#TellMeRock, i quarantuno anni di Musicante e quel Pino Daniele cittadino del mondo

EDITORIALE – Metà anni 80. Peter Gabriel è ormai orfano dei Genesis e fonda, attraverso nuove sonorità e melodie, lo stile della “world music”, un insieme di contaminazioni musicali provenienti da ogni parte del globo e inseriti in brani singoli o interi dischi, dai bonghi africani fino agli strumenti provenienti dalla foresta Amazzonica. In Italia un pioniere però gia’ c’è, vive e suona a Napoli ed ha lo sguardo sempre rivolto al Mediterraneo e a quello che c’è oltre. Si chiama Pino Daniele e il 18 maggio del 1984 pubblica un suo piccolo ma grande capolavoro che porta il titolo di Musicante.

Daniele con Musicante recupera importanti quote di mediterraneità (immettendone pure di inusitate) che nei precedenti tre dischi aveva fatto posto all’americanità, la quale si era ancor più innervata pure attraverso ospiti eccezionali come Wayne Shorter e Alphonso Johnson (qui ancora presente al basso elettrico).
Quindi, lì forti connotazioni Jazz e Funk, qui no.
In special modo in Musicante è del tutto assente il Blues, da sempre presente nella musica di Daniele.

Il disco è parecchio acustico e cordofono, l’artista napoletano utilizza molto (oltre alle comuni chitarre e il mandoloncello) la chitarra battente, che è una peculiare chitarra 5 corde (ma doppie e in metallo) diffusa nell’Italia meridionale secoli fa: usa pure una versione elettrica solid body (15 tasti).
Pino ha sapientemente distribuito gli interventi dei musicisti scelti per questo progetto, si è garantito un importante contributo alle sue composizioni avvalendosi di ospiti internazionali del calibro di Naná Vasconcelos (percussioni) e Mel Collins (sassofoni).
Poi c’è Joe Amoruso alle tastiere, divenuto quasi il suo braccio destro: notevole che non è affatto usato il piano elettrico che fino allora era quasi un marchio timbrico-armonico della musica di Daniele.
​All’altezza anche Agostino Marangolo alla batteria e Rino Zurzolo (al contrabbasso in Santa Teresa e Lazzari felici) che eseguono brillantemente le loro parti.

Come al solito Pino canta nei tre idiomi (napoletano, italiano, inglese), e nel pezzo di apertura Keep on Movin’ li fa succedere tutti e tre; qui è presente un suo grande assolo all’elettrica battente perciò con un suono particolare (curati cori di rinforzo di Pino stesso, ovviamente sovrainciso: pochissimo usati nelle precedenti produzioni). Un bell’impatto.

Suono elettrico (della battente) che usa ancora nel consecutivo Just in Mi che mantiene alto il tono, seppur con qualche zona un po’ più riflessiva (presenti ancora “autocori”).

Si cambia col seguente, che già col titolo preconizza un cambio di umore: Disperazione. Ma non è così radicale come ci si potrebbe aspettare; mancano batteria e chitarra elettrica, presenti chitarra classica e battente acustica, col basso in evidenza; qua e là percussioni e tastiere (pure il pianoforte). Un pezzo alquanto sincopato: breve solo di Pino con la battente, e successivamente quello più articolato del contralto di Collins che porta a conclusione.

Ecco emergere la “melanconia” mediterranea nel breve Lassa che vene, in cui trova posto ancora un intervento solistico di Daniele, sempre con la chitarra acustica battente.

Si rialza la temperatura con Io ci sarò, tambureggiante… il piano acustico di Amoruso in risalto, anche le sue tastiere (in secondo piano) ben intessono la trama; efficaci interventi di Collins al contralto.

La seconda parte di Musicante si apre con Oi né, la cui perentoria introduzione è dominata dall’elettrica battente di Daniele su una base battagliera, quasi “scozzese”, per poi diluirsi in un pezzo più placido in cui trovano posto (oltre agli “autocori”) un bell’assolo di Pino e un intervento al soprano di Collins.

Il quieto e lineare Stella nera è, però, il brano armonicamente più movimentato; peraltro lo spazio sonico è ampio, affatto non saturato: solo chitarra classica, basso, tastiere e batteria, qualche coro. Emergono qua e là ottimamente dosati gli interventi di Naná Vasconcelos e ancora il soprano di Collins nel finale.

Santa Teresa è invece il brano più particolare di Musicante in quanto a portamento ritmico giacché, seppur morbido, è, soprattutto nella sezione introduttiva, parecchio sincopato e frastagliato, inducendo a percepirlo dispari; anche la scansione oscilla tra lento e il suo raddoppio. Altresì le interazioni e interpolazioni della melodia cantata, degli strumenti e l’assolo di contrabbasso con l’archetto lo rendono comunque alquanto peculiare.

Ancora musica inconsueta, fusion, con Acchiappa acchiappa. Amalgama generale di suoni e di parti, di batteria e percussioni, di tastiere con accordi, interventi solistici e cicliche sequenze, si staglia Daniele col cantato (ancora “autocori”) e con la chitarra elettrica.

Poesia acustico-mediterranea di Lazzari felici, contrabbasso con l’archetto che prima espone la melodia poi contrappunta la voce di Pino, che si accompagna con la chitarra classica; non si può non citare il breve ma singolare intervento di carillon a 1’55”.

Disco che ha la sola colpa di arrivare dopo i capolavori “Vai Mo” e “ Bella M’briana” e che è musicalmente avanti a tutti i precedenti dischi fondamentali che Pino aveva fatto; basta leggere chi ci suona e la base ritmica sostenuta da un certo Agostino Marangolo ( proveniente dai Goblin), Alphonso Johnson al basso e Rino Zurzolo al contrabbasso. Disco che grazie alla sua qualità fu subito apprezzato da pubblico e critica, raggiungendo il secondo posto dei dischi più venduti.

Album da avere ed ascoltare assolutamente, in ricordo di quanto la musica italiana, nel 1984, grazie a certi artisti, era più avanti e moderna di oggi.

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