#TellMeRock, I vent’anni di Dynamite: il groove dei Jamiroquai che accende la coscienza

EDITORIALE – Il 20 Maggio del 2005 segna il ritorno discografico dei Jamiroquai con Dynamite, sesto album in studio e primo lavoro dopo quattro anni di silenzio successivo a A Funk Odyssey del 2001. La band britannica capitanata da Jay Kay sceglie ancora una volta di affondare le mani nel suo DNA musicale – fatto di funk, disco, soul e acid jazz – ma lo fa con un piglio nuovo, più maturo e consapevole, dove l’energia ritmica convive con una marcata attenzione ai temi sociali e ambientali.

L’album si apre con “Feels Just Like It Should”, una traccia potente che combina groove funk e attitudine rock, scandita da chitarre distorte, basso pulsante e un beat elettronico che mostra subito l’evoluzione sonora del gruppo. Il brano, uscito anche come singolo, ha un’energia quasi cinematografica, con un Jay Kay in stato di grazia.

La title track “Dynamite” è una dichiarazione d’amore alla disco music anni ’70, con atmosfere glitterate che ricordano i Bee Gees, ma anche lo chic dei Chic di Nile Rodgers, senza però perdere il tocco distintivo della band. Qui la sezione ritmica fa da padrona, tra linee di basso sinuose e arrangiamenti sofisticati.

Tra i momenti più ispirati del disco spicca “Seven Days in Sunny June”, una ballata pop-funk dal tono nostalgico e intimo. Parte con una chitarra acustica leggera, ma si apre via via in un crescendo che trasporta l’ascoltatore in un’estate malinconica, costruita su una melodia brillante e un arrangiamento arioso.

Altro highlight è “Starchild”, che fa da ponte tra l’acid jazz degli esordi e il sound più elettronico degli anni 2000: una traccia che si muove elegantemente tra groove ipnotici e atmosfere cosmiche, evocando le influenze di Herbie Hancock e Stevie Wonder.

Dynamite non è però solo ritmo e stile: è anche un album che parla al presente, con testi che affrontano tematiche importanti. “World That He Wants” è una delle composizioni più intense e minimali del disco, con un tono cupo e riflessivo. È una critica esplicita alla logica bellica e imperialista del potere globale, quasi una preghiera laica per un mondo migliore.

Don’t Give Hate a Chance” rilancia il messaggio con una carica più pop e diretta. Il brano è un invito alla tolleranza, all’inclusione e alla resistenza contro l’odio, con un videoclip animato divenuto iconico per la sua forte impronta pacifista e umanista.

Dal punto di vista musicale, Dynamite è uno degli album più eclettici e curati della carriera dei Jamiroquai. Ogni brano è costruito con una meticolosa attenzione agli arrangiamenti e una produzione sempre brillante.

“Black Devil Car” è un’esplosione funk-rock ad alto tasso adrenalinico, che racconta le passioni viscerali di Jay Kay per le automobili sportive.

Talullah” si muove invece su coordinate jazz-soul, con un’intensa parte di archi che accompagna una delle performance vocali più emotive del disco.

In “Electric Mistress”, elettronica e psichedelia si intrecciano in una struttura che sfugge alla forma-canzone classica, proponendo un’atmosfera notturna e un po’ alienante, quasi da club underground. Il lavoro di Nick Fyffe al basso e di Derrick McKenzie alla batteria dà al disco una spina dorsale solida, su cui si innestano fiati, tastiere vintage e inserti elettronici mai invasivi.

Con Dynamite, i Jamiroquai dimostrano di sapersi rinnovare senza tradire le proprie radici. L’album è un perfetto equilibrio tra forma e contenuto: da un lato una produzione impeccabile, con arrangiamenti ricchi e suoni calibrati al millimetro, dall’altro una visione artistica che mette al centro la responsabilità sociale, l’identità culturale e il potere trasformativo della musica.

Pur non avendo avuto lo stesso impatto commerciale dei precedenti lavori, Dynamite rappresenta una tappa fondamentale nella carriera del gruppo, consolidando la loro reputazione come una delle realtà più credibili, sofisticate e longeve della scena funk e soul internazionale.

Un disco da (ri)scoprire, per chi cerca groove, coscienza e qualità in un’unica esperienza d’ascolto.

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