#TellMeRock, 16 Giugno 1986: ‘The Queen Is Dead’, l’ironia degli Smiths tra sentimenti e anarchia

EDITORIALE – Chiedete e vi sarà dato, come recita il Vangelo. Chiedi e forse avrai in cambio la felicità, perché io non ti dirò mai di no, come potrei?

Questa è la sintesi di Ask, singolo degli Smiths di Morrissey che anticipa l’album The Queen Is Dead, uscito il 16 giugno del 1986. 

La canzone è un invito a farsi avanti, a comunicare, a chiedere, a partecipare ma, al tempo stesso, è una difesa della timidezza: “La timidezza è bella ma non ti può fermare dal fare le cose che vorresti fare nella vita”. Come molti testi di Morrissey su musiche del chitarrista Johnny Marr, Ask ribadisce la possibilità e il diritto di ottenere le cose della vita, ma senza rinunciare alla peculiarità dell’individuo. Basta un piccolo sforzo.

Il protagonista della canzone si rivolge a un ragazzo timido e lo invita ad aprirsi e a chiedere, perché se non è amore, sarà sesso (questo il senso del verso più oscuro: If it’s not love, then it’s the bomb) e per aprirsi va bene lo stesso.

Commentando la canzone, Morrissey ha ricordato le giornate della propria adolescenza, trascorse a collezionare francobolli senza mai avere un contatto con il mondo. La decisione di aprirsi, disse una volta con il consueto dell’umorismo, fu incoraggiata dall’aumento del prezzo dei francobolli da 12 a 13 penny.

Ai gruppi del Regno Unito si sa, la Regina è una fonte di ispirazione inesauribile o di attacco, come abbiamo già visto in occasione di Nevermind The Bollocks dei Sex Pistols. Anche gli Smiths non vogliono essere da meno, e così in The Queen Is Dead, Morrissey inizia ad improvvisarsi un po’ contestatore e un po’ anarchico, ma sempre con classe. Partendo proprio dalla title track, presa a prestito il titolo dal romanzo di Hubert Selby, Last Exit To Brooklyn del 1964 e basata, musicalmente, su una canzone che Johnny Marr aveva cominciato a scrivere già da adolescente.

Morrissey lancia la sua pungente invettiva contro la Regina d’Inghilterra, in questa prima (di molte altre) canzoni contro la monarchia, definita dal cantante “del tutto contro ogni nozione di democrazia, oltre che un mistero per molte persone… per essere protetti da ogni eventuale indagine sulle loro ridicole storie, sui loro abiti da sposa e sui loro drammi da romanzi soap”.

Secondo i critici, gli Smtihs sono la più importante band di alternative rock che emerge nella scena musicale indipendente britannica negli anni ’80. Uno stile rock mai sopra le righe a livello musicale, ma energico ed ironico allo stesso tempo, con tecniche e sperimentazioni uniche firmate dal tandem non troppo idilliaco Morrissey/Marr.

Singolo di punta di The Queen Is Dead è certamente Big Mouth Strikes Again. La canzone fu scritta di Morrissey in reazione ai violenti attacchi subiti contro la sua persona da parte di certa stampa e dal pubblico britannico. Iconica al punto giusto (non ho alcun diritto di far parte della razza umana), caustica ( Tesoro, scherzavo quando dicevo che ti avrei volentieri spezzato tutti i denti che hai in bocca), coraggiosa nel suo paragonarsi a Giovanna D’Arco che brucia viva mentre il suo walkman si scioglie.

La voce acuta che si sente in sottofondo è dello stesso Morrissey, anche se accreditata ad Ann Coates, che in realtà non esiste. Non esiste fisicamente come persona, ma come luogo si, perché Ancoates è l’area di Manchester da cui provenivano gli Smiths.

Il singolo ha in copertina una fotografia di James Dean, idolo di Morrissey, che in suo onore ha anche scritto un libro intitolato James Dean Is Not Dead. Perché la Regina è morta, Il Gigante no.

Le tematiche degli Smths variano sempre tra attualità, stati d’animo, timori e innamoramenti non semplici, in un album in cui però il leader è particolarmente ispirato e volto alla negatività di un sistema, seppur democratico, in cui non si ritrova.

There Is A Light That Never Goes Out descrive la storia di due amanti e la loro stretta relazione, fra amore non dichiarato e morte, fino alle estreme conseguenze di un incidente stradale accanto alla persona amata (And if a double-decker bus / Crashes into us / To die by your side / Is such a heavenly way to die / And if a ten ton truck / Kills the both of us / To die by your side / Well, the pleasure, the privilege is mine). La paura del buio nel sottopassaggio è forse la paura del rifiuto della persona amata, o di una nuova relazione (And in the darkened underpass / I thought Oh God, my chance has come at last! / But then a strange fear gripped me / And I just couldn’t ask). La luce che non si spegnerà mai (the light that never goes out) simboleggia la luce di questo amore inconfessato, nell’anima del passeggero di quest’auto.

Some Girls Are Bigger Than Others è  un brano esattamente esemplificato dal paradossale titolo che descrive come, l’indifferenza del protagonista verso l’altro sesso, lo porta a dire che, per anni, non si è mai accorto che alcune ragazze sono più grandi di altre: “Voglio scrivere delle donne. La stessa idea dell’essere donna è qualcosa di ampiamente inesplorato per quanto mi riguarda. Sto comprendendo cose sulle donne che non avevo compreso finora e Some Girls riduce tutto all’assurdità di base nel riconoscere i contorni di un corpo. Il fatto che abbia attraversato velocemente 26 anni di vita senza neppure notare che i contorni del corpo sono diversi da persona a persona è una farsa scandalosa!” (Morrissey intervistato da NME, 1986)

I versi della parte finale del testo (Send me the pillow / The one that you dream on) sono presi in prestito dal brano del 1962, Send Me The Pillow You Dream On di Johnny Tillotson, L’idea che le curiose dissolvenze di volume, all’inizio del brano, non siano state inserite di proposito è stata poi negata dal produttore Stephen Street, che ha ammesso di aver creato appositamente l’effetto per dare l’impressione di una porta che si chiude e poi di nuovo si riapre: “L’effetto doveva essere come se la musica fosse in una sala da qualche parte, va via, poi torna ed è bella, pulita ed asciutta. Un po’ come aprire una porta, chiuderla e poi aprirla di nuovo ed entrare dentro”.

Vicar In Tutu comprende un testo ironico che si prende gioco della Chiesa: un ladro, nascosto sul tetto della parrocchia, osserva l’insolito prete in calzamaglia che si esibisce danzando fra i fedeli, mentre la perpetua raccoglie le offerte, donate dai fedeli più per lo spettacolo che per l’istituzione stessa. E, come se niente fosse, prosegue il testo, il giorno dopo, finita la predica (The next day in the pulpit / With Freedom and Ease / Combatting ignorance, dust with disease) il parroco ricomincia il suo eccentrico spettacolino (As natural as Rain / And he dances again and again..).

La frase Combatting ignorance and disease è tratta dal film britannico Billy Liar, diretto da John Schlesinger nel 1963 e fonte di molti versi delle canzoni di Morrissey.

The Queen Is Dead non risparmia nessuno e nulla. Uno dei lavori migliori per i temi affrontati e sul come vengono messi in musica. Il dualismo Morrissey/Mart è ispirato e allo stesso tempo in conflitto l’uno verso l’altro. Screzi e invidie che porteranno purtroppo alla fine degli Smiths, ma che ci hanno regalato grandi testi, musiche e “provocazioni auliche” come poche.