#TellMeRock, I quarant’anni di Sciò, la sua superband e il Mediterraneo di Pino Daniele

EDITORIALE – Una scaletta incredibile, una band splendida ed efficacissima, il “supergruppo” di Pino Daniele, composto dal compianto cantautore (voce, chitarra), Rino Zurzolo (basso, contrabbasso), Joe Amoruso (tastiera, pianoforte), Agostino Marangolo (batteria), Tullio De Piscopo  (batteria, percussioni), Naná Vasconcelos, Tony Esposito (percussioni), Vito Mercurio (violino), Corrado Sfogli (mandoloncello), Adalberto Lara  (tromba), Juan Pablo Torres (trombone), Larry Nocella, Gato Barbieri, Bob Berg (sassofono).

Sciò, pubblicato nel dicembre del 1984, è un disco con una sequenza di brani che brillano di luce propria. L’apertura è lasciata a “Chillo E’ Nu Buono Guaglione”, tratto da “Pino Daniele” del 1979, ma completamente stravolta per lasciare spazio ad una bella sezione fiati e all’inconfondibile ritmica di De Piscopo. Poi s’alternano brani elettrici ed acustici, in quello che era allora un campionario invidiabile di successi, da “Terra Mia” fino alla ballata nostalgica e commovente di “Quanno Chiove”. La sua storia, romantica e particolare allo stesso tempo, è un viaggio emozionante nella vita del cantautore partenopeo. Correva l’anno 1980, un Pino Daniele appena 25enne, pubblicava il suo terzo album dopo l’esordio folgorante di “Terra mia” (1977) e la conferma dell’album omonimo (che molti fan chiamano ‘ore 8′ per via della foto di copertina, una combo con quattro foto dell’artista e l’orario). Il terzo lavoro si chiamava “Nero a metà” e già nel titolo per la scena musicale partenopea era chiaro a chi rendesse omaggio: al cantante degli ‘Showmen’ Mario Musella, scomparso pochi mesi prima, un figlio di Napoli per parte di madre e di padre nativo americano in Italia per via della guerra. Dunque un nero a metà.

Costituito da due CD, Sció raccoglie diverso materiale registrato dal vivo in vari concerti tenuti tra il 1982 e il 1984, ovvero:

  • Bari, Teatro Petruzzelli (24-25-26 ottobre 1984)
  • Cannes, Palais des Festival (gennaio 1984)
  • Nancy, Jazz Pulsation (21 ottobre 1984)
  • Montreux (Jazz Festival, 8 luglio 1983)
  • Nyon (Folk Festival, 19 luglio 1984)
  • Milano, Stadio San Siro (24 giugno 1984)
  • Verona, Arena (14 settembre 1982)
  • Napoli, Mostra d’Oltremare (20 settembre 1984)

«E te sento quanno scinne ‘e scale / ‘E corza senza guarda’»: questo è l’incipit di una delle più belle canzoni di quell’album. Si chiama Quanno chiove. È in dialetto, anzi in lingua napoletana. Tradotto, recita così: «Ti sento quando scendi le scale, di corsa, senza guardare. Ti vedo tutti i giorni mentre ridendo vai a lavorare. Ma poi non ridi più. E lontano se ne va, tutta la vita così. E tu ti conservi per non morire». E ancora: «E aspiette che chiove / L’acqua te ‘nfonne e va / Tanto l’aria s’adda cagna’»: e aspetti che piova, l’acqua ti bagna e va. Tanto l’aria si deve cambiare.

Non tutti sanno che quelle parole così delicate, come occhi poetici, dolci ma mai  pietosi, posati tra i vicoli lavati dall’acqua «che te nfonne e va» (che ti bagna e scende) sul profilo d’una donna, raccontavano la giornata di una prostituta. Già, una prostituta che per tutta la mattina si prepara, i cui passi coi tacchi si sentono distintamente picchiettare sul basolato lavico dei vicoli di Napoli. Una ragazza come tante. Che poi lavora e «nun rire cchiù», non ride, non può ridere più visto il lavoro che fa.


