EDITORIALE – Ecco il passo d’avvio che consegna alla leggenda una delle più incredibili band di tutti i tempi, i KISS !! Dieci canzoni che traboccano di make-up e voglia di incarnare il sogno americano.
L’album venne inciso nel settembre del ’73 ai Bell Sound Studios in piena Manhattan, nel cuore di Broadway, e venne preso sotto l’ala protettrice di Kenny Kerner e Ritchie Wise, noti produttori dell’epoca che avevano lavorato ad altri dischi rock del periodo e che cureranno anche il secondo album dei quattro “Baci” newyorchesi.
Ciò che spicca subito nell’omonimo album d’esordio, che ha compiuto ben 50 primavere lo scorso 18 febbraio, è il binomio canzoni-sound. Il suono è decisamente più moderno e oltranzista rispetto alle realizzazioni dell’epoca, tanto che Kiss, ascoltato ancora oggi, nonostante le migliorie siderali fatte dalla tecnologia, suona fresco e godibile.
Le canzoni poi annoverano proiettili di gusto sopraffino che armano da oltre un trentennio l’ampissima cartuccera della band. Strutter, Nothin’ to Lose, Firehouse, Cold Gin, Deuce e Black Diamond, sono frutti della stessa epoca e sono divenute pietre angolari delle esibizioni live dei quattro mascherati. Insomma la bontà del lavoro è pressoché indiscutibile, canzoni forti con un crescendo irresistibile.
Black Diamond, voce coinvolgente, calda e “marpionesca” di Paul Stanley immersa in cori estesi, Strutter, riff di chitarra che si stampano sulla voce incazzata e acutizzante di Gene Simmons e ritornello coinvolgente, Nothin’ to Lose e una Firehouse che inchioda dalla prima nota al solo pirotecnico di Ace Frehley con quella sei corde che singhiozza e sputa anima sugli amplificatori.
Il riff iniziale di Cold Gin, con una distorsione più moderna, potrebbe esser stato scritto ieri, il resto lo fa l’ugola perversa di Gene Simmons che tratteggia un pezzo pesante con lo stacco centrale delle chitarre che dimostrano come i Kiss fossero avanti almeno di dieci anni.
Si ammira all’orecchio poi l’agilità di Let Me Know con la maestria di armonie vocali alla Beatles e un andamento leggerino che coinvolge e rende pop un pezzo che vede Gene e Paul alternarsi alle voci. E con un assolo di chitarra furioso.
Particolarità dell’album: due pezzi che vennero inclusi per volontà della casa discografica e che risultano effettivamente strani: Kissin’ Time e Love Theme from Kiss, il primo un rifacimento di una canzone di Bob Rydell degli anni ’60 che doveva portare il gruppo in giro per sponsorizzare gare di baci, il secondo un pezzo strumentale, bello, ma episodio anomalo come dimostrerà in futuro la produzione discografica dei Kiss.
Deuce rimette tutto sui binari tipici e 100.000 Years nasce su una linea di basso e la voce di Paul Stanley che mostra subito come si diventa rockstar.
Ho tenuto per ultima la descrizione del look non a caso. Per molti, moltissimi, i Kiss sono stati solamente quattro abili marchettari che dipingendosi il viso hanno frodato il music-biz.
Eh no, vi assicuro che c’è di più. Oltre ad un’immagine d’impatto e rivoluzionaria – nessuno prima di loro aveva mai azzardato tanto – nel loro primo album, ci sono fior di canzoni che hanno fatto la storia; non bisogna certo essere tutti dei virtuosi per ambire all’Olimpo. Un look talmente originale che nella photo-session della copertina, vennero scambiati per pagliacci di un circo, da chi doveva immortalarli. Dal vivo poi, tra trucchi, energia adrenalinica, musica a palla e botti divennero presto inarrestabili.
Lo shock visivo che si presentava agli spettatori era inenarrabile e la musica pestava di brutto. L’album, con una copertina che li ritraeva su uno sfondo nero e con un Peter, il Gatto, con un trucco fuori ordinanza a causa di truccatori inesperti, colpì l’immaginazione della gente e convinse un bel po’ di deejay a trasmettere i pezzi via radio. Kiss vendette tra le 60 e 70 mila copie ed entrò nella top 100 cominciando a dare una discreta notorietà.
Da lì in poi partirono in tour per mostrare le qualità del loro spettacoloso live show.
Sono passati 50 anni e i Kiss, dopo una carriera incredibile, sono ancora in giro a calcare le assi dei palcoscenici di tutto il globo. Un esordio con i baffi per quattro ragazzi che avevano nei solchi del loro primo Lp la parabola per il successo mondiale.