EDITORIALE – Possiamo dire che la seconda metà degli anni ’70 non erano andati del tutto come i Rolling Stones si aspettavano: certamente la loro popolarità e le loro vendite non erano mai stati in discussione, ma la qualità dei loro lavori dopo Exile On Main St. era scesa verticalmente, soffrendo la profonda deriva nelle droghe di Keith Richards e le continue distrazioni di Mick Jagger dovute alla sua attrazione verso il jet set.
Prendiamo il 1977 ad esempio, il mondo che inizia a conoscere la Disco Music, l’avvento di Tony Manero e la sua Febbre del Sabato Sera che relegano il blues e il rock a palcoscenici inferiori. I Beatles si erano sciolti, i Pink Floyd stavano per farlo e gli Zeppelin erano in crisi esistenziale, quindi toccava a quelli capaci di viaggiare in ogni epoca senza portarne i segni salvare il genere.
Ancor di più il punk aveva ulteriormente messo alle corde gli Stones, che venivano considerati vecchi e logori dalle nuove generazioni, rappresentanti di un’era (gli anni ’60) che di colpo appariva sorpassata e pronta a essere facilmente dimenticata. Era necessario invertire la rotta e rimettersi in carreggiata, tornando a realizzare un album come ai vecchi tempi, quando erano i Rolling Stones che imponevano il loro sound durante le registrazioni e non dipendevano dall’estro del session man di turno (qualcuno ha detto Nicky Hopkins o Billy Preston?), che li costringeva a inseguirli verso un sound troppo patinato e lontano dalle loro grezze origini.
E così la band, proprio nel 1977, si trovava a Toronto a fare le prove per un concerto al night club Mocambo, quando Mick Jagger, “jammando” con il tastierista soul Billy Preston, intonò Miss you.. Questa canzone risente parecchio dell’influenza della disco music che allora si suonava nelle discoteche, e non le manca quel pizzico di blues caratteristico.
Jagger e Ronnie Wood insistettero che Miss You non fosse stata concepita come una canzone disco, mentre invece Keith Richards disse: «…Miss You era proprio una canzone disco dannatamente buona; fu programmata per esserlo». In ogni caso, il brano risente parecchio dell’influenza della disco music che si sentiva all’epoca nelle discoteche frequentate da Jagger durante la composizione della traccia. Charlie Watts raccontò: «Molte di quelle canzoni come Miss You su Some Girls… erano pesantemente influenzate dalla musica disco. Si può capire anche dallo stile delle percussioni». Per le parti di basso, Bill Wyman prese spunto dal basso suonato da Preston nel demo della canzone.
A differenza degli altri brani di Some Girls, Miss You, contiene l’apporto di numerosi musicisti di studio. Oltre all’armonicista Sugar Blue, che secondo quanto affermato da Ronnie Wood fu reclutato mentre suonava per le strade di Parigi, anche Ian McLagan suona il piano elettrico, e Mel Collins l’assolo di sax nel break strumentale.
La versione del disco dura più di otto minuti, e contiene diversi inserti strumentali aggiuntivi. La traccia venne remixata da Bob Clearmountain, allora aspirante ingegnere del suono. La versione estesa di Miss You è stata inclusa nella compilation Rarities 1971-2003 in versione accorciata a 7 minuti e 31 secondi.
La canzone parla del senso di vuoto che si prova quando la persona amata si allontana, ma anche della mancanza come sentimento più generale. E’ uno dei brani più eclettici degli Stones, con una base ritmica che ancora oggi fa scuola, come le movenze di Mick Jagger in un brano sospeso tra blues, rock e disco su cui è impossibile stare fermi.
Some Girls mise così gli Stones di fronte alla necessità di fare un nuovo disco che rispondesse ai non pochi interrogativi che pesavano sulle spalle del gruppo, che oltre ai problemi evidenziati rischiava anche di perdere per sempre l’apporto di Keith Richards: su di lui pendeva la possibile condanna al carcere a vita dopo l’accusa di traffico di stupefacenti in Canada (per sua fortuna in seguito convertita al solo possesso, con conseguente condanna ai lavori sociali e a curare la dipendenza). Mick Jagger desiderava inseguire le mode imperanti e incidere un disco che suonasse come il più punk di tutti, scontrandosi con la ferma volontà di Richards di stoppare questo tentativo di inseguire una moda che considerava passeggera. Le discussioni si trascinarono a lungo e videro anche l’abbandono degli studi parigini Pathé-Marconi di Ian Stewart (il sesto, orgoglioso, Stones) che non sopportava l’idea di suonare “quell’immondizia”.
