#TellMeRock, i quarantuno anni di Love At First Sting, il capolavoro duro e sentimentale degli Scorpions

EDITORIALE – Ricordo come fosse oggi un giorno di ormai qualche anno fa: ero un liceale intento nell’avida ricerca di nuova musica, dopo che gli idoli di sempre, i Pink Floyd, mi avevano ormai saziato a sufficienza. Avevo già scoperto i grandi del rock e dell’hard rock, nonché i pesi massimi dell’heavy come i Black Sabbath e gli Iron Maiden, ma a quell’epoca (bei tempi!) certe sonorità erano ancora leggermente troppo pesanti per il sottoscritto, che viceversa spasimava per il connubio fra potenza e melodia di leggende quali Led Zeppelin e Deep Purple.

Un pomeriggio, quasi per caso, mi capitò sotto orecchio in radio un brano di una band che non avevo mai sentito nominare: il brano in questione si apriva con un riff di quelli che non si dimenticano ed un titolo da inno, Rock You Like a Hurricane, e gli autori erano dei simpatici tedeschi chiamati Scorpions. Fu l’inizio di un amore sperticato per questo grandissimo gruppo, che ci ha regalato brani ormai entrati nell’Olimpo del rock, riff che ogni aspirante chitarrista ha provato almeno una volta a strimpellare e dischi qualitativamente quasi sempre sopra la media.

Dopo il successo clamoroso ottenuto da Blackout, per gli Scorpions si presentava il difficilissimo compito di dar vita ad un successore dello stesso livello. La band non ha però voluto riposare sugli allori, mettendosi duramente al lavoro su Love At First Sting. Il risultato fu davvero eclatante, perché la band tedesca riuscì addirittura nell’impresa di superare il loro precedente disco.

Come fu la Gioconda per Leonardo, Guernica per Picasso o la partita Argentina-Inghilterra del 1986 per Diego Armando Maradona, Love At First Sting, quarantuno primavere compiute lo scorso 27 marzo, divenne subito il capolavoro assoluto per Rudolf Schenker e gli altri ragazzi della band. Nota storica, questo full length fu uno dei primi in assoluto ad essere registrato in digitale.

Lo stile di questa fatica musicale è puro hard-rock molto tirato, infatti vi è presente una sola ballata, che tra l’altro chiude il Cd in maniera egregia. Il sound è ormai quello classico degli Scorpions, ovvero grande uso delle chitarre elettriche e ritmiche, batteria che essenzialmente da i tempi senza mai strafare, e basso che non si sente mai moltissimo, ma fa il suo lavoro a dovere. Inultile ricordare che la voce è sempre pulita, mantenuta su ottave abbastanza alte e soprattutto senza sbavature e stonature, che non sono esattamente il
pane di Klaus Meine, troppo sottovalutato da tanti.

L’album è composto da 9 tracce, delle quali almeno 4 sono da considerarsi classicissime della band (e che infatti vengono regolarmente incluse nei vari Best Of), ma anche le altre sono di tutto rispetto e meritevoli di essere ascoltate più e più volte.

Love at First Sting si apre con l’ottima Bad Boys Running Wild che inizia con una schitarrata in discendendo seguita da un riff che già fa capire come sarà il seguito della canzone e di tutto il Cd, ovvero elettrizzante. Il pezzo prosegue crudo, quadrato, potente e a ritmo regolare (il titolo, “I ragazzi cattivi corrono selvaggi”, mai fu più azzeccato), con la elettrica sempre a fare la differenza sullo sfondo, regalando anche un gran bell’assolo al centro della canzone.

Finita Bad boys attacca subito la intro di un’altra classicissima, una delle migliori song di sempre del gruppo, molto più maestosa della già bella canzone precedente. Naturalmente sto parlando dell’icona già sopra citata Rock You Like an Hurricane. Qui le chitarre sono meno presenti durante le strofe, nelle quali gli strumenti mantengono più che altro il ritmo, mentre infuriano durante tutto il resto della traccia, partendo dalla esaltante intro, passando per i refrain e arrivando ai tremendi assoli, il primo seguente al secondo ritornello e il secondo alla fine.

