EDITORIALE – Dai miei ricordi di bambina emerge una breve filastrocca:
“La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte,
il cappello alla romana, viva viva la Befana”.
Riaffiorano anche, non senza un pizzico di nostalgia, pensieri legati alla ricorrenza del 6 gennaio.
Bisognava andare a letto presto altrimenti la Befana non sarebbe arrivata. A volte, ancora sveglia per l’eccitazione, mi capitava di sentire rumori strani: qualcuno in cucina si dava da fare per sistemare qualcosa! Pensavo: “Ecco, è arrivata! Speriamo non mi lasci il solito carbone!”
La mattina ci alzavamo in punta di piedi, tremanti per il freddo e la trepidazione, ansiosi di trovare i regali attesi per un anno intero.
La prima cosa che ci colpiva erano i pacchi pendenti dal soffitto, poi le calze appese al camino. Ebbri di gioia, correvamo a svegliare i genitori: avevamo bisogno del loro aiuto per portare giù i pacchetti rivestiti di carte dai vari colori. Su ogni calza ed ogni pacco c’era scritto uno dei nostri nomi. Svuotando la calza sul pavimento, venivano fuori: caramelle, qualche cioccolata, liquirizie, mandarini, noci e fichi secchi; in ultimo compariva l’immancabile pezzo di carbone.
Nei pacchi c’era un solo giocattolo, quello che avevamo desiderato da tempo. Non mancavano mai calzettoni e cappellini di lana lavorati ai ferri, pezzi di stoffa per confezionare vestitini e cappottini, qualche paio di scarpe.
Era quello un giorno felice, che condividevamo in famiglia, con parenti ed amici.