#TellMeRock, i ventuno anni di Meteora, i Linkin Park e la difficile eredità di Hybrid Theory

EDITORIALE – Meteora, pubblicato il 25 marzo del 2003, è il secondo disco in studio degli statunitensi Linkin Park (non considerando Reanimation del 2002 che è un album di remix) chiamata a raccogliere la difficile eredità lasciata dal fortunato e insuperabile disco d’esordio Hybrid Theory del 2000, a tutt’oggi considerato il miglior lavoro realizzato dalla band.

Il platter dispone di un songwriting che ricalca sostanzialmente il consueto stile del gruppo, inquadrabile nel movimento nu metal, che amalgama con efficacia heavy metal, elettronica, rap, hip pop e sezioni melodiche seppur con una maggiore tendenza nel ricercare ritmiche sempre più orecchiabili (tale orientamento si acuirà, purtroppo, nel prosieguo della carriera del compianto Chester Bennington e compagni). 

Meteora dà l’impressione di essere stato più pensato e risulta meno istintivo di Hybrid Theory con il solo evidente scopo di far permanere i Linkin Park nel mainstream soffocando eventuali processi evolutivi che forse in molti si attendevano. Alla fine i risultati in termini di vendite danno senza ombra di dubbio ragione alla band, ma con il tempo ampie fasce di pubblico più precipuamente metallaro hanno perso interesse per questa formazione.

Trentasei minuti di musica che si lascia ascoltare gradevolmente con alcuni picchi in cui aumenta il climax ma alternati, però, ad altri ritmi più ordinari e poco incisivi.

L’inizio è micidiale grazie a Don’t Stay, subito dopo l’intro Foreword, per merito di un riffing davvero azzeccato; segue Somewhere I Belong (fu anche il primo singolo), dotata di un refrain conosciutissimo anche se il pezzo è tra i più convenzionali del full lenght. Il video, diretto dal DJ del gruppo Joe Hahn e premiato come miglior video rock agli MTV Video Music Awards del 2003, mostra Chester Bennington che si distende su un letto al centro di una stanza in stile giapponese, con robot giocattolo e quadri di mostri. Sogna di precipitare con la sua coperta in mezzo agli altri componenti del gruppo, e poi si rialza eseguendo con loro il brano. Durante le parti rappate, Shinoda viene inquadrato davanti ad una cascata ed attorniato da ragazze incappucciate, probabilmente druidi. Questo è il secondo video in cui Shinoda suona la chitarra insieme a Brad Delson, sebbene durante le sessioni di registrazione di Meteora non abbia utilizzato lo strumento.

https://www.youtube.com/watch?v=zsCD5XCu6CM

Sale poi l’atmosfera con Lying From You e Hit The Floor, due composizioni maggiormente graffianti; il lato più melenso ed odioso dei Linkin Park emerge però in toto nella banalità di Easier To Run, dal ritornello comunque accattivante. 

Faint, (bellissima anche la versione del Live In Texas) è molto intrigante, grazie alle parti elettroniche ed al vocalism incrociato del duo Bennington/Shinoda.

Il brano è stato pubblicato in vari formati: CD, a sua volta pubblicato in tre diverse edizioni (la prima, che presenta una copertina blu, la seconda, che presenta invece una copertina marrone e la terza, con la copertina anch’essa blu ma che contiene i brani dal vivo delle prime due versioni), e 7″ picture disc, che contiene le medesime tracce della prima versione su CD (ad esclusione del video di Somewhere I Belong).

Una prima versione del brano è stata inserita nell’EP LP Underground 9: Demos. Le differenze risiedono nei testi e nel ritornello, quest’ultimo non cantato. Un’altra versione demo è stata invece inserita nell’edizione box set dell’album commercializzata nel 2023 in occasione dei vent’anni dalla sua uscita.

Il video musicale, diretto da Mark Romanek nei sobborghi di Los Angeles, mostra la band mentre suona di spalle sotto una scia di riflettori, dinanzi ad un pubblico di membri del Linkin Park Underground. Quasi tutto il video mostra la band da dietro e di profilo, grazie alle luci dei riflettori. I volti dei sei musicisti non si vedono tranne che nell’ultima parte, quando Chester Bennington grida per la terza volta dinanzi alla telecamera “I won’t be ignored”. A quel punto i Linkin Park si vedono faccia a faccia, sopra un palco in arte povera e pieno di graffiti, tra cui una versione mostruosa del soldato libellula di Hybrid Theory e alcuni simboli del gruppo

 Figure 09 rappresenta uno dei momenti migliori essendo munita di un riffing efficace; Breaking The Habit, secondo singolo, è piuttosto inusuale, con una ritmica che riporta a sonorità datate anni ottanta -sinceramente non l’ho mai sopportata.

https://www.youtube.com/watch?v=LpC0SKU6O00

La melodica From The Inside si lascia ascoltare senza infamia e senza lode, mentre uno dei picchi di Meteora è l’efficace hip pop di Nobody’s Listening.

https://www.youtube.com/watch?v=QJ87793QXes

La chiusura del disco spetta alla strumentale cibernetica Session (fu inclusa nella colonna sonora del film Matrix Reloaded dei fratelli Wachowski), dove a farla da padrone è l’elettronica e lo scratching di Joe Hahn, e alla melodica hit single Numb dominata dal sintetizzatore e dalla tastiera. Il brano è prevalentemente cantato da Chester Bennington, mentre Mike Shinoda rappa soltanto la frase «caught in the undertow, just caught in the undertow» nel pre-ritornello.

Nel 2023 Shinoda ha rivelato che il brano, all’epoca della scelta delle tracce atte a comporre la lista tracce finale di Meteora, era in lizza con l’allora inedito Lost in quanto condividevano «lo stesso tipo di emozione ed energia» (oltre alla struttura musicale) ma alla fine prevalse Numb in quanto ritenuto migliore nel complesso.

Il video, diretto dal DJ della band Joe Hahn e girato tra Praga e Los Angeles, mostra scene di una ragazza (l’attrice Briana Evigan) isolata da tutti perché cerca di essere se stessa e non quello che vogliono gli altri.

https://www.youtube.com/watch?v=kXYiU_JCYtU

Il disco, sapientemente prodotto da Don Gilmore, ebbe un successo commerciale davvero notevole, che però non riuscì a far dimenticare il capolavoro precedente di Hybrid Theory. Meteora comunque, ancora oggi, a vent’anni dalla sua uscita, regala quella carica emozionale che rispecchia l’anima innovativa dei Linkin Park, resa oggi però troppo malinconica dall’assenza e triste dipartita di Bennington, che proprio lo scorso 20 marzo, avrebbe compiuto 47 anni.