#TellMeRock, il dolore di Eric Clapton e i 33 anni di Tears In Heaven

EDITORIALE – La storia è tragicamente nota: nel 1991 Conor, il figlio di quattro anni di Eric Clapton e Lory Del Santo, precipita dal cinquantesimo piano di un appartamento di New York.

Per alcuni mesi Clapton è comprensibilmente distrutto, poi cerca di superare il dolore, o almeno di lenirlo, scrivendo una canzone.

Ha solo il primo verso, Would you know my name? If I saw you in heaven, (Sapresti il mio nome se ti vedessi in Paradiso?), e non vuole o non riesce ad andare avanti.

Si rivolge allora a Will Jennings, celeberrimo compositore con cui Clapton sta lavorando alle canzoni del film Rush, Effetto Allucinante, diretto da Lilli Fini Zanuck.

Jennings è perplesso, non vorrebbe lavorare a qualcosa di così personale e insiste affinchè sia Clapton a terminare il brano, ma alla fine cede e scrive Tears In Heaven che, inserito all’ultimo momento nella colonna sonora del suddetto film, diventa un successo mostruoso in tutto il mondo.

Classico caso di canzone la cui fama oscura quella del film. Altro esempio lampante di ciò è Knockin on Heaven’s Door di Bob Dylan, che travolge Pat Garrett and Billy the Kid.

Tears In Heaven verrà pubblicata da Clapton come singolo l’8 gennaio del 1992, anno in cui registrerà e pubblicherà anche uno storico ed eccezionale Unplugged.

Nel 2004 però, Slowhand rilascerà un’intervista con una dichiarazione quanto meno sconcertante. Mentre si trovava in Giappone, negli ultimi due mesi del 2003, si era reso conto che il dolore che era alla base di due canzoni, appunto Tears In Heaven dedicata al figlio e My Father’s Eyes dedicata al padre, “era scomparso e non aveva quindi più senso cantare o suonare quei brani”.

“La mia vita è diversa, ora”, aveva detto Clapton. Ma è difficile credergli, perchè come lui stesso ammette nella canzone, “le lacrime si asciugano solo in Paradiso”.