zone dove Michael aveva vissuto o viveva e il cui numero corrispondeva alle cifre del codice. Alcuni di loro chiesero e ottennero di cambiare numero, per non impazzire.
Pubblicato il 30 novembre di 42 anni fa, Thriller raggiunse subito il vertice della Billboard 200 chart e vi rimase per ben 37 settimane. Restò nella Top 10 per 80 settimane e in classifica per 122 settimane totali. Oltre al suo più grande successo, il disco rappresenta anche al meglio l’ecletticità di Jackson, un’opera che ha segnato lo stato dell’arte pop degli anni ’80, con una ricetta soul/dance impeccabile che spaziava dalla melodia alla Paul McCartney (ospite in The Girl Is Mine), all’hard rock di Eddie Van Halen, sua la chitarra in Beat it.
Beat It fu un successo ed un esempio ben riuscito di crossover, un incrocio perfetto tra il rhythm and blues dalla musica afroamericana e il rock e l’heavy metal dalla musica dei bianchi, ed ebbe il merito di introdurre sul mercato il cosiddetto “rock nero” (altri critici la definirono “dance metal”), contribuendo ad abbattere il razzismo nelle classifiche statunitensi, che ancora relegavano gli artisti neri alle sole classifiche R&B, blues e hip hop, mentre solo gli artisti bianchi entravano in quelle rock, nonostante i pionieri del genere fossero stati musicisti afroamericani quali Chuck Berry e Little Richard.
Beat It entrò addirittura alla posizione numero uno delle classifiche rock statunitensi.
Riguardo alla sua composizione il cantante raccontò: “Volevo scrivere il tipo di canzone rock che mi avrebbe fatto venire voglia di uscire a comprarla. Ma anche qualcosa di totalmente diverso dal tipo di musica rock che ascoltavo alla radio“.
Paul McCartney aveva scritto una canzone appositamente per Jackson, intitolata Girlfriend, per il primo album da solista di Jackson per la Epic Records, Off the Wall, pubblicato nel 1979. I due divennero così amici e decisero di registrare qualcosa insieme. Nel 1981, Jackson e McCartney registrarono insieme le canzoni Say Say Say e The Man per il quinto album da solista di quest’ultimo, Pipes of Peace (pubblicato in seguito nel 1983).
La scrittura di The Girl Is Mine fu completata da Jackson mentre, per ispirarsi, guardava i cartoni animati con McCartney. L’idea di creare una canzone che avesse come tema centrale due uomini in lotta per una ragazza fu del produttore Quincy Jones insieme a Jackson.
Michael si svegliò nel bel mezzo della notte per incidere una demo del brano. In seguito dichiarò: «Ho cantato esattamente quello che avevo in testa iniziando con la melodia, la tastiera e tutto. Poi ho registrato tutto su un nastro». Aggiunse poi che la registrazione fu uno dei suoi momenti più divertenti in studio, ritenendola la sua canzone preferita in quella fase perché «lavorare con Paul è molto emozionante e ci siamo letteralmente divertiti».
La canzone fu registrata ai Westlake Studios di Los Angeles dal 14 al 16 aprile del 1982.
McCartney difese la canzone dalle accuse dei critici, affermando: «La canzone che ho appena fatto con Michael Jackson, potresti dire che è superficiale, c’era persino una parola “doggone” che non avrei messo dentro. Quando mi sono confrontato con Michael, ha spiegato che non stava cercando la profondità, stava cercando il ritmo, stava andando per sensazioni. E aveva ragione. Non è il testo ad essere importante in questa particolare canzone, è molto più il rumore, la performance, la mia voce, la sua voce».