Probabilmente Rock You Like an hurricane è la miglior “rocker” del Cd, ma la successiva I’m Leaving You non sfigura di certo. Pezzo molto veloce e “pulito” rispetto ai precedenti due, I’m Leaving you ha subito la chitarra elettrica a tenere il ritmo del pezzo (il motivo per cui la traccia risulta sonoramente più pulita), accompagnata da un basso che stavolta risulta sì molto in evidenza rispetto alle tracks precedenti. Forse il miglior pezzo del Cd per quanto riguarda l’intonazione fra la voce di Meine e la sonorità degli strumenti, che sembrano davvero fusi in un tutt’uno molto pregevole e gradevole.

Molto ingannevole risulta essere Coming Home, l’ennesimo pezzo da 90 e song apertura di molti live, in quanto è tranquillissima e ricca di pathos per il circa il primo minuto e mezzo, per poi esplodere in un brano velocissimo, a livello di headbanging. L’assolo è tagliente e velocissimo, e sebbene la traccia non vari molto nel suo complesso, non annoia nemmeno per un istante. In una parola, eccezionale.

Molto più quadrata e ruvida sembra essere all’inizio la quinta song del Cd, ovvero The Same Thrill, ma dopo pochi secondi si viene subito smentiti, in quanto si sfocia subito in un altro pezzo da sbattere la testa.
La voce è più alta e urlata rispetto ai pezzi precedenti, ma non perde comunque il suo fascino, ma per il resto la song poteva essere pensata meglio, in quanto è sicuramente la peggiore del disco, pur non risultando orribile. Le chitarre vanno a ritmo sfrenato, seguite da una batteria più che convincente, ma nel complesso nulla di paragonabile alle tracce precedenti.

Prima di descrivere le canzoni avevo detto che Love at First Sting aveva almeno 4 classiche, ecco, Big City Nights è sicuramente una di quelle. Veloce ma non velocissima, dotata però di una grande carica, è un pezzo che riesce a trascinare in pieno l’ascoltatore grazie ai suoi riff controllati ma di grande effetto, e anche per merito di ottime sfumature melodiche fatte dalla solita eccezionale elettrica, davvero su di giri per tutto il Cd. Nella sua semplicità è di grande effetto anche il refrain, ciliegina sulla torta di un brano 5 stelle.

Bella, anche se sottovalutata è anche As Soon as The Good Times Roll, canzone che varia in sprazzi più lenti ed altri più accattivanti. Klaus Meine esibisce una voce non aggressiva, ma molto melodica, nelle strofe, per poi variare e diventare più diretto, ma comunque molto intonato, durante il solito, eccellente, ritornello. Unica pecca della canzone, l’assolo, poco distinguibile dal resto della track.

Tono molto “militaresco” in apertura per la penultima track del disco, ovvero Crossfire, che mantiene il medesimo ritmo per tutta la sua durata, ma che nonostante ciò non sbava di una virgola. Molto buono il mix degli strumenti, che stavolta si sentono bene tutti quanti, con la voce, registrata quasi in modo corale. L’assolo anche qui non esce dagli schemi metrici della canzone, ma forse in un pezzo come Crossfire è meglio così.

Come già detto prima, l’ultima traccia di Love at First Sting è una ballad con la B maiuscola. Trattasi infatti della somma Still Loving You, pezzo romantico dalla melodia dolce e allo stesso tempo decisa, con una lirica estremamente dolorosa e romantica nello stesso tempo. La canzone tecnicamente non esprime al massimo le capacità sonore della band, come normale per una ballad, ma dà emozioni vere, il cui effetto è assicurato senza possibilità di errore.

I 7 minuti di Still Loving You completano questo Love at First Sting, capolavoro della musica rock degli anni 80 e disco che probabilmente farà ricordare questa band agli appassionati del genere ancora per lungo tempo. Oltre a ricordi di amicizie e giri in auto che difficilmente dimenticheremo.

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