#TellMeRock, i cinquantuno anni Who Do We Think We Are, l’ultima alba hard rock dei Deep Purple e il tramonto della Mark II

EDITORIALE – Dopo aver messo alla luce autentici capolavori della musica hard rock e pre metal quali In Rock, Machine Head ed uno dei migliori live di tutti i tempi Made In Japan, i Deep Purple, nella loro formazione migliore (a mio avviso) denominata convenzionalmente Mark II, pubblicano il 26 gennaio del 1973 Who Do We Think We Are, album registrato in Italia e in Germania.


Il contesto storico in cui viene alla luce il disco non è molto favorevole alla formazione britannica in quanto Blackmore era in forte attrito con il bassista Roger Glover ed il cantante Ian Gillan. Lo stesso Gillan, infatti, lascerà il gruppo subito dopo la registrazione di questo lavoro, seguito poco dopo dal bassista, sancendo, al momento, la fine di questa fantastica line up.

Questo disco non venne accolto molto bene dalla critica e chiuse, come suddetto, l’era “Mark II”. Tuttavia, ad un ascolto attento, questo lavoro non sembra affatto sottotono rispetto alle precedenti prove, risultando degno di particolare nota. Certo, non è paragonabile ai capolavori che lo hanno preceduto, ma contiene alcuni brani che non tradiscono le aspettative di ogni buon amante dell’hard rock e dei Deep Purple in particolare.

Woman From Tokyo, unico brano dell’album registrato a Roma, è l’ennesimo classico, divertente, efficace, trascinante. Dotata di un bellissimo ritmo e di una interessante parte centrale psichedelica e melodica, può essere considerata l’ultimo capolavoro composto della Mark II; travolgenti gli assoli di piano di Jon Lord eseguiti uno, molto dolce, prima della ripresa del riff portante e due, più sostenuti, nella parte finale.

Mary Long è una possente critica all’establishment, contro il moralismo bacchettone di due politici dell’epoca. Pezzo blueseggiante e moderatamente melodico con in evidenza l’ugola di Gillan, soprattutto nella parte conclusiva, e l’assolo centrale di Blackmore. Il testo di questa canzone, come su scritto, è satirico, e si scaglia contro la censura britannica sbeffeggiando due personaggi dell’epoca Mary Whitehouse e Lord Longman.

Rat Bat Blue dà spazio ad un Jon Lord semplicemente monumentale e funambolico, mentre il resto della band graffia e morde senza lasciar trasparire la stanchezza che invece li pervade.

Place In Line è l’ennesima eccellente incursione in territori blues, con un Blackmore ancora capace di stupire e di lasciar cantare la sua chitarra con intensità e trasporto.

Infine, non possiamo concludere senza citare un piccolo capolavoro sconosciuto a molti e dal titolo Smooth Dancer: da un punto di vista lirico, una caustica critica di Gillan a Blackmore; musicalmente, un pezzo da novanta degno degli episodi hard rock migliori della discografia dei Purple.

Certo, qualche episodio sotto tono c’è, come Super Trouper o la corale (e un po’ strana) Our Lady; di certo non si riescono a raggiungere i livelli di eccellenza visti nei tre anni prima e, ad esclusione di Woman From Tokyo, mancano dei veri e propri classici da tormentone rock, ma ancora oggi Who Do We Think We Are resta un disco che merita di essere ascoltato e rivalutato.

Ah, per i più sentimentali, la Mark II tornerà ancora insieme e nel 1984.