EDITORIALE – L’estate, anche quell’anno, trascorre tranquilla. Forse a causa del caldo particolarmente intenso ed afoso, le cicale di giorno e i grilli di notte non smettono mai di cantare. Pascale e Filuccia trovano un po’ di sollievo al tramonto del sole, quando finalmente possono sedersi davanti alla casa e godere della piacevole brezza della sera. Alla scampagnata di ferragosto decidono di non andare: non sono più in grado di sopportare la calura e di affrontare la ripida salita che conduce al “Pisciulone”.
La giornata al Pisciulone trascorre, come ogni anno, in grande allegria. Ai bambini viene severamente proibito di avvicinarsi all’acqua del ruscello: è ancora molto vivo lo spavento dell’estate precedente.
Tra gli ospiti c’è anche Filippo che, insieme a Michelina, va nel boschetto a cercare la legna per il fuoco. E’proprio vero: la vita è un susseguirsi di eventi, che spesso si ripropongono in maniera uguale e sistematica, facendo riflettere e dire con convinzione: “munnu è statu e munnu è”.
Da qualche giorno, Rinuccia si è accorta che mamma Filuccia le rivolge ripetutamente una stessa domanda ed ha difficoltà ad orientarsi. Ma la cosa che più la preoccupa è la sua pigrizia: sta per ore seduta senza parlare, con lo sguardo perso nel vuoto. Come non pensare al suo estremo dinamismo, alle mille attività che svolgeva in una giornata, al suo continuo parlare per dare suggerimenti, ordini e rimproveri?
Pascale si muove con difficoltà, appoggiandosi al bastone, e spesso respira con affanno. Non la lascia mai la sua Filuccia. Le parla con pazienza, specialmente quando si ostina a volere fare cose strane, fuori da ogni logica.
Si decide di chiamare il medico. Pietro si reca in paese con l’asino e, dopo qualche ora, ritorna con don Filippo.
La visita è lunga e scrupolosa ad entrambi gli anziani. Le condizioni fisiche di Filuccia sono abbastanza buone, mentre Pascale presenta un grave scompenso cardiaco. E’ necessario che non si affatichi e che segua uno specifico regime alimentare. Per la memoria di Filuccia non c’è alcun rimedio: peggiorerà progressivamente perchè, spiega don Filippo, è una questione di invecchiamento delle cellule cerebrali. Rinuccia, con le lacrime agli occhi e la voce rotta dal pianto, aggiunge: “è propriu veru, ‘u cirviddu è come a na sfoglia i cipudda”.
Ad ottobre, come promesso, ritorna la maestra. I suoi piccoli alunni l’accolgono con gioia, facendole mille domande. La prima che le rivolgono tutti in coro è: “picchì si tanta nivura?”. “Sono abbronzata”, risponde sorridendo.
Lina ha trascorso due mesi ad Acquafredda, ospite di una sua cara amica.
E’ quella una buona occasione per parlare del mare, di una realtà che i suoi scolari non conoscono affatto. Non è facile soddisfare le numerose domande che le rivolgono. Dopo una lunga conversazione, Mattiucciu alza la mano per chiedere la parola: “Maè, aggiu caputu com’è ‘u mare. Assumiglia a ‘u cilu senza nuvole quannu ‘u guardu curcatu ‘nda l’erva: è tantu grannu ca nun si ni vidi a fine!”.
La maestra promette che porterà loro un’immagine e poi, chissà, un giorno potrebbero anche andare a conoscerlo, organizzando una gita per Castrocucco di Maratea.
Il primo giorno di scuola i bambini ricevono in regalo dalla maestra alcuni giornalini dal titolo: “L’intrepido” e “Il corriere dei piccoli”. Li guardano entusiasti, sfogliano le pagine soffermandosi sulle immagini. Qualcuno tenta di leggere le parole scritte nei fumetti. Con l’aiuto della maestra riescono a capire il senso delle battute ed a ricostruire le varie storie. Mattiucciu chiede di poterne portare uno a casa: leggerà i racconti ad alta voce per tutta la famiglia.
Lina ha pensato anche agli adulti. Ha portato loro alcune copie de “ La Domenica del Corriere”. Serviranno per esercitarsi nell’esercizio della lettura ed anche per conoscere avvenimenti lontani dal loro “piccolo mondo” e che difficilmente potranno influenzare le loro esistenze.
Michelina spesso trova Mattiucciu disteso sul letto con il giornalino in mano. Gli piace sfogliare anche “La Domenica del Corriere”, il più delle volte capovolta. La sorella, sorridendo, gli dice: “Cu sa legge, legge ‘u virsu e ‘u rivirsu”.
(CONTINUA…)