«Ma te restano ‘e parole / E ‘o scuorno ‘e te ‘ncuntra’.  Ma passanno quaccheduno / Votta l’uocchie e se ne va». Ma ti restano le parole e la vergogna di incontrarti in strada. Il cantautore immagina l’incontro con la ragazza che porta pesante il fardello del «noto mestiere» che tutti sanno e tutti fan finta di ignorare. E passando,  qualcuno butta gli occhi e se ne va, qualcuno guarda, con occhio interessato, ovviamente  e se ne va. Un arpeggio dolce, quasi una nenia, una delle canzoni di Pino Daniele più amata dai ragazzi che armeggiano con la chitarra per la sua facilità negli accordi.

l tema dell’acqua, l’acqua che ripulisce dallo sporco della vita e di un mestiere e al tempo stesso riporta tutto al punto di partenza ed è l’unica salvezza a volte per i vicoli arsi dal sole o sporchi e poveri. Un auspicio: «Tanto l’aria s’adda cagna‘» e l’aria si deve cambiare e con essa , si spera, una vita troppo pesante.  A oltre quarant’anni dalla sua incisione, “Quanno chiove” resta di sicuro uno dei capolavori dell’artista partenopeo morto il 4 gennaio 2015, interpretata da voci femminili come Mina e Giorgia, ma anche da un Eros Ramazzotti emozionato quella notte allo stadio San Paolo. Era l’estate del  1994, durante il leggendario concerto insieme allo stesso Daniele e a Lorenzo Jovanotti, maxi evento che ebbe luogo poche settimane dopo la morte di Massimo Troisi.

Sciò è un live in cui il bluesman partenopeo si stacca dalla convenzione non solo del demo da studio, ma anche definitivamente dai canoni neomelodici, mettendo sul palco musicisti di una ecletticità unica e destinata a fare scuola.

Un disco tratto dal tour del mai troppo lodato e troppo spesso sottovalutato “Musicante” che lo riscatta in una versione rinnovata e coadiuvata da virtuosismi strumentali che aprono nuovi mondi che vanno oltre il Mediterraneo e il Golfo di Napoli, abbracciando il mondo e rendendo ogni ascoltatore “cosmopolita”.

Qualche esempio?  A urlare divinamente sul capolavoro “Chi Tene O Mare”, c’era un Gato Barbieri in formissima. Ma in qualche traccia si sente anche l’ultratecnico e bravissimo Bob Berg. Alle percussioni si fa sentire anche quel Nanà Vasconcelos che poi tornerà a suonare ancora con Pino, persino nel poco degno di nota “Iguana Cafè”.

A chiudere c’è l’inconfondibile Napule é, l’inno identitario di Pino Daniele tra amore, rivalsa sociale e poesia. L’arrangiamento della canzone venne curato da Antonio Sinagra ed è l’unico brano dell’album a non essere stato arrangiato dallo stesso Pino Daniele.

Il testo della canzone parla delle contraddizioni e della difficile realtà di Napoli e della sensazione di indifferenza e di rassegnazione per questa situazione

E’ un live fatto di creatività, improvvisazione, tecnica e amicizia. Quella che accomuna degli amici prima ancora che dei musicisti che si trovano su un palco per il piacere d’esser lì e aprire, in modo consapevole e inconsapevole allo stesso tempo, una nuova frontiera di quel “Partenope blues” che ancora oggi è inconfondibile e fa scuola.

Il viaggio finale che accomuna Joe Amoruso, Pino Daniele e Rino Zurzolo è quello di tre musicisti che ora si ritroveranno a suonare insieme ancora una volta, ecco come mi piace immaginare oggi una nuova versione di Sciò, sempre duttile, rinnovata e d’avanguardia… nel perfetto stile di chi sa bene cosa vuol dire fare musica.

In occasione del compleanno dell’artista, lo scorso 19 marzo, il cantautore napoletano é stato celebrato con una edizione speciale di Sciò Live, una riproduzione in vinile in edizione limitata Sciò Live – 40th Anniversary Album, contenente un doppio vinile nero con la versione rimasterizzata 2017 dell’album originale Sciò Live e un vinile 12” bianco con 4 bonus track inedite tratte da un concerto del 14 settembre 1984 a Roma.

Il cofanetto, a cura di Fondazione Pino Daniele Ets, è impreziosito da un poster con foto inedite dell’artista scattate dai suoi storici fotografi, Giovanni Canitano e Luciano Viti, e un ironico ed iconico sticker sagomato in puro stile “napoletano”. Grazie al lavoro di rimasterizzazione delle tracce audio estratte dai nastri analogici e digitali originali dell’epoca, è stato possibile donare una nuova vita sonora a 4 brani live incisi più di 40 anni fa e di migliorarne il suono senza stravolgerne l’essenza. Il progetto è stato realizzato con la supervisione artistica di Fabrizio Bianco per Fondazione Pino Daniele Ets.