EDITORIALE – Nel 2004, stampato da Grafiche Zaccara, viene pubblicato un volumetto dal titolo Ti racconto… Leggende e storie lucane. Il suo autore, Biagio Brigante, oggi veterinario in pensione, lo ha illustrato con sue fotografie. I suoi propositi nel dare alle stampe la raccolta di racconti da lui rielaborati, dopo 20 anni, sono totalmente rivoluzionati. Se pure tali propositi sono bene esplicitati dall’autore nell’introduzione al libro (questa raccolta di racconti e leggende prende le mosse dalle storie che ho ascoltato dalla diretta voce dei nostri contadini (… )ho sempre pensato di non voler essere l’unico beneficiario di tali memorie) i racconti di Brigante non possono più essere solo un atto di generosità (ma è chiara la sincerità dell’autore), né sono, semplicemente, una silloge di vecchie storielle.
C’ è qualcosa che modifica l’umile proposito di fissare delle memorie, dei racconti ascoltati in semplicità e fissati in un libro per condividerli con un pubblico più vasto. Il modo di raccontare rende queste storie una potente operazione narrativa e storica.
Per prima cosa non c’è la prosopopea di voler spacciare il racconto, la fiaba, la leggenda per storia. Si parla di memorie, rimandando in modo quasi mistico ai punti di vista di semplici personaggi che sembrano invece dimenticati dalla storia. Il fascino di questi personaggi, spesso nelle descrizioni così improbabili, sta nel loro divenire reali man mano che sembrano invece consegnati alla pura immaginazione. È un’alchimia letteraria che riesce bene all’autore, che rende fiabesco il racconto del pastore che si reca all’ovile, mentre descrive un’improbabile amichevole incontro tra questi e un grosso lupo come se fosse reale. Le parole usate per descrivere semplici azioni quotidiane della vita delle contrade lucane, rimanda alla narrazione della fiaba, svelando un amore impareggiabile per quegli ambienti e la natura da parte di Brigante. Mentre la descrizione di cani parlanti, lupi che si lasciano coccolare in mezzo alle pecore, è svolta con termini che delle volte rasentano la relazione tecnica, portando il lettore a chiedersi se quella magia non fosse davvero realtà, un miracolo possibile tra i monti di una terra bellissima.
I racconti hanno il minimo comune denominatore di portare in scena piccoli paesi, campagne, boschi, dove gli alberi sono descritti come se fossero esseri umani, capolavori del creato senza eguali. Semplicità di vita, che spesso lascia spazio a brevi sprazzi di nostalgia, racconti che sembrano buttati li, senza pretesa di apparire realtà o immaginazione, ma per dire che qualcosa in fondo è esistito che assomiglia alla memoria di questi contadini. Sono racconti che in qualche modo danno dignità (non solo letteraria) a un immaginario, evitando di volerlo pretendere storia, fuggendo i luoghi comuni, senza pretendere che ci siano aspetti magici da celebrare. E poi ci sono briganti (non eroi, ma al massimo poveri disgraziati), automobili e incontri inspiegabili nelle corsie di ospedali, vacche con troccole e campana chiara, lenzuola bianche che erano cani e diventano incendi, santuari, masserie, vitigni innestati… ecco, un campionario perfetto di termini, credenze, usanze, azioni, lavori, luoghi, abitudini. Un campionario meticoloso di pezzi di realtà, catalogati attraverso la narrazione semplice e piana che porta il lettore alle sere di inverno vicino al focolare.
Si percepisce una capacità di saper ascoltare di Biagio Brigante, quanto è importante! Capacità di ascolto che diviene capacità di immagazzinare le parole insieme ai sentimenti, per renderli espliciti in memorie scritte che altrimenti sarebbero perdute. Forse, questo un ultimo merito: sarebbero perdute per sempre insieme a chi le ha un giorno raccontate. Ma non c’è oblio per l’amore, e questo volumetto di Biagio Brigante è tutto un inno di amore per la semplicità di luoghi che egli ha conosciuto, vissuto, ammirato e che oggi continua ad amare e vivere. Ed è li la realtà dei suoi racconti. Lo preghiamo di non svelarci quali siano veri e quali no, ma di lasciarci ancora silenziosi, nei paesaggi lucani ad ascoltare storie. Magari invitandolo a raccogliere altre storie, lasciandoci carezzare da un vento di speranza più che di nostalgia. Dopotutto, quel mondo di campagne incantate avrà pure lasciato spazio alla modernità, ma anche questa ha il suo fascino oltre alle immancabili comodità. Però, di quelle memorie dobbiamo fare tesoro prezioso, non ci ammaestrano, non ci insegnano nulla. Noi siamo solo convinti che aveva ragione Baricco: non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.