#TellMeRock, i ventisette anni di Ok Computer, il brit rock introspettivo e sperimentale dei Radiohead

EDITORIALE – Metà degli anni 90 in Inghilterra. Impazza il dualismo “brit rock” tra Oasis e Blur, mentre rimane scoperta la scena new wave e post punk, desolatamente lasciata scoperta dopo la fine di Joy Divisions e Smiths.

In questo “deserto” c’è un gruppo che si affaccia in maniera sperimentale e innovativa alla scena musicale britannica e non solo. Le loro canzoni, affollate di loser e di creep, di androidi e di rottami spaziali, rappresentano una svolta nel modo di intendere la musica e di accettarne contaminazioni e arrangiamenti futuristici alla Alan Parsons.

Loro sono i Radiohead i quali, il 21 maggio del 1997, pubblicheranno il loro album più conosciuto ancora oggi e dal titolo Ok Computer.

Il pezzo apripista e piccola gemma di questo disco è sicuramente la traccia Karma Police, con un riff al piano molto simile a quello di  Sexy Sadie dei Beatles. Il rimando è giustificato dal fatto che durante le registrazioni, i Radiohead ascoltavano continuamente Beatles, Miles Davis, Dj Shadow ed Ennio Morricone.

Karma Police fu eseguita per la prima volta live, prima ancora di essere incisa, nel 1996, quando il gruppo di Thom Yorke faceva da supporto ad Alanis Morrisette nel Cant’not Tour negli stadi americani.

Il titolo fa riferimento a un gioco interno alla band. Quando qualcuno sbagliava atteggiamento o comportamento, si invocava l’intervento “della polizia del karma”, cioè quella che aveva il compito di riportare tutto alle giuste dimensioni, vale a dire alla naturalezza delle cose, a ciò che non siamo e non quello che la nostra follia a volte ci spinge a diventare.

In molte interviste Thom Yorke ha dichiarato che è un brano contro il capitalismo e contro i cosiddetti boss delle grandi compagnie, un tema che riecheggia in tutto Ok Computer.

Fu registrata nel 1997 a Bath, luogo sacro sia per il Graal che per i Led Zeppelin, in un maniero di proprietà dell’attrice Jane Seymour, la Bond girl di Vivi e lascia morire. Il bizzarro effetto finale è dato dalla distorsione di chitarra di Ed O’Brien.

L’album rappresenta un vero e proprio punto di svolta dal precedente lavoro del gruppo, The Bends, basato sulla chitarra e su testi introspettivi, per dirigersi verso testi astratti e musica sperimentale, che pose le basi per tutti i lavori successivi del gruppo.

Ok Computer portò un cambio di rotta dal genere più popolare in quel decennio, il britpop, a un rock alternativo più malinconico e atmosferico, che sarebbe poi prevalso negli anni 2000.

 La traccia nostalgica e sognatrice, si avverte anche in un altro capolavoro dei Radiohead: No Surprises, prima canzone a essere incisa una volta entrati in studio per registrare Ok Computer.

Thom Yorke l’aveva scritta in Norvegia, mentre i Radiohead facevano da gruppo spalla ai R.E.M.. A Oslo, nei camerini, il 3 agosto 1995, la fece ascoltare per la prima volta ai compagni.  In origine era la storia di un uomo stanco della piega che la sua vita stava prendendo.

Era un quadro al tempo stesso molto realistico ma per certi versi anche surreale nelle immagini usate da Yorke.  Uno dei versi della prima versione diceva infatti: “Lui era stanco delle scuse di lei/ per non spogliarsi mentre sanguinava in bagno”. Nei giorni successivi a quella data norvegese, Yorke lavorò alle liriche togliendo i riferimenti alla storia sentimentale e concentrandosi sulla disperazione di un uomo che, con il cuore gonfio di dolore, un lavoro che lentamente lo uccide e un governo che non lo aiuta, decide di scegliersi una vita più tranquilla, con “un po’ di monossido di carbonio, nessun allarme e nessuna sorpresa”. Una bella casa, un bel giardino, e l’ossimoro innato del brano:  la tristezza di un suicidio con una melodia spensierata.

Yorke voleva proprio questo: raccontare questa storia con una musica gioiosa e serena, come ha dichiarato in un’intervista del 1997, “una via di mezzo tra Marvin Gaye e il Louis Armstrong di What a Wonderful World.

Paranoid Android è un’altra pietra miliare dell’album, dura quasi 6 minuti e mezzo ed è accompagnato da un video surrealissimo: facile capire perché MTV non l’abbia passato neanche una volta.

Paranoid Android è un pezzo favoloso, diviso in tre movimenti a cui si aggiunge l’esplosione finale. Il testo è disperato e critico verso la generazione degli anni 80, gli yuppies cocainomani e “little piggy”. Ma le liriche dei Radiohead sono spesso difficili da interpretare… Molto più espressiva è la loro musica: la prima parte è costituita da delicati accordi sospesi su cui di tanto in tanto si innestano delle linee di basso originali e fantasiose, mentre l’alternanza di 4/4 e 7/4 della parte centrale offre alla chitarra aggressiva di Jonny Greenwood terreno fertile per un assolo bellissimo e spaziale. Proprio con l’assolo si passa alla sezione più triste del brano, con una sequenza di accordi discendenti che il falsetto di Yorke valorizza al massimo. In un crescendo di disagio e desolazione, il trascinato e laconico verso “God loves his children, yeah” spiana la strada all’esplosione sonora finale, che lascia completamente atterriti.

E’ un album che varia tra sperimentazione, trame “Dylaniane” e rock autobiografico ed emozionale. Un piccolo capolavoro nel lungo effetto domino che seguirà la discografia dei Radiohead, mai statica e sempre sorprendente e in evoluzione continua.

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