EDITORIALE – 8 gennaio 1993. L’Italia è scossa da Tangentopoli e proiettata verso la caduta della Prima Repubblica.
Come eredità di fine anni ’80, il rock faceva da apripista a un contesto musicale sempre più intriso di tematiche sociali e di denuncia. Basti pensare al compianto Giorgio Faletti, che dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio portò la sua Minchia Signor Tenente nel 1994 a Sanremo come inno contro la mafia e le stragi.
Ma nell’anno precedente, dopo il percorso iniziato con Litfiba 3, la band di Piero Pelù, proprio nella suddetta data, pubblica il suo Terremoto, secondo album della celeberrima “Tetralogia degli Elementi”.
Dopo El Diablo, la band fiorentina si apre a sonorità più dure, dopo armonie intrise da ritmi arabeggianti o mediterranei e strumenti etnici. Aprirsi alle sonorità dell’hard rock poteva risultare un azzardo, visto che in Italia non c’era una cultura molto prospera per la musica dura. Era, infatti, un settore ancora di nicchia che si stava però evolvendo abbastanza velocemente.
Terremoto è il disco più duro e pesante della storia dei Litfiba, un album che vide l’ingresso in formazione di un nuovo batterista, Franco Caforio, che è forse il personaggio-chiave in questo senso, oltre al ruolo importante che ebbero i tempi stessi. Piero Pelù e compagni sperimentarono questa formula ancora più dura anche grazie all’ingresso di Caforio, che aveva mosso i suoi primi passi nel gruppo metal dei Death SS.
Non bisogna perdere di vista però l’anno in cui viene registrato Terremoto, perchè i Litfiba possono anche cambiare melodia diciamo, ma non perdono la loro indole alla denuncia sociale e all’ironia sull’attualità che li circonda.
Il disco si apre infatti con Dimmi Il Nome, rivolta agli scandali della Prima Repubblica ad opera delle varie rappresentanze politiche di quel periodo e rivolta anche alla corruzione e alle attività mafiose (argomenti che verranno ripresi anche in Soldi) ma anche alla manipolazione dei mass media. Tema di Mani Pulite e scandalo Montedison che verranno ripresi, senza tanti fronzoli, dallo stesso Piero Pelù dai palchi del successivo Terremoto Tour.
Il disco è un susseguirsi di sensazioni più o meno positive, dalle tracce appunto più dure e di denuncia come la stessa Maudit, una vera e propria scossa di assestamento dopo la ruvida opener del disco, una canzone che si ricollega agli scandali socio-politici, spostandosi stavolta su quelli della loggia massonica Propaganda 2 (P2), altro armadio pieno di scheletri buio e misterioso, che riprese le attività dalle ceneri della loggia originale dopo la fine del regime fascista, alle tipiche ballad che il gruppo ha già avuto modo di proporre nei precedenti dischi.
Tuttavia, sono ballad che nascondono una vena decisamente rock come può risultare facilmente all’orecchio l’arpeggio della epica Fata Morgana, ricordando quasi il modo di aprire alcune canzoni dei Metallica (oltretutto lo stesso logo adottato per questo disco è un facile richiamo alla band americana dell’epoca), sebbene poi i ritmi si attenuino con un testo che parla di smarrimento e allucinazioni.
Una canzone che va a braccetto con Prima Guardia, anch’esso pezzo di denuncia contro le guerre, in particolare l’allora contemporaneo conflitto serbo-bosniaco, e contro il servizio militare obbligatorio.
Non si rinuncia al sarcasmo anche qui e la blueseggiante Il Mistero di Giulia, con un grande assolo di Ghigo Renzulli ne è un esempio: un testo sarcastico che continua le vicende di Gioconda, includendo una vena di sconfitta per la felicità e la spensieratezza; viene narrata la storia di una coppia in crisi, con lui in ricerca di sensazioni nuove che trova appunto in “Giulia”, la quale altri non è che la sua compagna in incognito:
Arriva il gran finale affidato ad un altro granitico pezzo, Sotto il Vulcano, dedicata ad Augusto Daolio dei Nomadi morto di tumore nel 1992: una canzone che sale dopo un gorgoglio di magma che introduce un leggero riff prima che vengano sfoderati gli artigli; canzone tipicamente rock anni ’90, senza dedicarsi troppo ad appesantiti ed inutili arrangiamenti che talvolta rovinano appunto l’essenza di un brano semplicemente rock.
Questo Terremoto è di per sè uno dei dischi di svolta per il gruppo, il quale si scrolla di dosso definitivamente la new wave ancora presente fino alla “Trilogia del Potere” e appesantisce ulteriormente il discorso iniziato con El Diablo.
Canzone significativa, ma che forse si scontra un pò troppo con il tema e i suoi del disco è Firenze Sogna, che avrà anche un significato importante per il gruppo, il quale vede appunto la città come vittima degli scandali, ma che fa perdere un pò di tensione il disco attenuando un po’ troppo i ritmi.
Comunque sia, questo disco li portò ancora una volta tra i nomi importanti del rock europeo e, grazie alla sua durezza, riuscirono ad approdare anche al Roskilde Festival nel quale condivisero il palco con Motörhead, Anthrax e altri. E’ senza alcun dubbio uno dei migliori lavori dei Litfiba, un disco di svolta e con tutte le cose a posto, per certi versi importante quasi quanto lo storico 17 Re.