EDITORIALE – L’esistenza di Minicuccia e Pietro scorre tranquilla e serena, scandita dall’avvicendarsi delle stagioni e dalla nascita di altri otto figli, che si susseguono a distanza di poco più di un anno l’uno dall’altro.
Sul volto di Filuccia e Pascale sono sempre più visibili i segni del tempo. Sono ancora abbastanza attivi, ma più lenti nei movimenti, più curvi, più stanchi e bisognosi di riposo. In casa sono rimasti in tre: loro due e Rinuccia. Tutti gli altri sono convolati a nozze.
Rinuccia ha avuto tante richieste di matrimonio, ma le ha rifiutate tutte: non avverte il bisogno di sposarsi dal momento che ha tante persone che le vogliono bene ed alle quali lei è molto legata. Lei è diventata punto di riferimento di tutta la famiglia. La sua disponibilità e la sua saggezza sono garanzia di giusti consigli e di ponderate decisioni. I nipoti le vogliono un gran bene, la considerano la loro seconda mamma: guai a parlare male di “zia Nuccia”!
L’ultimo nato di Minicuccia e Pietro è Mattiucciu, un bambino bellissimo e molto intelligente. La sorella Michelina, ormai grandicella, lo coccola e lo vizia, senza trascurare gli altri fratelli e sorelle. Lei è la più grande e, insieme a Filuccia, si prende cura di tutti, specialmente quando i genitori sono nei campi a lavorare per l’intera giornata. A volte, quando in casa c’è molto da fare, a Ndoniu e Mattiucciu si affida il compito di andare da zia Nuccia per farsi dare un poco di “ntartino”. È questo un modo per tenerli occupati. Loro non capiscono cosa sia, ma hanno sperimentato che la zia li trattiene a lungo con lei, dando loro un pezzo di focaccia dolce o una zolletta di zucchero.
La vita dona tante gioie, ma riserva anche momenti di ansia e di trepidazione.
Un anno, come è ormai tradizione, già dall’inizio del mese di agosto le famiglie si preparano per la scampagnata di ferragosto al “Pisciulone”. Si prendono accordi per le pietanze da preparare. I bambini sono felicissimi, perchè possono giocare con l’acqua, rincorrersi e fare il nascondino nel boschetto. La mattina del quindici agosto, le famiglie della contrada sono tutte in fermento: sin dall’alba si odono voci di richiamo, grida, un chiacchiericcio ed un vocio continuo, risate e pianti di bambini. Rinuccia cerca di organizzare la partenza, ma non è facile: ognuno vuole dire o ricordare qualcosa, oppure c’è qualcuno che manca, specialmente tra i bambini. Papà Pascale non può fare a meno di dire: “adduv’ ‘n ci su tanti gadd’ nun fa mai jurnu”.
Finalmente, al sorgere del sole, si parte.
Per Minicuccia e Pietro questa è una ricorrenza che risveglia dolci ricordi. Come dimenticare il loro primo bacio nel boschetto al sorgere del sole?
La giornata trascorre in grande allegria. Le donne sono le più laboriose: accendono il fuoco, cuociono la pasta e grigliano la carne. Gli uomini all’inzio danno una mano, ma dopo aver bevuto numerosi bicchieri di vino non sono più in grado di muoversi e di agire. “Cumpa Nicola” suona e loro cantano.
I bambini sono particolarmente vivaci. Quest’anno hanno inventato un nuovo gioco: camminano saltellando sui sassi che emergono dal letto del Pisciulone. Le pietre, erose e rese lisce dall’acqua, non permettono una buona presa del piede. I più grandicelli non hanno difficoltà: sono in grado anche di correre, dimostrando agilità e senso di equilibrio. Il piccolo Mattiucciu osserva per un po’, poi anche lui vuole provare a fare quel gioco così originale e divertente. All’inizio si muove cauto, ma poi accelera il passo: vuole imitare i più grandi. Dopo una breve corsetta, non calcolando bene l’estensione del passo, scivola e cade nell’acqua, battendo la testa su una grossa pietra appuntita. E’ Rinuccia, da lontano, che lo vede cadere e lancia un urlo. Tutti accorrono. Mattiucciu, svenuto, è in balia delle acque che lo sommergono e che vanno tingendosi di rosso. Pietro lo solleva e lo adagia sull’erba, dandogli degli schiaffetti sulla guancia, ma gli occhi chiusi e il pallore del viso fanno temere il peggio. Minicuccia è più pallida del figlio, non parla, guarda la scena come inebetita.
