#TellMeRock, i cinquantatré anni di Exile on Main Street, il disco capolavoro dei Rolling Stones

EDITORIALE – Le foto promozionali scattate da Dominque Tarle in un bianco e nero non molto contrastato nella villa in Costa Azzurra dove fu in buona parte registrato Exile on Main Street, ben sintetizzano il mood che generò l’album e l’humus vitale che lo nutrì. Vi si allunga l’ombra della decadenza, uno degli elementi principali di un disco denso, grezzo, anarchico e incontrollato.

Exile on Main St., cinquantatrè primavere compiute lo scorso 12 maggio, è un album che porta i Rolling Stones ad assumere un approccio musicale più rude e schietto rispetto a qualsiasi altro loro lavoro precedente così come ai lavori che verranno. Il disco, uscito originariamente come doppio album, racchiude in se una grandissima varietà di stili e generi, rock n’roll, blues, certo, ma anche country e gospel. L’album è una miscela sporca, viscerale e autentica di rock ‘n’ roll, blues, gospel, country e soul. È anche il frutto di un periodo tumultuoso nella storia del gruppo, tra problemi legali, tasse, droghe e l’esilio fiscale in Francia, da cui deriva il titolo del disco.

Secondo LP per l’etichetta di proprietà del gruppo e secondo con Mick Taylor in formazione, Exile è inconfondibilmente l’album di Keith Richards. Lo attestano la sua dirompente energia, la ruvida spontaneità, le atmosfere malsane e lascive, la determinazione con la quale azzanna alla gola il rock n’roll e lo getta nella più torbida e infida delle paludi blues, con qualche apertura country, (suggerita dall’amico Gram Parsons).

E’ il disco delle radici e del recupero delle origini. Lo sottolineano gli inserimenti, voluti da Mick Jagger, delle cover di Stop Breaking Down di Robert Johnson e Shake Your Hips, di Slim Harpo.

Rocks off, il brano che apre Exile on Main St., inizia con una progressione di riff in midtempo e con un cantato da parte di Mick Jagger letteralmente sepolto nel mixaggio, lasciando spazio al controcanto di Richards.

Al minuto 2:11 la canzone subisce una rapida variazione, trasformandosi in un intermezzo dalle sonorità psichedeliche, con la voce di Jagger distorta e le chitarre in riverbero. La registrazione della traccia di base si protrasse fino all’alba, e anche lo stesso Keith Richards era crollato esausto addormentandosi. Il tecnico del suono Andy Johns, visto l’andazzo, prese l’auto e se ne tornò a casa pensando che la sessione fosse terminata. Arrivato a destinazione, sentì squillare il telefono: era Richards che gli diceva di tornare indietro in tutta fretta a Nellcôte perché gli era venuta l’ispirazione per terminare la canzone.

Ma questo è un album da ascoltare nella sua totalità, nel suo insieme. Rip This Joint, Casino BoogieVentilator Blues sono ottimi esempi di rock n’roll, rock e blues tradizionale messi insieme, che dimostrano ampiamente come i Rolling Stones abbiano perfettamente assimilato tutti i generi della musica nera.

Turd On The RunHappy (cantata da Keith Richards) e Rocks Off, costituiscono momenti scalmanati ma l’intero disco è un viaggio attraverso le strade più polverose e fangose del sud rurale degli Stati Uniti.

I momenti più squisitamente country si trovano in Sweet VirginiaTorn and Frayed, canzoni su base acustica accompagnate da strumenti elettrici ma che non perdono il loro sapore di pioggia e whiskey.

Il sound è, nonostante l’evidente presenza di strumenti a fiato, scarno, chiassoso ed essenziale. Le chitarre si intrecciano tra loro in maniera impeccabile e, fondendosi con il resto degli strumenti, formano un sonoro country – blues di assoluta godibilità.

Le già sopra menzionate Shake Your Hips e Stop Breaking Down, sono rivisitazioni che risultano essere convincenti e richiamano, così come il resto dell’album, tutto quella lussuria demoniaca che poi è propria del gruppo.

In questo contesto non possiamo quindi non citare I Just Want To See His Face, orgiastica e dall’andamento tribale.

Degna di menzione è inoltre Shine a Light, una gradevole ballad che richiama una ventata di romanticismo in un contesto blues e di rock primordiale. Sembra udire, in questo brano, alcuni accordi poi ripresi nel brano Streets Of Love del 2005

Il disco rivisita, quindi, in maniera genuina e qualitativamente alta, una pluralità di generi riconducibili alla musica nera e, in questo, risulta essere senza ombra di dubbio uno dei migliori lavori di rock e blues dell’intera storia della musica.

Per me, in maniera indiscutibile, il vero e proprio capolavoro dei Rolling Stones

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