L’assenza anche dell’ex membro fondatore del gruppo (che preferì sempre vivere un passo indietro i suoi scatenati compagni) costrinse Jagger a imbracciare la chitarra per sostituire il pianoforte di Stewart. La felice intuizione di Ronnie Wood (che divenne membro effettivo della band proprio con Some Girls) fu seguita da quell’inestimabile lavoro di raccordo tra i due giganteschi ego dei leader che dura ancora oggi e che ha permesso ai Rolling Stones di sopravvivere a innumerevoli guerre intestine. Jagger acconsentì a smorzare la ricerca di punkitudine, ma ottenne da Richards una concessione alla Disco, che permise di proseguire i lavori senza altri intoppi. Durante le sessioni vennero incisi e abbozzati una cinquantina di pezzi che sarebbero confluiti anche nei successivi lavori del gruppo e che testimoniarono la ritrovata ispirazione dei Glimmer Twins, finalmente ai loro livelli.
Nacque così un album dalle molteplici influenze e dalla grande voglia di tornare a essere gli Stones di una volta: dalla frequentazione dello Studio 54 e delle discoteche, proprio per variare i loro ambienti di ispirazione.
La cover di Just My Imagination dei Temptations fu una concessione nei confronti del frontman, desideroso di avere un brano pop rock che potesse rappresentare degnamente il loro nuovo sound nelle radio.
I pezzi più rock (When The Whip Comes Down, Lies, Respectable, Shattered) mostrano la brillante e solida sintonia tra le chitarre di Wood e Richards, che finalmente ha non solo un compagno di giochi, ma soprattutto qualcuno con cui fondere la sua energia e sostenere i vocalizzi di Jagger.
La titletrack (investita di innumerevoli polemiche per la sua misoginia) ha un ritmo compassato e sornione, in cui l’armonica di Sugar Blue si insinua donandole un’inflessione blues invidiabile.
Il tenue country rock di Faraway Eyes, in cui Jagger si mostra come al solito un maestro (in questo caso quasi a parodiare il genere), è uno dei momenti più interessanti del disco, mentre la ballad Beast Of Burden è tra le più belle mai realizzate dal gruppo.
Menzione a parte merita Before They Make Me Run, l’ultimo brano inciso nel gennaio del 1978, prima della pubblicazione dell’album: uno scanzonato, ma consapevole Keith Richards canta la volontà di liberarsi per sempre dalla dipendenza dalle droghe, imponendosi di voler “iniziare a camminare, prima che altri lo facciano correre”. Quando a marzo l’album fu pronto, Richards era già tornato a frequentare l’eroina.
Some Girls venne pubblicato l’11 Giugno del 1978, arrivando in cima alle classifiche quasi ovunque e dimostrando che i Rolling Stones avevano ancora qualcosa da dire. Il disco si dimostrò una grande prova soprattutto di Mick Jagger, che riuscì a rimettere in ordine il gruppo dopo l’arresto di Richards: le scelte compiute e la capacità di tornare a collaborare fruttuosamente con il suo amato/odiato gemello (ora che la vena creativa di Keith Richards non era più del tutto ottenebrata dalle droghe) permisero di respingere al mittente le accuse di fine imminente.
Lontani dalla rudezza dei loro primi lavori e dall’abbacinante bellezza rock degli album a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, i Rolling Stones si riappropriarono della loro storia pubblicando un disco solido, decadente, furbo, a tratti sincero e orgoglioso, che è anche il loro ultimo capolavoro.
A dieci giorni dal live di San Siro per il leggendario Sixty Tour, vi annuncio che in scaletta, nei brani che la band suonerà, ci saranno Miss You e Beast Of Burden…