#TellMeRock, i 45 anni di Breakfast in America: l’aristocrazia del pop firmata Supertramp

EDITORIALE – The Logical Song è un grande successo dei Supertramp, una delle piccole gemme dell’album Breakfast in America, pubblicato il 29 marzo del 1979.

Scritto e cantato da Roger Hodgson (fino alle prime superiori credevo che la voce di Hodgson fosse in realtà un cantato femminile), il brano è costruito su una bella serie di assonanze: sensible, logical, responsible, pratic, oppure dependable, clinical, intellectual, cynical, (le avete lette cantando, ne sono certo).

The Logical Song parla di un uomo che, dopo essere stato indottrinato e cresciuto in modo meccanico e cinico, ha abbandonato i suoi sogni adolescenziali e alla fine, quasi come in una preghiera, chiede: ‘Please Tell me who I am… ( Ti Prego, dimmi chi sono).

La canzone deve il suo successo anche agli effetti speciali, il più curioso dei quali è tratto da un gioco della Mattel dove si simulava una partita di calcio.

Dopo il successo straordinario di Breakfast in America, la cui celebre copertina vede una cameriera in primo piano che alza un bicchiere di succo d’arancia a mò di Statua della Libertà sullo skyline di Manhattan fatto con stoviglie e bicchieri, e la foto in quarta che ritrae i cinque Supertramp davanti alla propria colazione con un quotidiano della loro città natale in mano, la band si allontana definitivamente dalle preoccupazioni.

Famosi gli aneddoti sui loro inizi stentati, dai concerti annullati per mancanza di corrente elettrica, a quelli eseguiti davanti a un pubblico composto esclusivamente da membri dell’entourage, fino a quelli cancellati perchè la band aveva perso la strumentazione in un burrone, in Svezia. Incidenti di percorso “casuali”, prima di una “colazione all’americana”.

I Supertramp funzionavano a doppia trazione. HodgsonRick Davies portavano al gruppo le rispettive creazioni, già belle arrangiate e pronte solo per la rifinitura, poi però firmavano tutto insieme, alla Lennon/McCartney. L’alternanza delle due diverse ispirazioni e voci dava preziosa dinamica ai loro dischi, solo che le canzoni più di successo finivano inevitabilmente per essere quasi tutte di Hodgson. Davies faceva ottime cose ma la qualità pop del songwriting di Roger e la micidiale penetranza del suo timbro vocale erano inarrivabili.

In questo disco il grande cantante, compositore, arrangiatore, pianista e chitarrista piazza due gioielli pop rock assoluti, di planetaria notorietà: la sopra citata The Logical Song e Take The Long Way Home.

Il pezzo ha un testo più criptico rispetto alla “canzone logica, ma chi se ne importa, perché l’intro di piano elettrico risonante su cui si innesta la morriconiana impennata di armonica è epocale, non può confondersi, non può stancare, così come il rotolio dell’armonia/melodia che si “apre” in un refrain perfetto. Solo il finale, strascicato e con un che di incerto, poteva essere giocato meglio.

La canzone che intitola l’album, sempre di Hodgson, descrive la recente decisione del gruppo di lasciare la piovosa Londra e stabilirsi in California, appena raggiunto il benessere economico (in occasione del quarto disco “Crisis? What Crisis!”). Una parte del brano è campionata nel singolo dei Gym Class HeroesCupid’s Chokehold del 2005, pubblicato in una nuova versione nel 2006.

Altre due composizioni vengono ancora dalla penna di Hodgson: Lord Is It Mine è amatissima dall’autore col suo misticismo un poco telefonato. Una preghiera in chiave malinconica in cui dominano il pianoforte e la potenza degli acuti del frontman dei Supertramp.

Per gustare la conclusiva ed abbondante Child Of Vision occorre invece possedere il cromosoma dell’appassionato di progressive: la canzone parte benissimo con un grande ingresso della batteria di Bob Bemberg e sul proverbiale piano elettrico ribattuto marchio di fabbrica dei Supertramp, si raggiunge la massima espressione del prog della band, con tonalità che richiamano gli arrangiamenti di Alan Parsons.

Direi, senza ombra di dubbio, il mio brano preferito dell’intero album.

Rick Davies contribuisce a sua volta con cinque composizioni, fra le quali svetta il suo capolavoro assoluto di carriera Goodbye Stranger: la frase vocale colorita di blues, su un ciclico e sospeso incedere di piano elettrico, è di un riuscito melodico/armonico tale che viene da piangere a pensarci. La strofa acquista veemenza con gli stacchi chitarristici di Hodgson, responsabile subito dopo del mitico, altissimo controcanto di ritornello (sul quale i Bee Gees hanno di certo a suo tempo provato profonda invidia), tanto deliziosamente pacchiano da far risultare addirittura struggente il ritorno alla strofa blues, con Davies senza più i Bee Gees d’intorno.

Intanto anche la sezione ritmica si è messa a lavorare, il grande arrangiatore Hodgson in stato di grazia fornisce nuovo valore aggiunto prima infiorettando di pedale wah wah, poi saltando sopra una rabbiosa variante di ponte del compare Davies, che pesta forte accordi di attesa sul piano elettrico. Hodgson arriva dunque come un principe colla sua Stratocaster, e sfodera un assolo lancinante e assatanato, molto ma molto ben concepito e bello.

La buona vena di Davies spicca anche nell’introduttiva Gone Hollywood, resa con una formula compositiva che la lascia come irrisolta, ed in Just Anoyher Nervous Wreck, in cui nuovamente Hodgson dà una mano con un bell’assolo di chitarra.

E’ il compleanno di un album di enorme successo, appartenente con merito all’aristocrazia del pop.