Rinuccia prende “na sparicedda” pulita e gli tampona la grossa ferita alla testa. Filuccia intanto prega ad alta voce: “Madonna du Munte sacratu, fallu riviglià, tu n’haia aiutà”. E’ proprio in quell’istante che Mattiucciu apre gli occhi, guarda perplesso tutti i suoi cari e abbraccia forte zia Nuccia. Minicuccia si avvicina e, finalmente, scoppia in un pianto dirotto, rifugiandosi nelle braccia di Pietro.
Minicuccia, Pietro e Rinuccia assistono il bambino tutta la notte. Alle prime luci dell’alba lo sistemano comodamente su un asino e lo portano in paese, nello studio medico di don Filippo, che sutura la ferita con diversi punti e raccomanda di osservare i comportamenti di Mattiucciu almeno per una settimana.
Don Filippo ha eseguito il piccolo intervento con fermezza e decisione. Ha obbligato Pietro e Minicuccia ad immobilizzare il bambino, tenendo ben ferme braccia e gambe. Al termine, il medico era abbastanza soddisfatto del lavoro eseguito. Pietro, nel ringraziarlo, gli ha detto convinto: “Dottò, aviti fattu nu bellu sirviziu, cu sicurezza come s’adda fa. U midicu pietusu fa a chiaga virminusa” .
Filuccia è convinta che la Madonna ha ascoltato la sua preghiera e dice a Rinuccia: “l’annu ca veni ama ì au muntu sacratu pi ringrazià a Madonna ca n’ha fatta a grazia”.
Mattiucciu rimane a casa per qualche giorno, sempre sorvegliato dai genitori o dai fratelli, ma non è impresa facile convincerlo a stare tranquillo e fermo. La sua passione è correre nei campi, seguire il gregge al pascolo, aiutare il papà ad innaffiare l’orto, catturare lucertole e grilli. Nonna Filuccia, scuotendo la testa, non può fare a meno di dire: “figliciddu miu, tini artetica!”.
Per fortuna, proprio in quei giorni, è arrivata dal paese la signorina Lina per “fare scuola” ai bambini e anche agli adulti analfabeti.
E’ stata messa a disposizione della maestra una piccola abitazione composta da due stanze e la cucina, che si trova al centro della contrada. Pietro e altri papà hanno provveduto a costruire dei rudimentali banchetti di legno ed hanno comprato l’inchiostro, le penne e i quaderni. La maestra ha fornito alcuni sillabari che devono circolare tra gli scolari. I genitori, tutti analfabeti, sono entusiasti, perchè consapevoli dell’importanza del saper leggere, scrivere e far di conto. Minicuccia, parlando con le altre mamme, esprime la sua soddisfazione per i progressi scolastici dei suoi figli e spesso dice: “a scola è na bona cosa, nisciunu nasci ‘mparatu. E pu, cu u po sapì….a pinna è sempi cchiù lèggia da zappa!”.
Mattiucciu è tra i più bravi della classe: dimostra elevate doti di ragionamento, una grande curiosità ed uno spiccato intuito. La maestra Lina spera che possa continuare gli studi in paese, anche se si rende conto delle difficoltà che la famiglia dovrebbe affrontare.
La scuola impegna i bambini della contrada per tutto l’inverno, che non si rivela particolarmente rigido e nevoso. Gli scolaretti possono frequentare assiduamente, imparando in pochi mesi i primi rudimenti dell’istruzione di base.
Dopo le feste di Natale, la maestra porta un libro di fiabe intitolato “C’era una volta” di Luigi Capuana. I bambini s’incantano ad ascoltare le avventure fantastiche di personaggi, quali Ranocchino, Il Lupo mannaro, La figlia de Re. Michelina ottiene dalla maestra di portare il libro a casa e la sera, accanto al fuoco, legge a tutta la famiglia le favole più belle. Il più attento è Mattiucciu che, spesso, si cimenta da solo a rileggere le storie che l’hanno maggiormente interessato ed entusiasmato. La maestra Lina è ormai diventata una persona di famiglia. È spesso ospite di Minicuccia e di Pietro. Dopo aver pranzato o cenato, “fa scuola” ai padroni di casa e ai loro amici.
(CONTINUA…)